THE
SAME PASSION
Capitolo I
Le
note di “Potremmo ritornare” improvvisamente invasero la stanza. “Che buon
auspicio questa sveglia!”, erano le cinque di mattina, Martina aveva preparato
una sacca con tutto l’occorrente, la sera precedente, era inutile prepararsi a
casa, lo avrebbe fatto in seguito, aveva promesso allo sposo di essere a casa
sua non dopo le cinque e mezzo e, solo di tragitto, avrebbe speso almeno
quindici minuti. Chi l’avrebbe mai detto che la loro avventura avrebbe portato
così tanti cambiamenti, per lo meno nella vita di Riccardo, “Jason”. Baciò suo
marito sulla guancia, gli grugnì una frase sconnessa, che lei interpretò come
“Ci vediamo alla cerimonia dopo”. Uscita dal portone una folata di vento la
sorprese, scompigliandole i capelli, alzò la testa e si rese conto che il tempo
non sarebbe stato per nulla clemente, il cielo era completamente coperto di
nuvole minacciose. Si affrettò a infilarsi dentro la sua auto, velocemente si
mise in strada. Era ancora buio, le strade erano sostanzialmente vuote, ci mise
meno del previsto ad arrivare a casa di Riccardo. Scese dall’auto mentre le
prime gocce iniziavano a scendere dal cielo.
-
Signor Lampis, trucco e parrucco, aprimi che mi sto congelando! – non le
rispose, ma il suono metallico dello sgancio della porta, le diede la certezza
che non fosse rimasto a letto. Salì le scale, la porta era socchiusa, entrò e
lo trovò in piedi al centro della piccola sala, piena di scatoloni pronti per
il trasloco che avrebbe fatto al ritorno dal viaggio di nozze.
-
Il gatto ti ha mangiato la lingua? Che ci fai in mezzo ai tuoi scatoloni? –
erano settimane che temeva un crollo, era arrivata a credere che questa volta
non sarebbe accaduto. “Non ora, non a meno di sei ore dalla cerimonia!”, pensò
tra sé e sé.
-
Io… non ce la posso fare… lui è davvero troppo per me… - non aveva tempo di
raggirarlo, come solo lei aveva imparato a fare, ci voleva una terapia
violenta.
-
Ebbasta! Riky, smetti di pensare. – si avvicinò, prendendolo per le spalle e
scuotendolo leggermente – ora non devi pensare ma solo eseguire i miei ordini,
io so che ce la farai, lui ti ama, tu lo ami, sarete felici e non ti lascerà.
Doccia. – senza lasciargli il tempo di ribattere lo spinse dentro il bagno.
-
Hai esattamente mezz’ora, non un minuto di più, perciò concentrati, se non
sento scorrere l’acqua tra due minuti entro e ti ci affogo. – un timido sorriso
illuminò il viso di Riky, pochi minuti dopo il confortante suono dell’acqua che
scorreva, la tranquillizzò.
Due
anni, due lunghi anni erano trascorsi da quella notte, la notte che avrebbe
cambiato il corso delle loro vite. Entrambi la ricordavano bene, quella notte,
lei aveva conosciuto suo marito, Ettore, Riky aveva conosciuto Doyle Shogo,
conosciuto come “Asami”, nel gruppo della loro pagina Facebook, “BL IS MY
LIFE”. Pensandoci bene, in realtà, la loro vita aveva preso un corso diverso
non la sera in cui avevano conosciuto i loro rispettivi partner, ma quando
avevano deciso di aprire quella pagina, circa tre anni prima…
La
fumetteria era insolitamente piena di clienti per essere un giorno
infrasettimanale, volevano cercare qualche nuovo manga da leggere, ormai non
riuscivano ad andarci così spesso come quando erano studenti, perciò era ancora
più piacevole perdersi con il suo migliore amico, alla ricerca di qualcosa che
non avevano ancora letto.
-
Andiamo nella sezione dei manga in lingua originale, qui non c’è nulla per noi,
donna. – la passione per il Giappone scorreva nelle loro vene fin dai tempi
delle elementari, tanto da spingerli a volerne conoscere la lingua. Martina era
arrivata a conoscere il giapponese a livello medio, poi aveva lasciato, Riky,
invece, si era talmente appassionato, che era arrivato a completare il corso di
livello superiore.
Fu
pressappoco in quel periodo, che decisero
di iniziare a fare scan e crearono la loro pagina. Per i primi sei mesi se la
cavarono egregiamente da soli, ma ben presto, la pagina iniziò a essere seguita
da più di mille persone, le richieste di traduzioni crescevano, fu così che
iniziarono ad allargare il gruppo di lavoro. Quando chiesero se c’era qualcuno
che conosceva il giapponese, uno solo rispose, “Asami”. Di solito, era Martina
che si occupava di scegliere i membri dello staff, ma quella sera non stava
bene, perciò se ne sarebbe dovuto fare carico Riccardo…
-
Ma non possiamo rimandare a quando ti sentirai meglio? – Martina aveva la
febbre altissima, la gola sembrava dovesse andarle a fuoco da un momento
all’altro.
-
Riky, ti supplico, abbiamo bisogno del tizio! Prima capiamo se funziona, prima
potremo metterci al lavoro. Non è mica una video chat! Non è necessario che
facciate amicizia, contattalo, poi fammi sapere, io vado a prendere qualcosa
per la febbre. – Riky ne avrebbe fatto davvero a meno, ma sapeva che Martina
aveva ragione. Odiava con tutto se stesso dover parlare con qualcuno che non
conosceva, anzi, aveva paura, una fottuta paura.
“Riky,
non sa chi sei, né come sei, perciò, fatti coraggio.” Accese il computer e si collegò
a Fb. Vide che Asami era on line.
·
Ciao,
sono “Jason” –
·
Lo
vedo, ciao! – “iniziamo bene”, pensò Riccardo.
·
“La
Marti” non poteva farti l’intervista, per questo ti sto contattando io. –
·
D’accordo,
spara. – “che tipo sarà, uno che scegli di chiamarsi “Asami”?”
·
A
che livello conosci il giapponese? –
·
Sono
giapponese da parte di madre, è la mia seconda lingua. Conosco anche il
Coreano. – Riky rispose senza riflettere.
·
E
tuo padre? – si morse il labbro inferiore, pentendosi immediatamente, se voleva
mantenere la conversazione a un livello impersonale, aveva appena fallito nel
suo intento.
·
Mio
padre è Irlandese. Ho ventisette anni, sono alto 1.92, peso circa 80 chilogrammi,
sono del segno del Sagittario, nato il 13 dicembre. Dimmi qualcosa di te. – non
voleva andare sul personale, ed eccolo lì, doveva riprendere le distanze.
·
Non
mi piace parlare di me… - quasi immediatamente una grossa emoji con gli occhi
lucidi comparve sullo schermo. Mentre si stava accingendo a rispondere, arrivò
un vocale di un paio di minuti. “no, no, no un vocale!” cliccò su “play” con
circospezione, sembrava che dovesse esplodergli nelle cuffie. Una voce
profonda, a tratti graffiante, gli invase le orecchie e lo avvolse come una
coperta calda. Il suo giapponese era fluente, perfetto, e la sua voce era… dannatamente
sexy. Lo risentì, per capire ciò che diceva “Scusa, sono una persona molto
diretta. Mi piace sapere chi ho di fronte.”
·
Sono
italiano, ho studiato giapponese perché adoro il Giappone. Ho 30 anni, sono
alto 1.75, peso circa 62 Kilogrammi e sono del segno dell’acquario. E tu sei
nello staff, se davvero t’interessa. – voleva chiudere al più preso quella
conversazione, si sentiva a disagio, soprattutto dopo avere sentito la sua
voce.
·
Certo,
ma dovrai insegnarmi tutto! Adoro leggere le vostre scan, ma non conosco le
procedure. Che lavoro fai? Io sono fotografo professionista. – il sorso di
caffè esplose fuori dalle sue labbra e scoppiò a ridere fragorosamente “Fa il
fotografo e ha scelto di chiamarsi “Asami”?!” non poteva credere che questo
tipo fosse così pieno di sé.
·
Sono
Architetto. Avrai tutto il supporto che ti serve, non temere, è una cosa facile
che riuscirai a fare nel tempo libero. – “e con questo passiamo ai saluti”.
·
Ok,
aspetto che vi facciate vivi voi. Grazie per la chiacchierata, “Jason”. –
Riccardo sospirò sollevato.
·
D’accordo,
buonanotte “Asami”. – stava per chiudere quando arrivò un ultimo messaggio.
·
Per
la cronaca, io sono gay… - “E scommetto che non sei passivo…”, si mise a ridere
sguaiatamente, la tentazione di rispondergli era forte, ma non voleva dargli
modo di fare altre domande.
Il
giorno dopo andò a casa di Martina, sperando stesse meglio, e le fece vedere, e
sentire, la loro conversazione.
-
Sei sopravissuto, è bello che vi siate parlati, visto che lo gestirai tu. –
Riccardo iniziò a scuotere la testa.
-
Scordatelo, ma ti sei resa conto? “Asami” di mestiere nella vita fa il
fotografo! E poi, hai visto com’è invadente? – Martina si sistemò i cuscini
dietro la schiena, lo guardò negli occhi.
-
Esci dal guscio. Ne hai passate tante, ed io sono sempre stata al tuo fianco. A
scuola, con i tuoi genitori. Non sono tutti cattivi, non sono tutti come Efrem
e non sei a scuola, nessuno ti sputtanerà, nessuno ti bullizzerà, hai trent’anni,
sei un professionista rispettato, vivi, santo cielo! Devi solo lavorarci
insieme, oltretutto, a una cosa che adori! Sai cosa c’è? Se ti tiri indietro,
chiudo la pagina e buonanotte al secchio! – odiava quando Martina si arrabbiava
così.
-
Ok! Non ti scaldare donna! Ci proverò, d’accordo? – glielo doveva, era vero,
lei era la sua roccia. Da quando si erano conosciuti, la sua vita era cambiata.
A partire dalle elementari, quando i suoi genitori lo avevano trasferito, in
quarta, in un'altra scuola, per provare a sbloccare il suo “mutismo selettivo”.
Aveva
smesso di parlare con gli estranei, compresi i suoi coetanei, dalla terza. Nell’estremo
tentativo di sbloccare la situazione, lo psicologo, che lo aveva in cura da
quasi un anno, aveva consigliato ai suoi famigliari di trasferirlo in un'altra
scuola.
Martina
lo prese subito in simpatia, mettendolo sotto la sua ala protettrice, passava
ore a parlargli, ricevendo da parte sua soltanto, per brevi istanti, un barlume
di coscienza che sembrava comparire nel suo sguardo. Però lei non si diede per
vinta e, finalmente, a metà della quinta, iniziò a parlarle. Avevano tanto in
comune, passavano ore a parlare delle loro serie preferite e, piano piano,
Martina riuscì a farlo parlare con alcuni compagni e con le maestre. I loro
genitori, da quel momento, fecero carte false perché non fossero divisi alle
scuole medie, così la loro amicizia si rafforzò, fino al punto che Martina s’illuse
potesse diventare qualcosa di più, ma quando gliene parlò, Riccardo le confessò
che da sempre a lui piacevano i ragazzi. Così Martina riuscì a farsene una
ragione velocemente e questo, invece di allontanarli, li unì ancora di più. La
scoperta del genere yaoi avvenne in seconda media, così come l’amore per il
Giappone. Scelsero due licei diversi, Riky s’iscrisse a un liceo scientifico e
Martina al classico. Questo non bastò a dividerli, anche se non riuscivano a
vedersi come prima, poi Riky conobbe Efrem e con lui l’inferno, ci vollero anni
per fargli recuperare un minimo di autostima. Ora era arrivato il momento per
lui di ricominciare a vivere, pianamente.
Iniziare
a collaborare con Asami e sentirlo tutte le sere, era diventato persino
piacevole. Stava perfezionando sfumature del Giapponese che nessuna scuola
avrebbe potuto insegnargli e, a parte la sua irruenza, lavoravano bene insieme.
A un mese di distanza, pubblicarono sulla pagina il loro primo lavoro. “Asami”
era entusiasta.
·
Hey,
ci sei? – Riccardo era appena uscito dalla doccia, faceva un caldo infernale.
Si stese sul letto e prese lo smartphone in mano.
·
Sono
qui, dimmi. – un gift con un’esplosione di fuochi artificiali lo fece scoppiare
a ridere.
·
Eh
già. La nostra traduzione ha fatto il botto! Non te l’aspettavi? – altra gift,
con gatto che cade per terra svenuto.
·
È
davvero una bella soddisfazione. Il mio vero nome è Doyle Shogo. Puoi chiamarmi
per nome, anzi, spero che tu lo faccia. – preso dall’allegria della giornata Riccardo,
si sentiva stranamente a suo agio.
·
Shogo…
piacere, Riccardo Lampis, Riky per gli amici. – Shogo si era scollegato,
improvvisamente. Dopo mezz’ora, ancora non era on line, Riccardo si sentì
improvvisamente infastidito. Quell’ansia dell’attesa l’aveva già provata, aveva
giurato a se stesso che non sarebbe più successo. Si stava appisolando, quando
il suo telefono s’illuminò.
·
Scusa,
ho dovuto interrompere perché è arrivato un ospite inatteso. – non avevano mai
parlato delle loro vite private fino a quel punto, ma Riky si sentì
improvvisamente ansioso.
·
Il
tuo compagno? – ci mise pochi secondi a rispondere, ma quei secondi, a Riccardo,
sembrarono eterni.
·
Mia
madre, sono single, per ora. E tu? – in quel preciso momento Riccardo staccò la
spina e decise di buttarsi.
·
Single
e gay. – ancora eterni secondi.
·
Che
pensi di organizzare una bella cena con tutto lo staff? Non siamo tanto
distanti, vero? Tutti abitiamo nei dintorni di Milano, fissa una data e
organizziamo, sarà bellissimo conoscerci di persona. – mentre leggeva, Riccardo,
aveva già aperto una seconda chat con Martina e le stava inviando gli screen.
o
Che
dici Martina? Pensi che sia il caso? – Martina sorrideva soddisfatta,
finalmente si stava sbloccando.
o
Ovviamente
sì! Organizzo io per fine mese, chiedigli se è libero per il 27 giugno. – a
Riky tremavano le mani. “Idiota, non sai neppure che faccia ha, magari è
deforme!”
·
Sei
libero per il 27 di giugno? – un enorme like illuminò lo schermo.
·
Ok,
allora ti farò sapere l’orario e le coordinate. – da quel momento iniziò una
lunga battaglia con se stesso, per non andare a visualizzare il profilo
personale di Shogo, quello che non sapeva era che, invece, Shogo quella
battaglia non l’aveva neppure iniziata. Appena conclusa la chat, si era buttato
alla ricerca della sua pagina personale, quello che aveva visto gli aveva dato
conferma che le sue sensazioni su Riky erano giuste. Riccardo era assolutamente
il suo tipo, troppo bello per essere vero, stessi interessi, corpo perfetto.
Aveva rimirato per una buona mezz’ora una sua foto in costume, non aveva
trovato un solo difetto. Sperava che avesse mantenuto i capelli lunghi, come
nell’ultima foto, che risaliva a qualche mese prima, amava i ragazzi con i
capelli lunghi, e le lentiggini su quel bel faccino erano la ciliegina sulla
torta, chissà com’era a letto… perché era lì che voleva vederlo, steso sul suo
letto. Non che avesse mai avuto problemi a faci stendere qualcuno, ma quel modo
che aveva Riccardo di sfuggirgli, altro non aveva fatto che accenderlo ogni
volta di più, e ora, che l’aveva intravisto, non se lo sarebbe fatto scappare. Non
cercava una storia seria Shogo, stava bene così, innamorarsi, stabilizzarsi,
per lui non era mai stata una priorità. I suoi standard erano parecchio elevati
e normalmente i suoi amanti finivano con annoiarlo a morte.
La settimana prima
del giorno in cui avevano fissato la loro piccola “convention”, avevano
iniziato a tradurre il secondo volume, lo avevano diviso per cercare di
pubblicarlo prima di trovarsi, non si sentivano da parecchi giorni, solo brevi
messaggi di saluto, questo aveva permesso a Riccardo di rivedere il tutto da
una prospettiva più neutra, e di concentrarsi nel suo lavoro, aveva un progetto
importante da portare a termine entro il mese successivo, ed era rimasto
piuttosto indietro. Shogo, lui non poteva saperlo, l’aveva lasciato in pace
perché si trovava in Asia per un servizio fotografico, non sempre aveva a
disposizione una connessione a internet nei luoghi dove doveva lavorare.
Mancavano solo un paio di giorni alla cena, era quasi mezzanotte, Riky era
seduto al tecnigrafo e stava ormai disegnando da quattro ore, aveva bisogno di
un caffè. Con la sua tazza fumante ritornò al tavolo, mentre stava per sedersi,
un suono inequivocabile gli annunciò l’arrivo di un messaggio. Si spostò alla
scrivania e tolse la pausa al suo computer, quando aprì la chat, una foto di un
modello in costume da bagno disteso all’ombra di una grande palma al tramonto,
lo abbagliò.
·
Che
ne pensi? – un'altra serie di foto bellissime, piene di sole e di mare invasero
il suo schermo.
·
Le
hai scattate tu? –
·
Appena
scaricate, sono tornato questa mattina, viaggio di lavoro. E invece di dormire
ho finito questo… - l’immagine scan di una delle scene di sesso, del volume che
stavano traducendo, apparve sullo schermo.
·
L’hai
finito? –
·
Ho
le ultime due pagine, dovrei riuscire a mandartelo entro domani mattina. Che ne
pensi? – sovrappensiero Riccardo gli rispose
·
Hai
fatto un buon lavoro, mi sembra. – un’emoji maliziosa comparve sullo schermo.
·
Intendevo,
cosa pensi delle scene di sesso che ci sono in questo manga?… - l’aveva letto
appena comprato, traducendolo mentalmente. Gli era piaciuto, il seme era dolce
e focoso quanto basta.
·
Mi
piace come stanno insieme… -
·
Mi
ha deluso un po’ questa parte, dopo un volume e mezzo, dove il seme lo
corteggia in tutti i modi, arrivano al dunque e in pratica lo monta senza
nemmeno baciarlo… - chissà perché Riccardo sentiva di stare iniziando a
camminare su un tappeto di vetri rotti, decise di mantenersi sul vago…
·
Beh,
quando c’è la passione… - Shogo era divertito, aveva appena capito che Riky si
stava mettendo sulla difensiva, ma questa volta non l’avrebbe fatto scappare,
voleva vedere fino a dove poteva spingersi. Era intelligente Riky, si era
chiuso perché aveva capito il suo gioco.
·
Quindi,
a te piace così? – “machecaz…” stava pensando a cosa rispondere, ma le sue mani
furono più veloci.
·
Quindi,
tu sapresti fare di meglio? – per smorzare inserì un’emoji che rideva a
crepapelle.
·
Ovvio…
- tirare il sasso e ritirare la mano, era la specialità di Shogo, e Riky
abboccò all’amo.
·
Sentiamo,
come avresti fatto tu? – Shogo si mise comodo visualizzando nella sua mente la
foto che aveva visto nel profilo di Riky.
·
Lo
avrei fatto entrare dalla porta, precedendomi, gli avrei tolto il soprabito, facendolo
scendere lentamente da entrambe le braccia, contemporaneamente avrei assaggiato
il suo collo, lentamente, con la punta della lingua sarei risalito fino al lobo,
mordicchiandolo. Poi, mi sarei scostato, l’avrei preso per mano facendolo
accomodare sul divano, avrei messo una musica di sottofondo, avrei stappato una
bottiglia di buon vino, possibilmente con le bollicine, lasciandolo solo a
godersi l’attesa, mentre io sarei andato a fare una doccia veloce.
·
Carino,
lasciarlo lì da solo ad aspettare! – sperava che quella battuta servisse a
smorzare la tensione che si stava creando, mentre nella sua mente immaginava la
scena che stava descrivendo, il calore era diventato insopportabile.
·
Posso
continuare, Riky? – “merda” pensò Riky, erano due anni che non giocava più al
gatto e al topo con nessuno, lo stava prendendo in contropiede, riuscì solo a
inviare un like.
·
Non
avrebbe fatto neppure in tempo a chiedersi dove io fossi andato…sarei ritornato
in sala, trovandolo seduto dove l’avevo lasciato. Come pesi che mi sarei
ripresentato in sala? Nudo, vestito comodamente o con solo lo stretto
necessario addosso? – “OMG”, Riky tentava di ignorare la vocina dentro di lui che
lo stava mettendo in guardia, mentre un’altra gli stava dicendo di darci
dentro.
·
Lo
stretto necessario? – le sue guance si erano arrossate mentre rispondeva.
·
Esatto!
Poi l’avrei fatto alzare e gli avrei chiesto se aveva bisogno di rinfrescarsi,
ma non gliene avrei dato il tempo, avrei iniziato a baciarlo ovunque, facendo
scorrere le mie dita sulla stoffa della sua camicia, insinuandomi lentamente,
gliel’avrei tolta, iniziando a strusciarmi su di lui. – Riky aveva la gola
secca, questo gioco non era facile da gestire per lui. Sembrava che Shogo sapesse
quali corde tirare, stava iniziando a sentirsi a disagio, quella non era la
descrizione di come avrebbe disegnato Shogo la scena, era la descrizione di
come lui avrebbe sedotto una potenziale preda, e Riky non voleva più essere la
preda di nessuno.
·
Sì,
forse la scena sarebbe stata più bella come la stai descrivendo tu… si è fatto
tardi, devo andare a dormire, domani la mia giornata inizierà presto e dovrò
disegnare per tutto il giorno. – Shogo si sentì improvvisamente punto
nell’orgoglio. Dove aveva sbagliato…non solo si era chiuso come un riccio, ma addirittura,
gli stava chiudendo la porta in faccia!
·
Allora
ti do la buonanotte, cercherò di dormire anch’io qualche ora, sai il jet-lag… -
Riky gli inviò un saluto, che Shogo ricambiò e immediatamente staccò il
collegamento.
Mancavano due giorni
alla riunione del gruppo, quella sera Riky cedette, e andò a visualizzare il
suo profilo, ma rimase deluso, c’erano un sacco di foto scattate da lui, ma non
c’era traccia di foto dove lui fosse ritratto.
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