THE
SAME PASSION
Capitolo II – First impression
Shogo, quella
mattina, anche se era venerdì, non doveva lavorare, perciò, in vista della
serata, aveva deciso di svegliarsi il più tardi possibile. Era in dormiveglia
che oramai erano passate le undici, un rumore dalla cucina e un buon profumo di
caffè, gli fecero aprire rapidamente gli occhi, era il giorno in cui Rosalinda
veniva a fare le pulizie, come al solito, se si trovava nell’appartamento,
amava preparargli anche da mangiare. Si stiracchiò e sorrise, quella notte, ne
era certo, si sarebbe divertito un bel po’ con quel bel puledro.
- ROSIIIIII –
abbracciò la donna corpulenta da dietro, facendola sobbalzare.
- Ahhhhh! Se non la
smetti subito, chiamo tua madre! – gridò Rosi semiseria.
- Cosa mi hai preparato
per colazione? – la donna si voltò, il suo viso, rotondo e sempre colorato di
rosa, s’illuminò.
- Frittelle con
sciroppo d’acero e caffè – Shogo finse un orgasmo.
- Certe scene,
faresti meglio a farle vedere ai tuoi ragazzi. – lo spinse a sedere sulla sedia
del bancone della cucina e gli servì la succulenta colazione.
- Se almeno una volta
la settimana non venissi da me, credo che potrei morire di fame… - Rosi scosse
la testa.
- Mi paghi troppo
bene perché smetta di venire. Inoltre, tua madre, mi strozzerebbe se non ti
vigilassi un po’. – Shogo aveva smesso di ascoltarla, stava gustandosi la
colazione e la sua mente aveva incominciato a vagare.
- Io ho quasi finito,
i vestiti puliti che ho preso dalla tintoria sono appoggiati sul divano, fai un
piccolo sforzo e mettili via. Mentre torno a casa da tua madre, porto quelli
sporchi. La tua camera l’ho pulita mentre tu, ancora, eri nel mondo dei sogni,
ma il letto te lo rifai tu, chiaro? – Shogo le sorrise, davvero, se non avesse
avuto lei, sarebbe stato un grosso problema. Rosi era la collaboratrice
domestica della famiglia, aveva iniziato a lavorare per loro appena ventenne,
trasferendosi nella dependance della loro villa. Quando, dopo l’università,
Shogo aveva deciso di trasferirsi, nell’appartamento che gli aveva lasciato il
nonno, era stata lei a offrirsi di andare a fare le pulizie almeno una volta la
settimana. L’aveva cresciuto lei, aveva asciugato le sue lacrime da piccolo,
curato le sue ginocchia sbucciate. Era stata lei ad accogliere la sua
confessione, quando aveva appena undici anni, che gli piacevano i ragazzi. Lo
amava, di quell’amore, che solo una madre sa donare, quell’amore che, i suoi
genitori, non avevano mai saputo dargli, troppo occupati dalle loro carriere.
Purtroppo, Shogo, con il tempo, era diventato sempre più arido, sempre più
pieno di sé. Come ogni madre, sperava che, un giorno, potesse trovare qualcuno
che gli tenesse testa, che gli facesse assaporare quell’amore che lo avrebbe
fatto ritornare quel bambino sensibile e adorabile che lei ricordava di avere
cresciuto.
- Ora vado, devo dire
qualcosa a tua madre o a tuo padre? – Shogo si ricordò dell’impegno che aveva
preso la settimana precedente con suo padre.
- Dì al vecchio che
oggi non riuscirò a raggiungerlo al club, per giocare a tennis, digli che mi
farò vivo io, la prossima settimana. – le gridò, mentre andava verso il bagno
per farsi una doccia.
Mentre l’acqua
scorreva sul suo collo, iniziò a pianificare la serata. La sera precedente,
Riky, gli aveva indicato il posto, era un agriturismo fuori Milano, in un posto
sperduto, dove lui non si sarebbe mai sognato di andare, però era vicino a un
locale che conosceva molto bene, il “Lux”. Li avrebbe trascinati lì, dopo cena,
un disco-pub era quello che gli serviva per flirtare con Riky. Inoltre, quando
aveva guardato le foto del suo profilo, aveva notato che aveva una passione per
le moto da corsa, avrebbe preso la sua BMV 1200 RS e un casco in più per lui,
non avrebbe certo fatto fatica a farlo salire. E dopo il pub lo avrebbe portato
a casa, per mettere in pratica ciò che gli aveva illustrato per chat, voleva
sentirlo pregare di smettere, voleva vedere quel suo bel faccino pieno di
lentiggini stravolto dal piacere.
Riky si sveglio al
solito orario, dopo avere fatto le pulizie, andò a prendere sua madre per
portarla a fare la spesa, l’aiutò a metterla a posto e la coccolò un po’.
- Tutto a posto. Ho
fatto il bonifico alla casa di cura di metà della retta, riesci a fare il
bonifico per l’altra metà? – sua madre gli accarezzò una guancia.
- L’ho già fatto,
tranquillo. I medici dicono che vogliono provare una nuova terapia su papà,
alcuni pazienti hanno dato segni di risveglio… - Riky scosse la testa.
- Come vuoi tu mamma.
– sapeva che non si sarebbe svegliato mai più, lo avevano fatto visitare dai
migliori medici, provato ogni sorta di terapie. Eppure, continuava ad avere il
respiro spontaneo e, fino a che il suo cuore avesse retto, sarebbe rimasto in
quello stato semivegetativo.
- Quando mi
presenterai una bella ragazza? – sapeva perfettamente che Riky era gay, ma da
quella notte, aveva avuto un totale rifiuto ad ammetterlo. Se lo avesse
ammesso, avrebbe dovuto incolparlo di ciò che era successo. La sua mente,
semplicemente, aveva cancellato l’episodio e Riky l’aveva assecondata.
- Devono ancora farla
quella che mi ruberà il cuore, lo sai… - a Riky veniva un nodo alla gola, ogni
volta che affrontavano quell’argomento, si alzò e le diede un bacio.
- Vado ma’, stasera
esco con gli amici e non voglio fare tardi. – tornò a casa con il solito peso
sul cuore, si mise a lavorare, doveva cercare di guadagnare qualcosa, quella
settimana, altrimenti sarebbero stati dolori, sul conto gli restava a malapena
il necessario per mangiare, anche se aveva già pagato l’affitto, restavano le
bollette.
Ma quella sera, per
una volta, avrebbe lasciato i suoi problemi rinchiusi in un cassetto, voleva
divertirsi e guardare in faccia finalmente quello “sfrontato”, che era riuscito
a smuovere qualcosa dentro il suo cuore e non solo, anche nelle parti più
basse! Voleva andarci piano, la ferita di Efrem era ancora dannatamente fresca,
non voleva più farsi del male, lui meritava di essere felice, cercava di
ripeterselo ogni giorno, come un mantra.
Martina lo passò a
prendere a casa alle otto, mezzora dopo erano all’agriturismo, era il loro
locale preferito per festeggiare, si mangiava bene e si spendeva il giusto.
Quella sera era perfetta per mangiare all’aperto, una brezza sottile
accarezzava la pelle, donando sollievo alla loro pelle accaldata da quella che,
si annunciava un’estate torrida. Gli altri erano appena arrivati.
Lo staff era composto
di cinque persone, oltre Riccardo, “Jason” e “La Marti”, Martina c’erano “Luna”,
Stefania, che traduceva dall’inglese e “Miky”, Michele, che si occupava della
pulizia e dell’edizione, si conoscevano tra loro dal liceo e, seduti al tavolo
della loro trattoria preferita, erano in fremente attesa di conoscere il quinto
membro, che era clamorosamente in ritardo.
- Tengo fame! Mezz’ora di ritardo! – Stefania
protestò sonoramente. Era una bella ragazza, dai capelli rossi e lentiggini
come se piovesse, un peperino di un metro e cinquanta, per poco meno di
cinquanta chilogrammi.
- Sicuro di avergli dato l’orario e la
direzione corretta Riky? – anche Martina aveva fame, non ne poteva più di
aspettare.
- Sì, orario e direzione giusti, ho già
controllato. Fa venire il cameriere, intanto beviamo l’aperitivo, ok? – disse
Riky, rivolgendosi a Michele, che era in piedi dietro di lui. Michele annuì, ed
entrò nel locale a chiamare un cameriere, mentre andava a lavarsi le mani.
Michele parlava poco, era il classico nerd, occhiali pesanti, capelli incolti e
portamento dinoccolato. Aveva un Q.I. di 160, una mente eccelsa, che l’aveva
portato a laurearsi con lode in ingegneria aerospaziale, era quello che volevano
i suoi genitori. Però, dopo averli accontentati, aveva scelto la sua passione,
i libri, e aveva aperto una libreria nella prima periferia di Milano.
- Buonasera, cosa posso portarvi? – il
cameriere si rivolse direttamente a Martina, che per poco non svenne.
- Un aperitivo, per iniziare. – il cameriere
le rivolse un largo sorriso.
- Posso fare io o gradite qualcosa in
particolare? – Martina era quasi imbarazzata, sembrava, da come si stava
comportando, che a quel tavolo ci fosse solo lei, si schiarì la voce e si
rivolse alla tavolata.
- Spritz per tutti? – tutti, compreso Michele,
che era ritornato poco prima, annuirono, il cameriere rientrò nel locale.
- Mi sa che qualcuno ha fatto colpo! Hai
pulito casa prima di uscire Martina? – le chiese Stefania maliziosamente,
facendo scoppiare tutti a ridere.
- Male che vada, ci sono sempre gli Hotel,
no? – nessuno, mentre continuavano a ridere, si era accorto della potente moto
nera che aveva appena parcheggiato, quasi di fronte al loro tavolo, o meglio, nessuno
tranne Riky. Era una BMV 1200 RS, lui, le moto, le conosceva bene, e quella,
era inconfondibile, oltretutto nera, come piaceva a lui. Però, ad attirare la
sua attenzione, non fu la moto, ma il corpo che ne scese. Ancor prima che si
togliesse il casco, sentì che era lui… Shogo. Continuò a osservarlo, mentre si
toglieva le protezioni e il giubbotto di pelle, la camicia che portava,
sembrava tagliata perfettamente a misura del suo corpo e finalmente si tolse il
casco. Sistemò i capelli, guardandosi in uno degli specchietti retrovisori
della moto, guardò di fronte a sé, iniziando a camminare verso il loro tavolo.
D’impulso, Riky diede un calcio a Martina, per attirare la sua attenzione.
- Oh! Che cavolo! – le fece cenno di girare
la testa, e anche lei vide che un uomo si stava avvicinando.
- Porca vacca! – anche Stefania, che aveva
visto la scena, si era girata.
- Buonasera a tutti! – il cuore di Riky perse
un battito quando, insieme a quel saluto, gli rivolse un sorriso strepitoso,
doveva cercare in tutti i modi di apparire tranquillo e per nulla colpito.
- Vediamo se indovino, tu dovresti essere
Martina – Martina annuì, stringendogli la mano – e tu, quindi, sei Stefania. –
- Corretto e tu sei in forte ritardo. – Riky
non riusciva a togliergli gli occhi da dosso.
- Perdonatemi, ho sbagliato strada, non mi
sono voluto fermare per chiamare. Tu, invece, sei Michele, corretto? – Michele
alzò il pollice.
- Perciò, tu, sei Riccardo, finalmente. –
Riky non riusciva a parlare, gli sembrò di essere ritornato indietro nel tempo,
avrebbe tanto voluto dire qualcosa, ma proprio non ci riusciva. Gli tese la
mano, una scossa elettrica lo percorse da capo a piedi.
- Mettiti seduto. - gli disse Martina,
indicandogli la sedia proprio di fronte a Riky – stanno per portarci l’aperitivo.
Martina aveva capito
che Riky si era bloccato, riconosceva i suoi momenti di panico in ogni
circostanza, perciò, sviò l’attenzione di Shogo, riempiendolo di domande, fino
a che Riky, dopo un paio di sorsi di Spritz, stava iniziando a rilassarsi.
- Hai una moto bellissima. – “e anche tu sei
bellissimo” Riky non si aspettava che potesse essere così bello. Allo stesso
tempo, questo lo disturbava, sapeva che i ragazzi “così” belli” normalmente
portavano guai, era stato così, con Efrem.
- Ti piacciono le moto? Mi è costata una
piccola fortuna, ma ne è valsa la pena. – in realtà, per lui, non era stata una
spesa difficile da sostenere, ovviamente.
- Beh, io, di sicuro, non me la potrei
permettere, riesco a malapena a mantenere un’auto. – Martina si era distratta,
il cameriere era ritornato e le aveva chiesto il suo nome, iniziando a flirtare
sfacciatamente, e a lei la cosa non dispiaceva per nulla. Ordinarono la cena e
un buon vino, che Shogo insistette per offrire.
- Che cosa ne pensate di andare in un posto
con un po’ di musica, dove si possa anche ballare, magari? – stavano aspettando
il dolce, quando Shogo fece questa proposta, tutti pensavano che la serata
sarebbe terminata lì, tra una chiacchiera e l’altra, tirando tardi.
- Che cavolo! A me va bene, non vado a
ballare da una vita. – Stefania era in vena di fare baldoria, guardò i suoi
compagni, sperando di trovare appoggio.
- Peccato, la serata per me, si stava facendo
davvero interessante. Vorrà dire che ritornerò a mangiare qui da sola, un'altra
volta. – Shogo notò lo sguardo che Martina e il cameriere si stavano
scambiando, sorrise. “Chissà se…” un piano si stava tracciando nella sua mente.
Mentre tutti stavano ancora finendo di mangiare il dolce, si alzò.
- Prendiamo tutti il caffè? – il gruppo alzò
la mano – bene, vado in bagno e lo ordino. - entrò nel locale, sparendo dalla
loro vista.
- Mado! Ma, l’avete visto? Decisamente il mio
tipo! – Stefania, che aveva la grazia di una scaricatrice di porto, accompagnò
i suoi apprezzamenti con gesti a dir poco lascivi.
- Meglio che calmi i tuoi bollori, visto che
è gay. – le disse Riky facendole una smorfia.
- Ecco, ti becchi sempre i migliori, prima il
rosso e adesso… - un’altra specialità di Stefania, era di parlare senza prima
collegare il cervello.
- Scusa, io, non… - Riky le sorrise.
- Tranquilla, lo so… - Shogo tornò al suo
posto, seguito da un altro cameriere che portava i caffè, la delusione negli
occhi di Martina era tangibile.
- Ci può portare il conto per cortesia? – il
cameriere le sorrise.
- Non c’è bisogno, il signore ha già pagato.
– si voltarono a guardare Shogo, iniziando a riempirlo di rimproveri.
- Per favore, l’ho fatto con il cuore, è il
mio regalo per avermi accolto tra di voi, così amabilmente. Potete pagarmi da
bere al locale, ok? – continuarono a protestare e a ringraziarlo. In quel
momento, il cameriere che era sparito, riapparve, vestito di tutto punto. Prese
una sedia mettendosi accanto a Martina. Shogo, nel frattempo, le si avvicinò e
le disse con un sussurro:
- Spero non ti dispiaccia, Ettore, non è il
cameriere, è il proprietario. L’ho invitato a passare il resto della serata con
noi. – Martina lo guardò sorpresa e gli sussurrò a sua volta:
- Io ti amo, lo sai? – continuarono a
conversare per una buona mezz’ora, Riky si era completamente rilassato, Shogo
sapeva mettere a proprio agio tutti.
- Che ne pensate, andiamo? – Stefania e
Michele andarono verso la loro macchina, Martina ed Ettore fecero altrettanto,
seguiti da Riky e Shogo. Shogo allungò il passo raggiungendo Riky e mettendogli
un braccio intorno alle spalle si avvicinò per parlargli.
- Hey, non sarebbe meglio lasciarli soli,
quei due? – mentre li guardava camminare davanti a sé, Riky, stava
effettivamente pensando di essere il terzo incomodo, dentro quella macchina.
- Sì, lo penso anch’io, ma non ho certo un
casco con me. – Shogo lo attirò ancora più vicino, provocandogli una lunga
serie di brividi lungo la spina dorsale.
- A quello, ci penso io. – girò la testa
verso di lui e per poco le loro labbra non si toccarono, Riky sentì il calore
invadergli completamente il volto. – RIKY VIENE CON ME, CONOSCETE LA STRADA? –
Martina annuì e Riky seguì Shogo alla moto.
- Vuoi guidarla tu? – Riky sgranò gli occhi,
incredulo.
- Sei sicuro? – Shogo non lo era per niente e
neppure si aspettava che gli dicesse di sì.
- Hai mai guidato una moto simile? – Riky lo
aveva fatto molte volte, ma questo, Shogo, non poteva saperlo, aveva cancellato
dal suo profilo tutte le foto che lo ritraevano sulla Yamaha di Efrem, lui gli
aveva insegnato a guidarla.
- Qualche volta. - contenendo la
preoccupazione, Shogo, gli fece un inchino, porgendogli il casco.
- Il casco ha l’interfono, così, per
qualsiasi cosa, puoi parlarmi, ok? – Riky era divertito, si capiva benissimo
dal sorriso tirato, che lo aveva messo in difficoltà. Con disinvoltura, Riky
salì e mise in moto.
- Pensi di salire, o vado solo? – Shogo,
iniziava a sospettare che Riky, lo stesse prendendo per i fondelli. Salì sulla
sua moto, come passeggero, per la prima volta.
- Teniti bene eh! – “puoi scommetterci!”, lo
avvolse nel suo abbraccio, per poco non gli fece perdere l’equilibrio, non
pensava che si sarebbe tenuto al suo corpo, pensava che avrebbe usato le
maniglie esterne. Partì dolcemente, senza scossoni o strappi, come se, quella
moto, fosse la sua. Dal suo tocco leggero, Shogo, capì immediatamente che Riky,
in realtà, sapeva guidare molto meglio di come gli avesse fatto intendere.
- Tutto ok lì dietro? – Riky riuscì a
malapena trattenere una risata.
- Qua dietro si sta benissimo, incollato a
te… - la sentiva bene, Riky, la pressione del corpo di Shogo sul suo. Era
inebriante, l’aria che gli attraversava la maglietta, il suo calore, le luci
che sfrecciavano ai loro lati. S’immisero sulla statale e Riky aprì il gas,
parecchio. Shogo, sentì immediatamente il cambio nella sua guida, l’adrenalina
iniziò a scorrere nelle sue vene, ma non voleva ammettere di essere
preoccupato, rimase in silenzio, mentre sentiva che la velocità continuava ad
aumentare. Riky era concentrato nella guida, 130, 140, 150, 160 chilometri
orari, in lontananza scorse l’insegna del locale, iniziò a decelerare, se non
lo avesse fatto, a quella velocità, avrebbe dovuto inchiodare, per fermarsi in
tempo. Parcheggiò la moto nel retro, Shogo scese per primo, sentiva le sue
gambe molli. In silenzio, aprì il bauletto, infilandoci prima il suo, poi il
casco di Riky.
- La tua moto fa le fusa come un gattino a
160! - chiuse il bauletto con un gesto secco, con lentezza sollevò la testa,
avvicinandosi a Riky. Tolse le chiavi dalla moto e se le infilò in tasca.
- Va… tutto bene, Shogo? – per tutta risposta,
Shogo, gli prese la mano, trascinandolo in un anfratto del palazzo.
- Ma che caz… - senza che si rendesse conto,
Riky, si ritrovò attaccato al muro, le braccia bloccate sopra la testa. Il viso
di Shogo a pochi centimetri dal suo. Poteva sentirne il respiro caldo, il suo
sguardo era quello di un predatore, i battiti del cuore si stavano mischiando
con i suoi. Gli lasciò le mani, ma non il tempo di respirare. S’impadronì delle
sue labbra, bloccando la sua testa con una mano sulla nuca. Quel bacio,
inaspettato e passionale, non lasciò il tempo a Riky di reagire, schiuse le sue
labbra e lo lasciò entrare. La sua lingua lo possedeva, le sue labbra, la sua
bocca… i fari di un’auto li illuminarono, Riky lo scostò.
- Hey, gli altri ci staranno aspettando… -
continuava a guardarlo, ansimando.
- Non ti azzardare più a guidare in quel
modo… possiamo andare. – tutta quell’adrenalina, aveva avuto un effetto che
Shogo non era riuscito a gestire, non gli era mai successo, nella sua vita, di
perdere completamente il controllo di sé. Arrivarono all’entrata del locale,
gli altri quattro erano già lì ad aspettarli.
- Ho fatto un calcolo, contando le persone
che ci sono in fila per entrare e considerando che l’entrata è a invito,
riusciremo a entrare in questo locale verso le cinque di mattina. – Miky aveva
fatto quel calcolo matematico, sperando che desistessero.
- Mi sa che nel tuo calcolo, manchi una
variabile importante, io. – Shogo si avvicinò all’entrata, richiamando
l’attenzione di uno dei buttafuori, che lo salutò amabilmente, ritornò qualche
minuto dopo.
- Siamo nella lista VIP, seguitemi. – cinque
minuti dopo, varcavano la soglia del locale. Allo stesso modo, uno dei
camerieri trovò loro un tavolo libero e ordinarono da bere.
- A ballare, vieni Riky, questa musica mi
piace un sacco. – Martina trascinò Riky sulla pista.
- MI HA BACIATO! – le urlò, avvicinandosi a
lei. Martina sorrise.
- OTTIMO! ANCHE ETTORE, PRIMA, IN MACCHINA! –
risero, Riky la strinse tra le braccia, facendola volteggiare.
- Che facciamo? Ci buttiamo? Una notte di
sesso sfrenato e via! – Riky era euforico, Martina rise più forte.
- Non so tu, ma questa era la mia intenzione
fin dall’aperitivo! Ahahahahah – Riky non faceva sesso da due lunghi anni,
ovvio ne avesse voglia, poi con un pezzo di maschio così! Non sapeva se ne
sarebbe stato capace, mai aveva avuto una notte di sesso con qualcuno, per poi
non vederlo più. Ma quello sarebbe stato, ora che l’aveva conosciuto, sapeva
che non avrebbe potuto essere diversamente, lui era troppo bello e non
apparteneva al suo mondo, puzzava di soldi e di agiatezza lontano un miglio.
L’aveva già avuta, quel tipo di esperienza, si era fatto troppo male.
Improvvisamente qualcuno lo strappò dalle braccia di Martina.
- Ti lascio solo un attimo e ti strusci su
una ragazza? – vedere Shogo che ballava di fronte a lui, gli tolse gli ultimi
dubbi. Si guardò intorno, Martina stava amoreggiando con Ettore e Michele era
immerso in una conversazione con Stefania, nessuno ci sarebbe rimasto male se
loro due…
- Quanto tempo hai intenzione di restare qua
a ballare? – “neanche un minuto di più”, pensò Shogo.
- Casa mia è più vicina della tua. – il tempo
di un saluto veloce e in men che non si dica erano al parcheggio.
- Guido io. Altrimenti quando arriviamo da me,
non rispondo di ciò che potrei farti. – gli disse, mentre s’infilava il casco.
– Riky scoppiò a ridere. Un quarto d’ora e avevano parcheggiato nel garage del palazzo,
dove abitava Shogo. Scesero dalla moto e montarono nell’ascensore.
- Sei bellissimo, lo sai? – le guance di Riky
si colorarono di rosa. Shogo gli si avvicinò e Riky reclinò la testa in avanti.
L’ascensore arrivò al piano e le porte si spalancarono.
- Vieni… - arrivarono davanti alla porta, che
Shogo aprì con la chiave magnetica.
- Benvenuto nella mia casa. – Shogo fece un
inchino, invitando Riky a entrare. Confrontata con la sua, quella era una
reggia. Avanzò di qualche passo, le luci si accendevano al suo passaggio.
Percepì la presenza di Shogo alle sue spalle, s’immobilizzò. Le mani di Shogo
si appoggiarono ai lati delle sue spalle, iniziando ad accarezzargli le
braccia. Gli scostò i capelli, per liberare il collo, iniziando una lenta
tortura con la punta della lingua. Riky gemette.
- Posso offrirti qualcosa da bere? – Riky aveva
la gola completamente secca.
- Acqua ghiacciata. – Shogo sparì dietro una
porta.
- Siediti in sala, dritto davanti a te. – la
sala era enorme, arredata in stile minimalista, bianca e nera. Nel mobile,
troneggiava un televisore di ultima generazione, così grande da diventarne il
protagonista e di fronte, un divano angolare, bianco candido, prometteva un’accoglienza
regale. Si sedette, temendo di sporcare qualcosa, sembrava uno scolaretto.
Shogo riapparve, con una caraffa piena di acqua colma di ghiaccio e due
bicchieri, che riempì, porgendogliene uno.
- Vado a fare una telefonata, torno tra poco,
fai come se fossi a casa tua, ok? – nel quarto d’ora che seguì, Riky, seguitò a
domandarsi che cosa ci facesse lì. Si alzò e tornò a sedersi innumerevoli
volte, cercando il coraggio di andarsene, prima che fosse troppo tardi.
- Eccomi qua… - Riky alzò lo sguardo, Shogo
era in piedi, a meno di un metro da lui, ed era “vestito” con un asciugamano,
troppo piccolo per riuscire ad avvolgere interamente il suo bacino. I capelli
bagnati sembravano ancora più neri, piccole gocce gli ricadevano sul corpo,
Riky si morse il labbro inferiore.
- Era così che avevi richiesto sulla chat? –
si avvicinò, tendendogli la mano per farlo alzare.
- Ti ricordi cosa succedeva dopo? - la sua
voce era ancora più rauca, i suoi occhi, accesi di desiderio. Riky si schiarì
la voce.
- Mi avresti chiesto se volevo fare una
doccia anch’io… - Shogo si avvicinò ancora di più.
- Vai avanti. – aveva iniziato ad accarezzargli
i capelli.
- Ma non me l’avresti permesso… - Shogo
sorrise sornione, la sua eccitazione era ormai impossibile da celare, sotto
quel minuscolo asciugamano.
- Precisamente… - lo attirò a sé,
impadronendosi delle sue labbra, Riky assaporò quel bacio inebriante. Sentì le
sue mani infilarsi sotto la sua maglietta, un secondo dopo era a torso nudo.
- Vieni… - lo guidò verso la sua camera. Riky
non riuscì a guardarsi intorno, Shogo monopolizzava la sua attenzione, lo
spinse sul letto e si liberò, con un gesto plateale, del “fazzoletto” che gli
cingeva la vita. Riky, prono, appoggiato sui gomiti, si godeva la vista, ma
appena vide ciò che lo aspettava, una nota di stupore comparve sul suo viso. Shogo
sorrise avvicinandosi, mise un ginocchio in mezzo alle sue gambe e in un attimo
gli fu sopra, iniziando ad armeggiare con i suoi pantaloni, mentre, con la sua
bocca, baciava ogni parte del corpo di Riky.
- Adoro la tua pelle bianco latte, sei bello
come nelle foto. – Riky fremeva, sotto quella carica di baci e piccoli morsi,
quasi non si accorse, che gli aveva tolto i pantaloni.
- Sei completamente bagnato…mmm – con una
mano aveva iniziato a masturbarlo, il suo pre-seme saliva, come non gli era mai
successo, si rese conto, improvvisamente che, a parte i numerosi gemiti e
mugolii, non aveva ancora detto una parola.
- Hey, Shogo… - lo attirò a sé, facendo
scivolare la sua mano sul suo ventre, prendendolo in mano, era caldo, pulsante
ed era davvero enorme!
- Non penserai che mi metta qua, calmo come
una verginella, anch’io voglio toccarti. – Shogo era al limite, se continuava così,
sarebbe venuto subito, si bagnò le dita e ne infilò uno profondamente nel suo
orifizio, Riky mollò la presa immediatamente, soccombendo.
- Questa era precisamente la mia idea, farti
impazzire tutta la notte. – gli si avventò addosso, baciandolo con passione e
continuando a dilatarlo. Riky stava davvero impazzendo, lo voleva, per la prima
volta si sentiva libero di volere di nuovo qualcuno ed era una sensazione bellissima.
- Ti voglio, scopami. – Shogo guardò il suo
viso stravolto dal desiderio, per poco non venne solo per quello. Si alzò e
prese un condom, mettendoci un tempo infinito per infilarselo, sperando che
questo, bastasse per calmarsi un po’.
- Girati, non sei ancora dilatato abbastanza,
non voglio farti male. – se lo avesse guardato mentre lo penetrava di fronte,
non sarebbe neppure riuscito a dargli un colpo e sarebbe venuto. “Che mi
prende?!”, nessun ragazzo gli aveva mai provocato un’eccitazione così violenta.
Riky si mise carponi e Shogo risalì sul letto. Gli accarezzo le natiche, “è
ancora peggio che guardargli il viso stravolto dal desiderio”, la vista di
quelle natiche bianche e morbide lo incantava. Fece gocciolare un po’ di gel,
infilandolo dentro con le dita.
- Dimmi se ti faccio male, ok? – Riky emise
un lungo sospiro e Shogo appoggiò il suo membro iniziando lentamente a
spingerlo dentro.
- Ahhhhhh, cazzo. – Shogo era completamente
dentro di lui, era una sensazione pazzesca, non si sentiva così da troppo
tempo.
- Tutto bene? – si era appoggiato su di lui,
gli girò la testa e lo baciò.
- Sì, muoviti, subito. – lo stava stringendo
così forte la sotto! Iniziò a muoversi lentamente, a ogni spinta sentiva la
reazione di Riky, voleva di più.
- Girati, voglio guardarti in faccia. – Shogo
uscì e lo voltò alzandogli le gambe, non lo sentiva più, sembrava un animale.
Lo penetrò profondamente e cambiò il ritmo.
- Shogooooo, vengooo. – gli ci voleva
soltanto questo, vedere che veniva senza neppure toccarsi, esplose dentro di
lui buttando indietro la testa.
Quella notte lo fecero altre due volte, dopo
la terza, si addormentarono. Il mattino successivo, quando Shogo si svegliò,
Riky non era più lì, sul cuscino c’era un post.it. “Sei stato fantastico,
questa notte non me la dimenticherò. Amici, ok?”, Shogo portò con sé, in cucina,
il biglietto, continuando a rileggerlo, mentre faceva colazione. “Amici?
Scordatelo, io voglio scoparti ancora, e ancora.”.
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