DULCIS
IN FUNDO
Capitolo III
Francesco lì guidò
lungo un corridoio, che portava alle sale private. La porta di quella a loro
riservata, era semi aperta. Francesco la spalancò e Jo rimase colpito di quanto
fosse accogliente. Il tavolo era stato apparecchiato in modo semplice ed
elegante, per due, un candelabro acceso donava al tutto un’atmosfera oltremodo
romantica, la pianta di orchidee rosa, al centro del tavolo, la cui vista era
sul mare, completava il quadretto.
Un uomo, alto e
snello, dava loro le spalle.
«Luigi, sono
arrivati!» il rumore inequivocabile di una bottiglia stappata, fece leggermente
trasalire Jo.
«Gli ho intravisti
mentre entravano!» Luigi si voltò verso di loro.
«Stavo giusto
versando il vino per dargli il benvenuto.» era un uomo che non passava
inosservato, il pizzetto tenuto ad arte gli donava molto, sapeva di essere un
bell’uomo e lo sfruttava.
«Prego.» disse
porgendo una coppa di vino a Jo «prima il bellissimo festeggiato.» lo sguardo
di Luigi fu fin troppo cordiale, agli occhi di Stefano.
«Grazie.» gli rispose
Jo amabilmente.
«Luigi, ti presento
Giovanni, il mio fidanzato.» Jo ebbe un eccesso di tosse, questa proprio non se
l’aspettava. Luigi restò congelato, non credeva che le cose fossero così serie
tra loro, era convinto che fosse un amico, si sarebbe scusato più tardi, la
loro era un’amicizia di vecchia data, non si sarebbe mai permesso di flirtare
con il suo fidanzato.
«Wow! Fidanzati!
Finalmente hai messo la testa a posto. Ottima scelta!» gli sorrise, sperando
che capisse quanto fosse dispiaciuto.
«Sì. Con lui faccio
sul serio.» gli rispose Stefano, fulminandolo con lo sguardo.
“Che compleanno
incredibile”, era indeciso se sentirsi felice o irrimediabilmente confuso,
erano troppe emozioni tutte in una volta.
«Vi lascio soli.
Quando siete pronti per ordinare chiamatemi.» uscì dalla sala, richiudendo la
porta alle sue spalle, un po’ risentito dell’atteggiamento dell’amico.
«Grazie.» Stefano si
accorse del suo cambio d’umore, sapeva di avere un po’ esagerato, sperò che non
se la fosse presa. Il rumore di un bicchiere, sbattuto con poca delicatezza sul
tavolo, lo costrinse a girarsi.
«Quanti?» Jo si era
richiuso come un riccio, neppure lo guardava.
«Cosa, Jo?» Stefano
non capiva cosa stesse succedendo.
«Quanti ne hai
portati qui?!» per l’ennesima volta, Stefano si dovette chiedere cosa fosse
capitato a Jo, per renderlo così sospettoso e chiuso.
«Tu sei il primo.»
ogni volta che muoveva un passo verso di lui, che credeva di aver conquistato
un minimo della sua fiducia, qualcosa riusciva a sgretolare quel mattone che,
con fatica, aveva posto. Non si arrabbiò, ma si sentì comunque ferito.
«Ma davvero?!» decise
di lasciarlo sfogare. Il suo sguardo però diceva tutto.
«Cosa pensavi di
ottenere moccioso?!» ogni parola che usciva da quella bocca, che sapeva essere
dolce come il miele, gli arrivava dritta nello stomaco.
«Sai quanti anni
compio oggi? Avrò all’incirca dodici anni in più di te!» Stefano prese un
respiro profondo, sapeva che sarebbe stato difficile, doveva solo avere
pazienza e fargli capire chi era lui.
«Jo, non voglio darti
d’intendere che sono un santo. Non ti dico bugie, se mi si presentava
l’occasione non me la lasciavo sfuggire. Ma con te… con te è come se fosse la
prima volta per tutto… non ho mai organizzato nulla del genere per nessun’altro,
meno che meno in questo posto. Non ho mai provato per nessuno quello che provo
per te. Mi provochi così tante emozioni che mi sembra d’impazzire…» lentamente
si avvicinò a Jo.
«Sento che c’è
qualcosa in te che ti blocca, e non ti permette di essere felice, lo sento, lo
percepisco.» gli sfiorò la mano, avvicinandosi ancora di più.
«Non m’importa quante
volte cercherai di allontanarmi. Io resterò qui, fermo ad aspettarti. Ho capito
tutto…» su quell’ultima frase Jo s’irrigidì di nuovo.
«Non avvicinarti!»
gli disse inclinando leggermente la testa «Tu… tu! Non hai capito un bel
niente!» “ho solo una fottuta paura”, Jo si sentiva esposto come non mai, lo
leggeva come un libro aperto, invece lui non riusciva a capire nulla di
Stefano. Stefano, incurante di ciò che gli stava dicendo, si avvicinò ancora
prendendolo tra le braccia da tergo.
«Parliamo della tua
età? Non nego che all’inizio ero un po’ spiazzato. Non per l’età in sé, ma
perché non capivo come fare, a rapportarmi con una persona più grande. Mi sono
sentito impacciato e persino goffo. Con un mio coetaneo è più facile, non lo
nego. Con te temevo di risultare troppo leggero e banale, spesso non sapevo
cosa dire… ti devo essere sembrato un vero imbranato…» con il viso sfiorò i
capelli di Jo.
«Tu mi piaci Jo.
Vorrei che tu…» prese un respiro prima di continuare «diventassi il mio…
fidanzato.» “maledizione”, pensò Jo. Improvvisamente si rese conto che stava
rovinando tutto, quei quattro anni lo avevano indurito.
«Vo…Jo?» non lo
lasciò proseguire, lo interruppe poggiando le labbra sulle sue.
«Se tu sei veramente
quello che sembri, ti darò una possibilità. Conquistami!» miele per le orecchie
di Stefano, lo fece girare catturandolo nelle sue possenti braccia.
«Questo era un sì?»
gli chiese sulle sue labbra, ancora incredulo.
«Sì.» gli ripeté Jo,
mentre le dischiudeva per accoglierlo. Stefano non attese oltre infilando la
lingua tra le sue labbra. Jo, si rese conto di quanto fosse difficile, per lui,
mantenere la guardia alta con Stefano. Il tocco delle sue morbide labbra era
così bello, si chiese come sarebbe stato accarezzargli il suo ventre nudo,
doveva essere pieno di muscoli, lo baciò ancora più intensamente preso da
un’improvvisa voglia di lui.
«A…aspetta un
attimo.» gli disse, improvvisamente conscio di dove gli avrebbe portati un
bacio così sensuale.
«Ok, rallentiamo…» Jo
abbassò il capo.
«Devi darmi tempo.»
Stefano, per averlo, era disposto a fare un patto con il diavolo ormai, gli
avrebbe dato tutto il tempo di qui aveva bisogno.
«Tutto il tempo che
vuoi. Aspetterò che tu sia pronto.» ogni parola che usciva dalla bocca di
Stefano era un balsamo per Jo, mai avrebbe creduto di trovare un uomo così
sulla sua strada.
«Inoltre io…non so
nulla di te e…» Stefano gli sorrise apertamente, mentre gli faceva strada per
accomodarsi.
«Allora… cosa vuoi
sapere di me?» Jo scosse la testa, prese il bicchiere del vino e lo bevve tutto
d’un fiato.
«Tutto, voglio sapere
tutto.» e Stefano lo fece, gli raccontò tutto dei suoi ventisette anni. Era
nato a Prato, si era trasferito con la famiglia a Firenze a soli tre anni, era
un perito elettrotecnico, specializzato in progettazione di circuiti, aveva un
lavoro stabile, un fratello, Sergio, dentista, che viveva a Firenze e una
sorella, Sara, che da poco si era trasferita in Umbria con il suo compagno, e
che stava per farlo diventare zio, i suoi vivevano poco fuori Firenze, e lui
viveva da solo da quando aveva iniziato a lavorare, quattro anni prima.
Stefano non resisteva
alle sue labbra, avrebbe continuato a baciarle per ore, e ora poteva farlo
senza temere di essere respinto. Jo, per il resto della serata si godette quel
calore ritrovato che, per anni gli era stato negato, pregando che quello non
fosse l’ennesimo errore della sua vita.
«Si è fatto tardi, mi
riporti a casa?» Stefano, seppur riluttante, lo riportò al suo appartamento,
dove continuò a salutarlo per una buona mezzora, mangiandolo di baci.
«Stefano…» Jo lo
aveva lasciato fare, era estasiato dai suoi baci.
«Cosa c’è?» gli
chiese perdendosi nei suoi meravigliosi occhi azzurri.
«Devo andare, domani
lavoro.» Stefano si staccò da lui.
«Hai ragione, si è
fatto molto tardi anche per me.» Jo gli sorrise allontanandosi un po’ da lui.
«Grazie, è stata una
serata stupenda. Buona notte.» Jo aprì il portone e gli sorrise.
«Buonanotte Jo, a
domani.» gli rispose mentre spariva dentro al portone.
Tornando a casa gli
sembrava di toccare il cielo, ma quanto era stato difficile trattenersi dal
saltargli addosso, sentiva il suo sapore sulle labbra. Si domandava se provarci
la volta successiva sarebbe stato troppo presto, ma non lo preoccupava più di
tanto, sentiva che anche lui lo desiderava, perciò sarebbe stata solo una
questione di tempo.
Non sarebbe stato
altrettanto sicuro, se avesse visto come aveva reagito Jo, appena richiusa la
porta alle sue spalle.
Jo entrò dalla porta,
la richiuse dietro di sé e crollò a terra iniziando a piangere a dirotto, tutte
le tensioni, tutto il dolore così a lungo trattenuto dentro di sé, uscirono in
un lungo, interminabile fiume di lacrime. Pianse per ore, ripensando al
passato. Pianse per quel padre mai conosciuto, per la perdita della madre, per
l’amore che aveva sprecato con Antonio e per quello che, forse, non sarebbe mai
riuscito a dare a Stefano.
Il giorno successivo
era uno straccio, ma sfogarsi gli aveva fatto bene, aveva chiaro che cosa avrebbe
dovuto fare con Stefano. Non gli avrebbe permesso di avvicinarsi completamente,
almeno fino a quando non fosse certo che lui era ciò che sembrava. E se avesse
resistito a quella che, per uno della sua età, sarebbe stata sicuramente una tortura,
forse si sarebbe meritato un premio.
«Perché non mi vuoi
dire com’è andata?» Silvia era furiosa, da quando aveva messo piede nella
cucina, aveva atteso inutilmente che Jo gli facesse la telecronaca
dell’incontro. Ma visto che la ignorava, ad un certo punto gliel’aveva chiesto
lei, ricevendo un netto rifiuto da parte sua.
«Sai perché non
voglio raccontarti nulla? Perché mi hai dato in pasto a un lupo famelico!»
quasi la fece ridere.
«Ma se si vede
lontano un chilometro che Stefano è un bravo ragazzo!» avrebbe avuto la sua
telecronaca, in un modo o nell’altro.
«Per fortuna! E se
non lo fosse stato?» Silvia si era fidata del suo istinto, non l’aveva mai
tradita, ma Jo aveva ragione, se si fosse sbagliata non si sarebbe mai
perdonata.
«A volte sei davvero
esagerato.» Silvia non desistette, conosceva il suo Jo.
«Comunque… è un sexy
lupo famelico, visto che ti ha fatto quel bel succhiotto dietro la nuca!» gli
disse guardandolo da dietro.
«Succhiotto? Si vede
molto?» “beccato”, pensò Silvia soddisfatta.
«Ops! Era una ciocca
di capelli. Non ho più bisogno che mi racconti, la tua faccia mi ha appena
detto tutto quello che volevo sapere. Ahahaha» le guance di Jo si erano
colorate di rosso.
«Stronza!» le rispose,
sentendosi un po’ stupido, per essere caduto così facilmente nella sua
trappola.
Stefano puntualmente
si era presentato al locale, Jo lo aspettava con ansia, era come se quel loro
primo incontro, dopo avere condiviso una serata così speciale, avesse bisogno
di una conferma. Lo sguardo costante su di lui, pieno di desiderio, fu la
conferma migliore per Jo, peccato che, improvvisamente, il loro contatto visivo
fu interrotto da un terzo incomodo. Silvia, era andata al suo tavolo e, cosa
del tutto inusuale e inappropriata, sembrava che stesse prendendo
l’ordinazione! Oltretutto non si staccava più da quel tavolo e, a quanto pare
anche a Stefano la cosa faceva piacere, visto che rideva insieme a lei. Quella
scenetta irritò Jo, che davvero non era riuscito a trovare una sola
giustificazione all’atteggiamento dell’amica.
«Silvia, puoi venire
un momento?» aveva atteso pazientemente che rientrasse dalla sala, ora
l’avrebbe ripresa per bene.
«Da quando in questo
locale avete il permesso di prendere le comande ai tavoli?!» Silvia, rimase
interdetta da quell’atteggiamento improvvisamente ostile nei suoi confronti.
«Ho salutato un
amico…» Jo serrò la mascella, ancora più irritato dalla sua risposta.
«Sì, un amico, come
no?!» “o mio Dio, è geloso!”, questo nuovo aspetto di Jo la fece infuriare,
come faceva a essere geloso proprio di lei!
«Jo! Non farlo! Non
con me!» quelle parole riportarono Jo alla realtà, quella era Silvia, la sua
migliore amica, come aveva anche solo potuto pensare che avesse qualche
interesse nei confronti di Stefano.
«Anzi, se ci tieni
davvero a lui, vedi di non tirartela troppo! Un bravo ragazzo che ti scodinzola
dietro, non capita due volte nella vita, è arrivato il momento di fare l’uomo,
Jo!» ora capiva cosa realmente Silvia era andata a fare da Stefano, con
disappunto seguì la sua amica tornare verso la cucina.
«Perdere questa
occasione è da stupidi!» gli disse mentre spariva dietro la porta.
Le parole di Silvia
lo accompagnarono fino al momento di chiudere la mensa. Mentre terminava di
mettere a posto il retro del locale, ancora stava rimuginando. Certo era stata
dura con lui, ma sapeva che aveva ragione.
«Ciao Jo…» Stefano
era comparso dal nulla, bello come una splendida giornata di sole.
«C-ciao» Stefano, si
chiese come poteva essere così attraente, anche con il grembiule da lavoro e i
capelli spettinati.
«Volevo salutarti
prima di tornare in ufficio.» quelle erano le parole di circostanza, mentre in realtà
Stefano sperava ardentemente in un bacio.
«E…» la tensione che Jo
provava costantemente in sua presenza, dalla sera precedente, si era
trasformata in qualcosa di diverso, come se il suo corpo lo spingesse verso di
lui.
«Non riesco a starti
lontano, tu mi togli il respiro, Jo. Non ho mai provato nulla di simile per
nessun’altro.» averlo così vicino, ascoltare la sua voce calda e sensuale, se
solo fosse riuscito anche Jo a esprimere quello che stava provando.
«Stefano…» sentire con
che voce stava sussurrando il suo nome, diede a Stefano la certezza di non
essere l’unico a provare quelle sensazioni.
«Baciami.» come se le
loro labbra ricordassero, si unirono in una perfetta danza fatta di desiderio e
curiosità, nell’esplorare il loro mondo che stava nascendo.
«Ho saputo che terrete
chiusa la mensa per un paio di giorni, voglio passarli insieme a te. Prendo due
giorni di permesso anch’io.» gli disse, intercalando il discorso con piccoli
contatti delle labbra «se tu non hai già preso altri impegni, s’intende.» Jo
fece uno sforzo infernale, per smettere di ascoltare quella vocina fastidiosa,
che continuava a ripetergli di andarci piano, era ovvio che volesse passare del
tempo con lui, era il suo ragazzo. Per la prima volta, dopo tanto tempo, si
sentì davvero desiderato.
Per la prima uscita
insieme, si erano dati appuntamento in un centro commerciale e, come gli
capitava spesso, Jo era in anticipo di mezz’ora. Per fortuna non dovette
attendere molto, Stefano era così ansioso di iniziare quella giornata con lui,
che arrivò pochi minuti dopo.
«Jo.» Jo si voltò,
sorpreso di vederlo.
«Sei in anticipo anche
tu.» Stefano sorrise, evidentemente provava la sua stessa ansia.
«Sì, anche tu però.»
gli disse di rimando «meglio così, avremo più tempo da passare insieme.»
s’incamminarono lungo la strada, senza meta.
«Dove andiamo?» chiese
Jo, con una punta d’ansia.
«Oggi decidi tu.
Andiamo ovunque tu voglia.» gli rispose Stefano, per lui potevano anche
rimanere lì, in mezzo alla strada, la cosa importante era che fossero insieme.
«Non hai organizzato
nulla?» a Jo sembrò davvero strano, anche a quell’aspetto era poco abituato, di
solito, i ragazzi con cui era uscito, avevano sempre un programma da proporre.
Stefano notò la sua perplessità, così aggiunse:
«Sai, mi piacerebbe
capire cosa ti piace fare, devo conoscerti meglio.» l’egoismo non doveva essere
sicuramente parte del DNA di quel ragazzo, riusciva sempre a metterlo davanti a
tutto. Improvvisamente a Jo venne in mente che, poco lontano, c’era un parco a
lui molto caro. Lo portò proprio lì, si sedettero in un punto ben preciso, all’ombra
di un grande albero.
«Sai, io non amo molto
stare tra la folla. Per questo amo questo posto.» Stefano osservava Jo, gli
sembrava di vedere un fiore quando piano piano apre i suoi petali.
«Questo posto mi fa
sentire vicino a mia madre, ci venivamo spesso prima che…» Stefano notò che lo
sguardo di Jo si stava facendo sempre più cupo, decise di interromperlo,
avrebbero avuto tempo per questo, non voleva che quella giornata fosse rovinata
da ricordi dolorosi.
«Questo è un posto
importante per te, vero?» Jo lo guardò negli occhi e vide solo tanta
comprensione e dolcezza.
«Sì, lo è tanto.» Stefano
gli sorrise gentilmente.
«Sono felice che tu lo
abbia condiviso con me.» si baciarono dolcemente, era un altro momento magico.
Quel piccolo squarcio, nella barriera che aveva eretto Jo contro tutto il mondo,
era una grande conquista per entrambi. Si sentiva bene quando era insieme a
Stefano, e si rese conto che, sempre meno, i fantasmi del passato venivano a
tormentarlo. Dopo avere passato un po’ di tempo al parco, decisero di andare a
prendere un gelato e fare una passeggiata nei dintorni.
«Adoro il gelato,
specialmente questi gusti.» gli disse Jo, mentre leccava con gusto i contorni
del suo cono.
«Anch’io adoro la panna
cotta.» ma quello che stava facendo Stefano, non era certo gustarsela, quella
panna cotta, il suo sguardo era rapito nell’osservare la lingua di Jo
avviluppata al gelato. Non riusciva a smettere di pensare a come sarebbe stato,
se al posto del gelato ci fosse stato il suo uccello. Non avrebbe dovuto
pensarlo nemmeno, ormai stava fissando Jo completamente in estasi. Jo però, si
era accorto fin da subito di cosa stesse accadendo, e stava esagerando le lappate,
per vedere fino a che punto sarebbe arrivato il suo ragazzo.
«Hey, il tuo gelato!»
disse Jo, indicando il gelato di Stefano che si stava ormai sciogliendo.
«Sei davvero buffo a
volte.» la scena esilarante fece sorridere Jo.
«E tu… sei bellissimo
quando sorridi.» appena finì la frase, Stefano si buttò letteralmente sulle sue
labbra, era troppo per chiunque, figuriamoci per un maschio innamorato della
sua età! Senza smettere di baciarlo, lo trascinò nel primo vicolo che vide.
«Aspetta…» gli disse Jo,
incapace di fermarlo, mentre entrambi i gelati cadevano a terra.
«Che ti prende? Non
spingere!» Jo temette di avere esagerato, nel provocarlo.
«Jo… io…» Stefano aveva
il cuore a mille, lo desiderava come non mai.
«Siamo per strada,
qualcuno potrebbe vederci.» Jo, stava cercando la strada migliore per arginare
quell’attacco in piena regola.
«Non mi importa, voglio
baciarti.» Jo decise di assecondarlo, alla fine erano solo i meravigliosi baci
del suo ragazzo.
«S-siamo per strada…»
le labbra di Stefano erano passate al suo collo, doveva fermarlo.
«Il profumo della tua
pelle...» Stefano stava perdendo il controllo.
«Questa maglietta
scollata mi fa impazzire.» le labbra stavano scendendo sempre più in basso,
l’eccitazione stava coinvolgendo anche Jo.
«Fermo! Così mi
scopri!» mentre le labbra scendevano, con la mano Stefano stava abbassando lo
scollo della maglietta.
«Voglio toccare i tuoi
capezzoli, voglio baciarli, succhiarli, morderli…» Stefano riuscì a esporre il
primo capezzolo e lo succhio, facendo gemere Jo.
«Sono così turgidi, ti
piace se te li lecco vero?» Jo si stava eccitando sempre di più, ma si sentiva
sempre meno a suo agio, in quella situazione.
«Ora smettila! Siamo
per strada!» Stefano finalmente si staccò da lui.
«Allora perché non
andiamo a casa mia. Che ne dici?» Jo si sentì di nuovo come un tempo, usato.
Era solo quello che voleva da lui? Allora meglio finirla subito.
«Hey, moccioso!
Approfitti della situazione?» gli urlò, mentre lo spingeva. Facendolo cadere a terra.
«No, io…» per Stefano
fu come un brutto risveglio.
«Ti consiglio di
andarci da solo, a casa, e farti una doccia fredda! Io me ne torno a casa mia,
da solo!» la doccia fredda gliel’aveva appena fatta lui, doveva imparare a
tenere a freno il suo testosterone, Jo non era come tutti gli altri. Lo bloccò
appena in tempo, prendendogli la mano.
«No, ti prego,
aspetta.» Jo sapeva di avere una parte di colpa, in quello che era successo, ma
non era intenzionato a fargliela passare così facilmente.
«Non ci penso proprio.»
Gli rispose, cercando di sottrarsi alla sua presa.
«Ti prego, non
roviniamo una giornata così bella per questo. Sono il tuo ragazzo, no?! Certe
cose posso… so di essere stato troppo impulsivo e irruento, e ti chiedo scusa.
A mia discolpa posso dire che ti desidero così tanto Jo, da impazzire, è
davvero dura amarti senza averti. Ma se questa è la tua scelta io l’accetterò,
aspetterò fino a che non sarai tu a chiedermelo.» dopo quel discorso, fu dura
per Jo ribattere, ma era giusto che anche questo aspetto fosse ben chiaro tra
loro.
«Anch’io sono un uomo!
Credi che io non abbia le tue stesse esigenze? Beh, ti sbagli! Le sento,
eccome! Però, riesco a controllarmi. Per lo meno per strada, cosa che dovresti
imparare a fare anche tu!» quando lo guardava con quegli occhioni da cucciolo
bastonato, Jo si scioglieva, faceva davvero fatica a rimanere sulle sue.
«Hai ragione, non avrei
dovuto per strada e, soprattutto, non avrei dovuto perdere il controllo.»
Stefano era davvero dispiaciuto, sapeva di essersi comportato come un animale
in calore.
«Non ne hai motivo, non
ti ho mai detto che non faremo sesso, ma ora non è il momento, devi prima
dimostrarmi che davvero mi ami come dici.» Stefano prese dolcemente tra le sue
mani, il viso di Jo.
«Io ti amo davvero Jo,
ti amo come non ho amato mai nessuno.» Jo non sentì nessuna titubanza in quelle
parole.
«Allora aspettami.» a
parte quell’episodio, la giornata trascorse per entrambi in modo piacevole. Jo
era ritornato a casa con il sorriso sulle labbra e si era messo a dormire. Ma,
come spesso accadeva, nel pieno della notte, gli incubi si rifecero vivi.
Quell’ombra oscura, a lui ben nota, gli ricordava che non poteva liberarsi così
facilmente di lui. Sobbalzò nel letto gridando.
«Vai via!» quell’incubo,
che ogni notte tornava a tormentarlo. Era riuscito a liberarsi di lui
fisicamente ma Antonio, ritornava ogni notte, per ricordargli il dolore che gli
aveva causato; non poteva continuare in quel modo, ancora un po’ e ne avrebbe
risentito il suo lavoro, la sua intera esistenza. Il telefono squillò,
facendolo spaventare ulteriormente, il numero era privato, non poteva essere
Silvia.
«Pronto.» rispose un
po’ ansiosamente Jo.
«Pronto Jo, scusa se ti
chiamo così tardi.» sentire la calda voce di Stefano lo rincuorò.
«Non riuscivo a
prendere sonno e volevo sentirti.» quell’ammissione così spontanea, fece
sorridere Jo.
«Ma sono passate solo
due ore da quando…» Stefano ne era cosciente, ma aveva risposto a un impulso
irrefrenabile.
«lo so, ma… non ho
resistito, mi manchi già così tanto!» Jo, già emotivamente provato dall’incubo,
non riuscì più a trattenersi, calde lacrime iniziarono a solcargli il volto
silenziosamente.
«Jo? Pronto, Jo?» il
silenzio che proveniva dall’altra parte, mise in allarme Stefano.
«Pronto Jo!» ora, nel
silenzio, era certo di avere sentito dei singhiozzi.
«Jo cosa c’è? Stai
piangendo?» gli chiese allarmato.
«Non è nulla. Appena
sveglio mi cola sempre il naso…» cercò di giustificarsi Jo.
«Per un attimo ho
temuto che ti fosse successo qualcosa di brutto.» gli rispose, sprofondando
sollevato nel divano.
«Ma cosa dici? Stefano…»
«Dimmi Jo.»
«Grazie per avermi
chiamato.» Jo non riusciva a credere a quanto fosse dolce il suo ragazzo.
«Significa che ti manco
anch’io?» gli chiese, crogiolandosi nella sua risposta.
«Sì…buonanotte
Stefano.» gli rispose imbarazzato.
«Notte, amore mio.»
chiuse la chiamata e si riaddormentò, senza sognare.
Da quel giorno, si
videro quotidianamente, quando Stefano veniva a mangiare, e riuscirono anche a trovare
il tempo per scambiarsi qualche bacio, nel retro del locale. Stefano non aveva
mancato di chiamarlo ogni sera, tenendolo al telefono per ore. Due settimane
dopo, il venerdì, Jo propose a Stefano di andare a bere qualcosa, nel locale che
frequentava assiduamente anni prima, dove aveva conosciuto Antonio, ma questo
particolare aveva deliberatamente omesso di raccontarlo.
Stefano andò a
prenderlo a casa, felice che gli volesse mostrare qualcos’altro di sé. Mentre
si avviavano al locale, lo prese per mano.
«Ma cosa…?» Stefano
gli strinse la mano e sorrise.
«Questo lo possiamo
fare per strada, no?» Jo arrossì, pensando a quello che avevano fatto per
strada quella volta, questo poteva sopportarlo.
«Per me il contatto
con la persona che amo è importante, molto importante.» accidenti a lui, come
poteva negargli qualcosa, quando lo guardava con quegli occhioni.
«Va bene anche per me,
passeggiare mano nella mano.» Il locale, quella sera, era pieno di ragazzi,
molti salutarono affettuosamente Jo.
«Ma guarda chi si
rivede!» un ragazzo molto bello, si sedette di fianco a loro al bancone del
bar.
«Luciano.» Stefano
osservava silenziosamente.
«Non posso credere ai
miei occhi! Sei tornato dopo anni!» Jo si sentì un po’ in imbarazzo, per il
modo confidenziale con cui Luciano lo stava approcciando.
«Sei in cerca di
compagnia?» ammiccò Luciano, guardandolo maliziosamente negli occhi.
«No, sono con il mio
fidanzato.» gli disse, bloccando una chiacchierata decisamente fuori luogo.
«Ti presento
Stefano.» Stefano cercò di collegare immediatamente il cervello. Non doveva
essere geloso, quella era la sua vita precedente, Jo ora era suo. Purtroppo, le
chiacchiere che si susseguirono con Luciano, lo esclusero totalmente.
«Non sei proprio
cambiato! Mi piacerebbe rivedere anche Mirko e Gigi.» Gli disse Jo, rispondendo
alla sua ennesima battuta. Luciano prese la palla al balzo.
«Sono di là, sai? Li
vorresti salutare?» Jo rideva e si divertiva come mai l’aveva visto Stefano, e
soprattutto continuava ad ignorarlo.
«Sì, mi piacerebbe.»
si alzò e finalmente si rivolse al compagno.
«Potresti scusarmi un
attimo?» Stefano serrò la mascella mandando giù anche quel boccone. Li guardò
camminare verso l’altra sala, Luciano gli teneva un braccio sulle spalle.
«Torno subito.» gli
disse mentre si avviavano. Riusciva a vederlo, e ogni volta che qualcuno lo
salutava calorosamente, poteva notare quanto fosse felice, quei sorrisi che
avrebbe voluto per sé, li stava riservando al suo passato. Una fitta di dolore
gli attraversò lo stomaco. Stefano aveva ormai oltrepassato il punto di non
ritorno, perché l’aveva portato lì? Per farlo sentire un intruso nella sua
vita?
Nel tragitto dal bar
a casa di Jo, Stefano, che non smetteva mai di parlare, non fiatò. Non lo
guardava neppure. Scesero dall’auto e s’incamminarono verso il portone. Jo aprì
il portone e si girò per dargli la buonanotte. Incrociò il suo sguardo, non era
quello sguardo adorante cui si stava ormai abituando.
«Buonanotte, ci
vediamo domani.» gli disse Jo.
«Quanti di loro?» Jo
sussultò, era gelosia quella che gli rodeva?
«Pensi che non abbia
capito perché mi hai lasciato lì, e te ne sei andato di là da solo?» quello che
aveva davanti, non poteva essere lo stesso uomo che aveva imparato a conoscere,
la furia che leggeva nei suoi occhi lo stava spaventando.
«Ma che?» Stefano lo
trattenne per un braccio, costringendolo a girarsi.
«Con quanti di loro
hai scopato?» ma come si permetteva! Gli era venuta voglia di fargli male,
quanto ne stava facendo a lui in quel momento. Pensò di gridargli che era stato
con tutti loro, ma desistette.
«Hey, moccioso! Non
ti permetto di parlarmi in questo modo!» per tutta risposta Stefano lo
costrinse contro il muro.
«Io sarei il
moccioso?!» Jo iniziava a entrare nel panico.
«Stammi lontano!»
Stefano gli bloccò il viso tra le mani, avvicinandosi ancora di più.
«Sono stanco di
sentirmelo dire.» Jo cercò di divincolarsi.
«Visto il tuo
comportamento, lo sei! Ora lasciami andare.» Jo ormai era incredulo, come
poteva, la stessa persona che diceva di amarlo, essere quella che lo stava
facendo sentire minacciato.
«No! Non ti lascio
andare.» Stefano lo costrinse a baciarlo.
«Ti ho detto di lasc…
smett…» gli urlava contro le labbra Jo. Stefano gli passò la lingua sul collo,
risalendo poi vicino all’orecchio, mentre le sue mani gli percorrevano la
schiena, scivolando poi repentinamente sulle natiche, per spingerlo verso la
sua potente erezione. Jo finalmente reagì, assestandogli un pugno dritto in
faccia. Per qualche minuto nessuno dei due parlò.
«Non dovevo colpirti,
ma era l’unico modo per fermarti.» il cuore gli andava a mille. Odiava la
violenza, usarla su Stefano era stato un gesto estremo, che avrebbe volentieri evitato.
«Io, Jo…»
completamente scosso, Stefano stava iniziando a capire il casino in cui si era
appena cacciato.
«Non dire niente! Ne
tu ne io siamo nelle condizioni di affrontare una discussione, siamo troppo
tesi. Buonanotte Stefano.» Jo gli girò le spalle, fermandosi dopo pochi passi.
«Rifletti su cosa ti
ha realmente infastidito. Sappi che ti sto dando una possibilità per spiegarti,
una possibilità che non si ripeterà.» Jo si fermò un attimo sospirando, si girò,
nel suo sguardo c’era un’infinita tristezza.
«Ah, un’altra cosa.
Non mi sarei mai permesso di avvicinarmi a un mio ex in tua presenza,
buonanotte.» Sparì nel portone di casa. Stefano si rese conto di che cosa aveva
combinato. Era stato un vero idiota, ma non ci aveva capito più nulla, fino a
quel momento, non si era mai soffermato a pensare che, prima di lui… era ovvio
a pensarci, era un bellissimo uomo, anche le altre persone avevano gli occhi,
non solo lui. Vederlo circondato da tutti quei ragazzi che lo abbracciavano, lo
aveva reso folle di gelosia. Sapeva che, fino a che non fosse stato
completamente suo, era come avere sabbia tra le mani. “Che cosa ho fatto… non
mi perdonerà mai!”. Come sempre la reazione di Jo lo avrebbe sorpreso.
Jo entrato in casa
andò a bere un bicchiere d’acqua, cercando di calmarsi. “Quanta passione!”
sentiva le sue mani addosso, il suo odore, il suo sapore. Se solo si fosse
accorto di ciò che stava provando, non si sarebbe fermato. Il suo ragazzo era
capace di trasformarsi in un leone arrapato. Quanto avrebbe voluto averlo lì
per farsi sbattere fino a svenire. Iniziò a ridere istericamente, per poi
fermarsi a pensare che quello era un momento decisivo, ora toccava a Stefano
fare una mossa. Ma i giorni passavano e Stefano non si faceva vivo.
Quattro giorni… Stava
facendo da baby sitter alle bimbe di Silvia, crogiolandosi nel suo dolore.
«Sono tornata.»
Silvia vide Jo seduto sul divano con la testa china.
«Ciao.» le rispose
mesto.
«Le bimbe?» gli
chiese mentre gli si avvicinava.
«Stanno ripassando
storia nella loro stanza.» Silvia lo osservò, aveva quell’espressione triste
che non gli vedeva addosso da un po’ di tempo.
«Tutto ok Jo?» Jo gli
raccontò cosa fosse successo quella sera, gli disse che da quel momento non si
era fatto più né vedere né sentire.
«Cavolo, quattro
giorni senza farsi né vedere né sentire, è davvero arrabbiato.» Jo gli prese la
mano.
«Mi manca da morire
Silvia.» Silvia salì sul divano, accanto a lui.
«Dovrei cercarlo?»
Silvia scosse la testa.
«Aspettiamo un altro
giorno.» Silvia gli si accoccolò addosso.
«Magari si farà vivo
lui.» gli rispose stringendolo a sé
«E se non lo
facesse.» Silvia chiuse gli occhi, se lo avesse avuto tra le mani lo avrebbe
strozzato volentieri.
«Farai tu la prima
mossa. Ma sono sicura che te lo ritroverai in mezzo ai piedi molto presto.»
attese che Jo si rilassasse, poi affrontò quello che, secondo lei, era il
nocciolo della questione.
«Dimmi la verità Jo,
la tua vera paura è che sia interessato solo al tuo buchetto peloso, vero?» Silvia
sapeva che quello era l’unico modo per svegliarlo.
«Silvia!» Jo, si
scandalizzava sempre del modo diretto con cui la sua amica riusciva a
parlargli.
«Ne sei innamorato, e
pensi che l’unico modo per tenerlo legato a te, sia questa tua stupida
tattica.» la odiava quando lo metteva alle strette in questo modo.
«Non è vero, io…»
Silvia lo incalzò
«Ammettilo! Tu hai
paura! Sei convinto che dopo averti avuto ti lascerebbe.» Jo cercò di sviare il
suo sguardo.
«No…non…» Silvia cercò
nuovamente il contatto visivo.
«Non mentire con me!
Ti conosco fin troppo bene.» gli sorrise.
«C’è un solo modo di
scoprire se lui è interessato a te o solo al tuo fondo schiena, devi
darglielo.» Jo la guardo strabuzzando gli occhi.
«Cheeee?» Silvia continuò.
«Tu ascolta bene ciò
che ti dico. Fidati, io non sbaglio mai con gli uomini.» Jo sospirò, del resto
cosa gli rimaneva da perdere.
«Ok ti ascolto.»
Silvia gli spiegò il suo piano nei dettagli, a Jo sembrò che fosse un piano che
poteva funzionare, avrebbe seguito il suo consiglio.
Il giorno successivo,
la mensa era stata presa d’assalto da due comitive, Jo non aveva avuto un
attimo di respiro, quando arrivò il momento di andare a gettare l’immondizia
era molto stanco, non ce la faceva più, non vedeva l’ora di tornarsene a casa.
Questo pensava mentre, con il sacco tra le mani, usciva sul retro. Fu in quel
momento che lo vide, Stefano, il suo Stefano. Il cuore iniziò a battere
all’impazzata, gli si accorciò il fiato.
«Mi sono preso un
lungo periodo per riflettere.» gli disse Stefano. Jo lasciò cadere a terra il
sacco dell’immondizia. Nella sua mente arrivarono, forti e chiare, le parole di
Silvia.
«Sono arrivato a una
conclusione.» non lo ascoltava, ripassava mentalmente quello che avrebbe dovuto
fare, doveva pensare, velocemente.
«Che forse…» Jo gli catturò
la mano, interrompendolo.
«Vieni… meglio se ci
appartiamo.» sentiva le guance andargli a fuoco, al solo pensiero di quello che
avrebbe dovuto fare. Iniziò a camminare a passo un po’ troppo spedito.
«Vieni non farti
tirare.» Stefano era un po’ riluttante, quando pensava di essere riuscito a
capirlo, lui faceva o diceva qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
«Dove mi porti?» gli
chiese Stefano mettendosi al passo con lui.
«Lo vedrai tra poco.»
Stefano era sempre più incredulo.
«Vieni, entra.» Jo
aveva aperto la porta di un magazzino, leggermente staccato dall’edificio
principale. Stefano entrò per primo, mentre lo sfiorava, entrando, pensò a
quanto gli fosse mancato quel testone. Jo richiuse la porta, era agitatissimo
ma deciso ad andare fino in fondo.
«Potevi lasciarla
aperta.» gli disse Stefano, mentre si voltava nella sua direzione.
«Meglio tenerla
chiusa, non vuoi fare sesso?» Stefano rimase senza parole, mentre osservava Jo
che si slacciava la camicia.
«Non volevi questo
venendo qui?» Jo scostò i lembi della camicia per esporre il torace.
«Ti sto
accontentando, non sei felice?» Jo si avvicinò a Stefano abbassando la camicia
per toglierla, Stefano non sapeva come reagire.
«Allora?! Che fai lì impalato?
Non era quello che volevi?» dentro di sé iniziò a pregare che Stefano non gli
saltasse addosso, questo avrebbe fatto la differenza tra una bella scopata e
una grande storia d’amore.
«Cazzo Jo!» Stefano
non lo voleva così, non in quella maniera squallida, la sua prima volta con lui,
non poteva essere una sveltina, consumata in uno squallido magazzino.
«Copriti! Non farò
nulla di quello che mi stai dicendo. Questo modo di fare mi fa incazzare!»
prese un lungo respiro, gli rivolse uno sguardo spazientito.
«Ma davvero non hai
capito nulla di me? Non riesci a vedere quanto ti amo? Pensi sul serio che mi
interessi solo il tuo corpo? Se è questo che pensi, beh, ti stai sbagliando.»
la gioia che stava esplodendo nel cuore di Jo, mentre ascoltava quelle parole
tanto sperate, era immensa.
«Lo ammetto! Sono
geloso anche dell’aria che respiri. La scenata che ti ho fatto però è stata un
errore, a mia discolpa posso dirti che non mi sono mai sentito così escluso
come quella sera, mi hai letteralmente isolato. No Jo, quello che voglio da te
non è sesso, io voglio fare l’amore con te…» le labbra di Jo si dischiusero in
un lieve e tenero sorriso.
«Davvero Jo, io cerco
di capirti, ma se tu non riesci a fidarti di me… io non posso farci nien…» le
mani di Jo catturarono il suo volto.
«Io mi fido di te.»
quel bacio dolcissimo fece cadere un altro pezzo di muro, mettendo solide basi
per quell’amore che finalmente aveva una possibilità.
«Stefano, scusa per
tutto quello che ti ho fatto passare, ho fatto di tutto per allontanarti da me,
ho dato il peggio per cercare di scoraggiarti.» che sollievo fu ascoltare
quelle parole per Stefano, sentiva che finalmente la parola fiducia era entrata
nel loro rapporto.
«Perché lo hai fatto
Jo?» gli chiese nel modo più dolce e rassicurante.
«Ti prego non
chiederlo, non ora… non ce la faccio a dirlo, non sono pronto. Ricominciamo
ora, da questo momento.» Stefano lo strinse, inglobandolo tra le sue possenti
braccia, poteva bastare, sarebbe arrivato anche in momento in cui avrebbe deciso
di aprirsi, ne era certo.
«Ok…mi sei mancato da
morire in questi giorni, non puoi capire quanto.» Jo sentiva che il suo cuore
non era l’unico a battere così forte, era così anche per il suo compagno.
Tutto era diventato
lieve, trovarsi a fare anche le cose più semplici insieme, era naturale; tranne
quando iniziavano a baciarsi, allora la situazione diventava difficile da
gestire. L’unica cosa che riusciva a fare in quei momenti Stefano, era
prendersi delle lunghe pause, in cui cercava di pensare alle peggiori disgrazie
per calmarsi.
Ormai si
frequentavano da un mese, avevano deciso di andare a mangiare una pizza quella
sera, ma la loro pizzeria preferita era chiusa, il cartello diceva “chiuso per
malattia”, erano entrambi molto stanchi.
«Che ne dici di andare
a casa mia, due spaghetti?» la curiosità di mangiare qualcosa cucinato da
Stefano, e di vedere dove viveva, era più forte del pensiero di ritrovarsi
nella “tana del lupo”.
«Cucini davvero tu?»
Stefano finse di sentirsi profondamente offeso.
«Ovviamente! Credi di
essere l’unico a sapere cucinare?» gli rispose Stefano fingendosi offeso. Jo
alzò le mani in segno di resa. Stefano abitava in un appartamentino piccolo ma
molto spazioso.
«Ecco la mia modesta
“tana”» Jo si stupì dell’ordine e della pulizia che trovò, si aspettava il
classico appartamento da scapolo, sporco e disordinato.
«Se questa è la tua
tana io cosa sarei? La preda?» Stefano aveva notato, fin da subito, che quella
sera Jo era… diverso, più rilassato.
«Vorresti mangiare la
preda?» gli disse avvicinandosi e appoggiando la mano aperta sul suo torace. Stefano
deglutì, lo stava deliberatamente provocando?
«Mi piacerebbe
certamente…ma mi accontento di baciarti.» Jo si staccò da lui, lasciandolo a
bocca asciutta.
«Ehmm posso vedere
l’appartamento mentre prepari?» gli chiese Jo
«Certamente.» gli
rispose.
Stefano si mise
subito al lavoro e stappò una bottiglia di Chardonnay blanc, versandone un
bicchiere per lui e uno per Jo. Jo lo prese in parola e fece un giro per le
stanze, quando arrivò nella stanza da letto, si sedette per provare il
materasso, era morbido e comodo. A Jo era passata la fame, quel letto era una
tentazione troppo grande, “forse è il momento giusto, forse…”. Stefano prese in
mano un pacco di spaghetti, ne aveva di due tipi, decise di chiedere al suo
cuoco quali preferisse e lo andò a cercare.
«Jo, dove sei?»
intravide le gambe di Jo sul suo letto e si affacciò sulla porta.
«Volevo chiederti,
che tipo di p…» le parole gli morirono sulle labbra. Jo era disteso sul letto,
la camicia leggermente sbottonata e gli occhi socchiusi. Stefano si avvicinò
fino ad arrivare di fronte a lui.
«Finalmente! È un po’
che aspetto.» Stefano si morse il labbro, quel gioco era pericoloso.
«Dai, fammi vedere
che non sei un moccioso.» Jo si slacciò un altro bottone della camicia
sorridendo malizioso.
«Lo sai vero, che se
vengo lì io…» Jo gli sorrise.
«Non aspetto altro.» Stefano
salì con un ginocchio sul letto, con la mano libera scostò la mano di Jo per
continuare a slacciargli la camicia. Jo si coprì la faccia con l’avambraccio,
l’emozione stava crescendo dentro di lui. Stefano salì su di lui a cavalcioni e
gli tolse la camicia.
«Jo…il tuo profumo.» Le
sue mani iniziarono ad accarezzargli il ventre, risalendo poi verso il torace. La
sua lingua esplorò il collo inebriandosi di lui. Si chinò, dirigendo la sua
attenzione ai capezzoli, prima con le mani, poi con la lingua iniziò una lenta
tortura di baci, mentre contemporaneamente, strusciava il suo membro su quello
di Jo.
«Sei già così duro e
ho appena iniziato a baciarti…» continuò a leccargli il collo lasciando piccoli
morsi.
«Voglio che tu sappia
che non lascerò inviolato nemmeno un centimetro della tua pelle. Voglio farti
completamente mio.» Jo sentiva salire l’eccitazione, proporzionalmente alle
parole che sentiva uscire, roche, dalla bocca del suo amante. Stefano scese con
una scia di baci e lappate, sul suo ventre bianco e sodo, mentre con la mano gli
slacciava i pantaloni che, ben presto, finirono per terra. Jo, non fece neppure
in tempo a rendersi conto di quelle che erano le sue intenzioni, che la lingua
di Stefano si impossessò del suo uccello. La sensazione della sua lingua che lo
leccava, per poi succhiargli sapientemente il glande, lo mandò in visibilio, facendogli
uscire le prime gocce di sperma, immediatamente leccate dal suo compagno. Ci
sapeva fare Stefano, non si ricordava di avere mai avuto un’erezione così potente.
Mentre pensava a quanto fosse sublime il suo modo di succhiarlo, le sue gambe
finirono per aria, facendogli esporre la stretta fessura.
«Aspetta… fammi…»
senza nessuna remora, la lingua di Stefano era passata a leccargli il suo
buchetto, facendogli perdere il lume della ragione.
«Aspetta…» ma Stefano
non aveva intenzione di aspettare, quella visione lo aveva eccitato
all’inverosimile, così come i gemiti sempre più alti che sentiva uscire dalla
sua bocca. Appoggiò un dito nell’apertura, insinuandolo delicatamente, mentre
si dedicava a leccare i suoi testicoli, provocandogli dei gemiti ancora più
lascivi. La sua erezione stava raggiungendo livelli disumani. Abbandonò per un
momento il letto per spogliarsi, mentre Jo lo guardava rapito dalla sua
bellezza.
«Cosa devo aspettare?
Non credi che abbia già atteso abbastanza?» portandosi le mani alla cintura la
slacciò, così come il bottone e abbassò la zip. la sua erezione emerse imponente
dall’intimo, che non poteva più contenerla.
«Guarda in che
condizioni sono ridotto…non puoi dirmi di no anche questa volta.» Stefano si
abbassò i pantaloni. Era la prima volta che vedeva il suo membro, era grande e
bellissimo, un brivido percorse la schiena di Jo che iniziò ad ansimare.
Stefano si liberò dei pantaloni e della maglia, poi si avvicinò a Jo e gli
tolse i pantaloni, risalendo su di lui.
«Ah...aspetta non vo…voglio…»
Jo era combattuto, avrebbe voluto lasciarsi andare completamente a lui, la
lussuria che aveva letto nei suoi occhi era eccitante tanto da spaventarlo.
Stefano scese verso il basso, lasciando sul suo ventre una lunga scia di baci,
facendolo fremere. Gentilmente, ma con decisione, inserì un dito dentro di lui
che iniziò a gemere di piacere. Percorse il suo corpo a ritroso, voleva vedere
da vicino il suo viso.
«Dimmelo, cosa vuoi?»
voleva sentirglielo dire, voleva farlo godere in tutti i modi possibili, ma Jo
lo sorprese ancora una volta.
«Voglio succhiartelo
tutto.» gli sussurrò all’orecchio Jo. Stefano si sollevò spalancando gli occhi.
«Jo?!» questo non se
lo sarebbe mai aspettato. Jo sorrise lascivo.
«Cosa c’è? Non dirmi
che…non lo vorresti.» gli sfiorò le labbra, gettandosi disteso al suo lato. Jo
si sistemò in mezzo alle sue gambe. Gli leccò con piccoli colpi sapienti i
testicoli, per poi risalire con un'unica lappata fino al glande. Con sua
estrema soddisfazione Stefano rispondeva splendidamente, contorcendosi a ogni
sua leccata. Gli succhiò la punta, poi lo prese in bocca fino a che non ce ne
stava più.
«Piano Jo! Oddio,
fermati!» ma Jo non aveva la minima intenzione di fermarsi e, quando la punta
venne stretta dalla sua gola, Stefano non riuscì più a trattenersi, godendo
dentro la sua calda bocca. Jo si leccò le labbra, e risalì su di lui come un
felino.
«Ti è piaciuto?»
glielo chiese, proprio nello stesso istante in cui Stefano stava pensando che,
nessuno gliel’aveva mai succhiato così.
«Da impazzire e, devo
dirti una cosa…» gli disse, mentre lo inglobava nelle sue braccia.
«Dimmi tutto.» gli
rispose Jo, sfiorandogli le labbra.
«Sono di nuovo duro.»
gli disse Stefano, stringendolo a sé e facendo scivolare le dita in mezzo alle
sue natiche.
«Che?! Di già?»
Stefano sorrise e gli morse il lobo dell’orecchio.
«Pensi che un pompino
riesca a soddisfare la mia sete di te?» gli disse inserendo il primo dito nella
sua fessura.
«È da tanto che lo
desidero.» Jo si sentì travolto dalla sua passione, eccitandosi a sua volta.
«Preparati, ho
intenzione di vedere l’alba mentre gemi sotto di me come un pazzo.» Jo sorrise.
«Davvero? Fammi
vedere allora.» Stefano gli catturò le labbra, baciandolo con passione
crescente. Tentò di posizionarsi in mezzo alle sue gambe.
«Sei tutto mio, apri
di più le gambe…» improvvisamente Stefano capì che qualcosa non andava per il
verso giusto, Jo sembrava avere perso completamente la sua volontà, era come se
sotto di lui ci fosse una bambola di pezza. Ed era vero; quella frase innocua,
da parte di un amante focoso, aveva fatto emergere un ricordo doloroso: “Sei
tutto mio, sei la mia troia.” “No! No! No! Lasciami!”, ed improvvisamente non
c’era più Stefano in quella stanza, sopra di lui, ma Antonio.
«No! Lasciami!
Lasciami!» lo scostò da sé spingendolo via. Stefano non capiva cosa stesse
succedendo, un attimo prima era lì con lui ed era tutto perfetto e ora,
sembrava che gli stesse facendo del male.
«Jo?!» gli disse,
sollevandosi da lui sconvolto.
«Non toccarmi!» Stefano
si sedette dalla parte opposta del letto, dandogli le spalle, si sentiva preso
in giro, umiliato da quel gioco che stava diventando assurdo.
«Ancora! Non ce la
faccio più a sostenere questa situazione. Cazzo Jo! Sono fatto anch’io di
carne! Non puoi continuare a giocare con me in questo modo, hai idea di come io
mi senta?» Jo si era girato dall’altra parte, rimanendo disteso, si era messo
quasi in una posizione fetale. Le parole di Stefano, si stavano andando a
sommare con il dolore che sentiva, acuendone la sensazione.
«Mi sento così
umiliato! Mi dispiace io non posso cont-» sommessamente Jo iniziò a piangere, i
suoi singhiozzi, seppur trattenuti, arrivarono alle orecchie di Stefano. Cosa
poteva fare! Forzò la sua natura e si stese alle sue spalle, appoggiandosi
senza stringerlo, per paura di un'altra reazione spiacevole.
«Cosa ti succede
Jo…calmati… io non volevo…aiutami a capirti. Io sono qui, abbi fiducia in me.
Qualsiasi cosa sia, resterò qui, con te. Ti prego, non piangere.» ora Jo era un
fiume in piena, non tratteneva più i singhiozzi e le lacrime, che salivano
copiose dai suoi occhi. Stefano, non sentendosi più respinto, lo avvolse nelle
sue braccia come una calda coperta, cullandolo e accarezzandolo, come avrebbe
fatto con un bambino, lentamente Jo si calmò. Jo prese un lungo respiro e
intrecciò le mani con le sue.
«Voglio raccontarti
tutto.» era un momento difficile, l’espressione di Jo ne era la conferma.
«Ti ascolto. Fallo
con calma, ok?» lo strinse forte a sé, appoggiandosi sulla sua spalla e attese.
«Sette anni fa
conobbi un ragazzo, era dolce, premuroso, mi riempiva di attenzioni. Stavamo
insieme da tempo, quando decidemmo di andare a convivere…Dio! Poco dopo le cose
iniziarono a cambiare, perse il lavoro e non ne cercò un altro… provvedevo io
ad entrambi. Ma questo non gli bastava, ed iniziò a diventare violento
verbalmente…» Jo si fermò per riprendere fiato, mentre Stefano gli baciava la
spalla e i capelli, senza lasciarlo andare.
«Le cose
peggiorarono, divenne violento anche fisicamente, mi costringeva ad avere
rapporti con lui, mi chiedeva continuamente soldi, soldi che io non avevo. Quella
notte, la notte in cui scappai da lui, quando tornai a casa non era solo, con
lui c’erano altri quattro ragazzi e…io ho urlato, Dio sa quanto ho urlato! Ma
nessuno è venuto a fermarli e lui, lui guardava! Guardava e rideva! Mi aveva
venduto… scappai quella sera stessa…» Stefano sperò, per la salute della sua
fedina penale, di non trovarsi mai davanti Antonio. Jo ricominciò a piangere,
quella ferita non sarebbe mai guarita del tutto.
«Jo…basta! Vieni
qui.» lo fece girare di fianco, per poterlo guardare meglio negli occhi.
«Ora ci sono io con
te, e non permetterò più a nessuno di farti del male. Ti chiedo scusa per tutte
le volte che ho perso la pazienza.» Jo si lasciò coccolare dalle parole dolci
che uscivano dalla sua bocca, senza dire nulla.
«Io ti amo. Non
voglio più vederti piangere, mi sento morire quando ti vedo così.» si avvicinò
al suo viso, sfiorandogli le labbra.
«Rimani qui questa
notte, potrei impazzire sapendoti lontano in questo momento.» si addormentarono
abbracciati, o meglio, Jo si addormentò tra le sue braccia, mentre Stefano attendeva
di essere sicuro che si fosse addormentato, prima di chiudere gli occhi.
Alle sei di mattina era
già in piedi, si alzò e si mise a trafficare in cucina, voleva far trovare la
colazione pronta a Jo. Il suo telefono, iniziò a suonare insistentemente, era
sabato, si chiese chi potesse essere per chiamare così presto.
«Chiunque tu sia è meglio
che sia una cosa urgente…» rispose, scocciato dal fatto che, quel rumore
improvviso, avrebbe potuto svegliare Jo. Dall’altra parte gli rispose una voce
stanca.
«Ciao, sei diventato
zio di una splendida bambina di nome Caterina.» Stefano ebbe un balzo al cuore.
«Ma… come?» Sara
rise.
«Vuoi i dettagli?
Dunque, prima ti vengono le contrazioni, che durano parecchie ore…» Stefano
scoppiò a ridere e Jo nell’altra stanza aprì gli occhi.
«Ho bisogno di te. La
prossima settimana Luca deve andare all’estero, una fiera, parte venerdì e
torna domenica, non posso restare sola con la piccola. Ho il taglio fresco e
potrei avere bisogno di aiuto.» Stefano colse immediatamente l’opportunità che
gli si stava presentando inaspettata.
«Ti spiace se non
vengo solo? Potremmo dormire da te.» Sara sorrise, era la prima volta che suo
fratello gli avrebbe presentato qualcuno.
«Buongiorno…» Jo, con
i capelli spettinati e la camicia di Stefano addosso, era apparso davanti a
lui.
«La persona con cui
verrai, è la voce che ho appena sentito?» Stefano sorrise.
«Ne parliamo un’altra
volta sorellina.» chiuse la telefonata, girandosi per versare un po’ di caffè
caldo a Jo.
«Era Sara, mia
sorella. Sono diventato zio. Mi ha chiesto se la settimana prossima vado a
trovarla, resta sola e non se la sente. Mi accompagneresti?» Jo era ancora
mezzo addormentato, sicuramente non riuscì a cogliere le implicazioni di un
viaggio insieme.
«Volentieri.» Stefano,
visibilmente soddisfatto, lo abbracciò stampandogli un bacio sulla fronte.
Jo aveva raccontato a
Silvia una parte di ciò che era accaduto, e lei aveva capito perfettamente che
qualcosa era cambiato in Jo. Sapendo che sarebbe andato a casa della sorella di
Stefano, lo accompagnò volentieri a comprare delle cose per la bambina e per
lei, capiva quanto ci tenesse. Ed era così, una cosa l’aveva capita bene Jo,
dopo quella sera, non voleva perderlo, non si sarebbe mai perdonato se fosse
successo. Jo svaligiò il negozio per bambini e, siccome avevano fatto un po’
tardi, quando arrivarono sotto casa, trovarono Stefano ad aspettarli.
«Jo…?» gli disse
andandogli incontro, notando la quantità di borse che aveva in mano.
«Ciao Silvia…» disse
poi, notando la presenza dell’amica.
«Ciao Stefano,
abbiamo fatto un po’ di compere, ho preso alcune cose per tua nipote.» Silvia
li guardò, avevano occhi solo l’uno per l’altro.
«Che pensiero carino
che hai avuto, non dovevi disturbarti.» Stefano ancora non poteva credere che
Jo lo avrebbe accompagnato, ma tutto questo rendeva la cosa ancora più vera.
«Uhh, è tardi, devo
andare a recuperare le bimbe!» disse Silvia, sentendosi di troppo.
«Ciao Silvia.» le
risposero all’unisono, senza neppure girarsi, persi nel loro mondo.
Partirono alla volta
di Bastia Umbra il venerdì successivo, fu un viaggio piacevole, durante il
quale Jo prese coscienza di una cosa che non aveva considerato.
«Non dovevi comprare
tutta quella roba per la bambina.» Jo si era divertito da morire, giorni prima,
a fare shopping insieme a Silvia.
«Era assolutamente
indispensabile invece! Mi farà sentire meno in imbarazzo, oltretutto.» Jo era
seriamente preoccupato di quello che avrebbe pensato Sara, di lui e della loro
relazione.
«Te l’ho ripetuto
mille volte questa settimana, mia sorella mi ha sempre appoggiato, al contrario
di mio padre e di mio fratello che invece, malvolentieri, hanno accettato il
fatto che fossi gay.» Jo, al contrario di Stefano non era abituato a vivere
alla luce del sole la sua identità.
«Hai prenotato in un Hotel
vicino a casa sua vero?» “finalmente tonto!” Stefano stava aspettando quella
domanda da tutta la settimana.
«Non ho prenotato in
nessun Hotel.» e finalmente nella mente di Jo arrivò l’illuminazione.
«Vuoi dire che
dormiremo a casa di Sara?» Stefano si voltò verso di lui, il suo sguardo era
pura elettricità.
«Sì.» “oh oh…” Jo
aveva ormai la certezza di essere caduto in una trappola, una dolcissima e
sensualissima trappola.
Sara li accolse con
gioia, Caterina non aveva smesso di piangere nemmeno un minuto la notte
precedente, e lei era distrutta.
«Jo, grazie per i
mille regali, ma in questo momento, il regalo più bello per me, sarebbe farmi
una doccia e dormire un paio d’ore.» Jo prese in braccio la piccola. Appena si
trovò tra le sue braccia, smise improvvisamente di piangere e si addormentò.
«Sei assunto,
scusatemi ma ora vado a fare una doccia e a dormire.» Stefano sorrideva,
guardando con tenerezza il suo Jo.
«Sono geloso di Cat,
stanotte dovrai cullarmi allo stesso modo.» Jo lo guardò, e realizzando ciò che
aveva appena detto, diventò rosso come un peperone. La giornata passò tra
pannolini, ruttini e tante chiacchiere. Jo preparò una cena buonissima.
«Fratello mio, ti
ringrazio di essere venuto, ma la prossima volta puoi mandare solo Jo, lui fa
per tre! Grazie per la magnifica cena.» Jo si schernì, alle nove mamma e
piccola andarono a dormire, mentre Jo si occupava di rassettare la cucina.
Stefano arrivò alle sue spalle, gli mise le mani sui fianchi appoggiando le sue
labbra sul collo e gli sussurrò all’orecchio:
«Io vado a fare la
doccia, non tardare troppo, ti aspetto a letto.» i battiti di Jo accelerarono,
non ne avevano parlato, ma sentiva che da quella mattina, Stefano era
ammiccante, e quello sguardo mmmm… Era passata una settimana, l’aveva passata
tutta a darsi dell’idiota, cercando di convincersi che doveva superare il prima
possibile i suoi problemi, non voleva perdere Stefano. Con il cuore in gola,
percorse il corridoio fino alla loro stanza, quando in lontananza lo vide.
Stefano completamente nudo, di spalle, si stava infilando i boxer. “È davvero
bellissimo, così sexy!”, cercando di non apparire imbarazzato, s’infilò in
bagno, ma le sue mani tremavano e, soprattutto, quella visione gli aveva
provocato un’erezione che non riusciva a smorzare. Ricorse all’acqua fredda e
finalmente il suo membro si arrese. S’infilò l’accappatoio e rientrò in camera.
Il suo respiro accelerò, appena vide Stefano che faceva bella mostra di sé, semi
sdraiato sul letto, con solo i boxer addosso. Cercò nella valigia l’intimo, che
si infilò, cercando di non fare intravedere nulla a Stefano, sentiva che i suoi
occhi non lo mollavano un minuto. Stefano era intenerito, Jo, il suo amore, il
suo uomo era lì, lo stesso che teneva a ferro e fuoco una brigata di cucina,
come se fosse un dittatore, lo stesso che aveva affrontato mille problemi nella
sua vita, era in difficoltà solo perché lui lo stava mangiando con gli occhi.
La sua pazienza nell’aspettarlo era nutrita dal rispetto che aveva per lui.
Jo si tolse
l’accappatoio, infilandosi nel letto al suo fianco, immediatamente le braccia
di Stefano lo avvolsero, un bacio lo raggiunse sul volto.
«Devi calmarti Jo, te
l’ho detto e te lo ripeto, non farò più nulla per forzare le cose tra noi. Ora
dormiamo, anche se, averti qui, a pochi centimetri dalla mia pelle, mi fa
ribollire il sangue, cercherò di dormire ugualmente.» a Jo si strinse il cuore,
si girò abbracciandolo e stringendolo forte a sé.
«Sei davvero
meraviglioso… grazie.» con difficoltà entrambi si addormentarono. A metà della
notte dei lamenti svegliarono Stefano, accese la luce del comodino e si girò
verso Jo. Si stava lamentando e piangeva, si sporse verso di lui rialzandosi.
«Jo, Jo svegliati!»
Jo aprì gli occhi, gettandosi tra le sue braccia in lacrime.
«Non voglio perderti!»
Stefano lo accolse tra le sue braccia.
«Va tutto bene, è
stato solo un incubo, sei al sicuro, sono qui con te.» con un gesto inaspettato,
Jo s’impossessò delle sue labbra, attirandolo a sé. Ancora più inaspettato per
Stefano, fu accorgersi che Jo aveva un’erezione. Lo allontanò leggermente da sé,
per poter catturare il suo sguardo.
«Jo… se fai così… se
ti vedo così io, non posso resistere.» Jo non disse una parola, ma nel suo
sguardo Stefano aveva chiaramente letto il suo desiderio. Si spostò su di lui
facendosi spazio tra le sue gambe, iniziando a strofinare il suo membro con
quello di Jo. Quel contatto così sensuale, il suo odore, il suo sapore, Jo
iniziò a gemere forte.
«mmmmmhhhh haaaa» Stefano
sorrise malizioso, mentre si era scostato da lui e gli aveva sfilato l’intimo,
liberandosi subito dopo anche del proprio.
«Hey, non così forte,
non siamo soli!» scese lentamente verso il basso. Gli alzò le gambe per esporre
il suo buco e, proprio da lì iniziò a leccarlo, risalendo poi ai testicoli,
leccando e succhiando dolcemente. Fece risalire la sua lingua per tutta la
lunghezza dell’erezione di Jo, che si mordeva le labbra per non urlare il suo
piacere. Continuando a succhiarlo e leccarlo lentamente, aveva introdotto il
primo dito, Jo si era inarcato facendo un lungo sospiro, Stefano fremeva,
appena vide che l’entrata si stava ammorbidendo, uscì e rientrò con un secondo
dito. Dopo qualche minuto di tormento, ne infilò un terzo, che mosse dentro di
lui, facendolo contorcere come un’anguilla. Era morbido, caldo, era pronto per
lui. Si arrampicò per baciarlo, non poteva attendere oltre.
«Jo» gli sussurrò
mentre gli succhiava il collo «sto per metterlo, non resisto un minuto di più.»
Jo rispondeva solo con i suoi ansiti, soffocando qualsiasi altra cosa che gli
salisse dalla gola, ma Stefano leggeva nei suoi occhi il desiderio, che a lungo
aveva sperato di vedere. Gli sollevò le gambe, puntando le ginocchia sul letto
si spinse dentro di lui lentamente, fermandosi quando lo sentiva irrigidirsi.
Appena si accorse che si era abituato a lui, lo penetrò con tutta la sua
lunghezza.
«Sono tutto dentro.»
gli disse, godendo nel vedere come questo avesse eccitato Jo. Iniziò a muoversi,
lentamente.
«Wow! Sei così
stretto… ah…» la sua carne lo avvolgeva, contraendosi a ogni stoccata.
«Ti faccio male?» gli
chiese sorridendo dolcemente, sapendo perfettamente che non c’era ombra di
dolore sul suo viso, ma solo piacere.
«Mmm no… io… ahhh» Jo
stava perdendo la ragione, il membro di Stefano lo riempiva in un modo incredibile,
ogni volta che si muoveva gli provocava delle scosse elettriche alla spina
dorsale. Per un momento si dimenticò dove fosse, gemendo e ansimando forte.
Stefano gli sollevò il bacino, iniziando a pompare dentro di lui con un ritmo
crescente. Jo urlò, Stefano sapeva che sarebbe successo, si sdraiò su di lui,
diminuendo il ritmo.
«Jo, cerca di
trattenerti, sveglierai mia sorella se continui a urlare così forte.» Jo,
guardandolo, avrebbe scommesso che Stefano si stesse divertendo in quella
situazione, ma lui non gli diede il tempo di ribattere, gli allargò le gambe, spingendosi
con forza dentro di lui, aumentando di nuovo il ritmo. Jo si mordeva le labbra,
facendo del suo meglio per non lasciarsi sfuggire le urla di godimento, che
avrebbe volentieri fatto.
«Mi eccitano da
impazzire le espressioni del tuo viso. Sei bellissimo.» Jo stava impazzendo,
sentirlo parlare in quel modo, non faceva altro che aumentare il suo piacere e,
di conseguenza, il bisogno di urlare.
«Basta… ti prego…
smetti di parlare così…nnn» gli disse, coprendosi il viso con le mani. Stefano
sorrise sornione.
«Che c’è, sei confuso
dal piacere?» gli rispose, prendendogli i polsi e portandogli le braccia sopra
la testa.
«Non coprire il tuo
viso, voglio vederti sconvolto dal piacere.» gli disse, spingendosi con foga
dentro di lui.
«In silenzio,
ricordi?» rallentò di nuovo il ritmo, avvicinandosi al suo viso, Jo era
talmente al limite, che le lacrime uscivano dai suoi occhi senza che ne avesse
il controllo. Stefano poteva ritenersi soddisfatto, era una dolce vendetta la
sua.
«Bravo, così…mmmf»
gli disse sfiorando le sue labbra. Si sollevò e uscì da lui, la sensazione che
provò Jo, non fu per nulla piacevole.
«Voltati per favore.»
Jo si girò, mettendosi a carponi, smanioso di riaverlo dentro di sé. Stefano
gli allargò le natiche, godendo di quella vista sublime, voleva che lo
prendesse tutto, fino in fondo. Puntò l’uccello nel suo buchetto pulsante,
sentendo fremere il corpo di Jo, e si spinse dentro con un solo colpo del
bacino, prendendo subito un ritmo sostenuto; si sentiva risucchiare dentro di
lui, il suo calore era meraviglioso. Jo sentiva che il suo orgasmo si stava
avvicinando, se avesse continuato a spingere in quel modo, non avrebbe
resistito ancora a lungo.
«Ahh aspettaaa» gridò,
stringendo il bordo del letto.
«Lasciati
andare…anch’io sto per venire.» gli rispose Stefano, ansimando e pompando
dentro di lui con forza. Sentendo quelle parole, Jo venne copiosamente,
sporcando le lenzuola sotto di lui. Vedere il suo uomo stravolto e appagato,
gli fece perdere completamente la testa, gli separò le natiche, come se volesse
entrare dentro di lui ancora più profondamente, e con un ultimo colpo di reni,
lo riempì con il suo sperma bollente. Non voleva uscire da lui, lo strinse tra
le braccia, sentendo i loro cuori impazziti battere come se fossero un'unica entità,
non era un sogno, era suo.
«Jo…sono così
felice…» gli disse, cercando di recuperare un po’ di ossigeno.
Rimasero a lungo
abbracciati, guardandosi intensamente negli occhi, baciandosi e accarezzandosi
a lungo. Fu una notte d’intensa passione, frammentata da momenti di tenerezza,
dolci parole sussurrate, tra ondate di piacere, era l’inizio di tutto.
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