DULCIS IN FUNDO
Capitolo IV
Un dolce profumo di pancake raggiunse le narici di Jo, era ancora nella fase del dormiveglia. La porta della stanza si aprì per poi richiudersi, sicuramente era Stefano, ma voleva godersi quegli ultimi istanti di pace, perciò finse di dormire ancora per un po’, ma una dolce carezza sul suo viso lo obbligò a socchiudere gli occhi. Il viso di Stefano che sorrideva soddisfatto accolse la sua veglia.
«Buongiorno… ti ho portato la colazione, devi mangiare, hai bisogno di riprendere le forze.» Jo tentò di mettersi seduto, però la parte inferiore del suo corpo non ne voleva sapere.
«Mi dispiace.» Stefano aveva distolto lo sguardo, si sentiva un po’ colpevole. A Jo scappò una risatina.
«Di cosa ti dispiace? Di avermi ridotto uno straccio, o di avermi scopato come se non esistesse un domani?» Stefano lo baciò dolcemente.
«In realtà non mi dispiace di nessuna delle due cose, la notte passata è stata la più bella della mia vita.» anche per il biondo cuoco era stata meravigliosa, purtroppo non riusciva a esprimerlo così spontaneamente come Stefano.
«Pancake giusto?» disse cambiando discorso, Stefano si alzò e prese il vassoio, al centro del pancake aveva disegnato un cuore con la marmellata.
«Fai colazione, prenditi il tuo tempo, io ti aspetto di là, dopo dobbiamo andare a fare la spesa per Sara.» gli stampò un bacio sulle labbra e lo lasciò solo. Jo, dopo avere lottato qualche minuto con il suo corpo, riuscì a mettersi seduto. Fece colazione e lentamente si vestì. Non aveva un solo punto del proprio corpo che non dolesse. “Un mese così non credo di poterlo sopportare, bisogna che gli faccia un discorsetto”, disse tra sé e sè. Uscì dalla stanza e andò verso la cucina, sentì le voci allegre di Sara e Stefano mentre si avvicinava, rallentò per cercare di carpire qualcosa.
«Vi ho sentiti questa notte fratellone!» Stefano sorrise schernendosi.
«Scusa, abbiamo cercato di non disturbare ma… non sempre è possibile.» la risata cristallina di Sara salì distintamente, Jo pensò che fosse semplicemente incantevole.
«Mi piace Jo.» Stefano conosceva bene il tono di sua sorella, a quella frase sarebbe sicuramente seguito un “ma”.
«Ma…» la precedette, in attesa delle critiche.
«Non è un po’ “grande” per te? Avete parecchi anni di differenza, o sbaglio?» l’occasione era troppo ghiotta, Jo si fermò a pochi passi dalla porta per ascoltare l’agognata risposta.
«Sai, inizialmente ci ho pensato poi, quando abbiamo iniziato a frequentarci, sinceramente, non ho più considerato la cosa un problema. Nessuno mi ha mai fatto sentire così felice.» “lo faccio sentire felice!”, quelle parole fecero gonfiare d’amore il suo cuore, ma a quel punto non poteva più restare ad ascoltare come un ladro, entrò in cucina, rosso in viso e con un’espressione da ebete.
«Jo, buongiorno!» le sorrise imbarazzato e andò subito a vedere Cat, che dormiva serena nel passeggino.
«Stefano mi ha detto che hai bisogno di fare compere?» Sara esibì una lista della spesa lunghissima.
«Giusto qualcosina…» Stefano gliela strappò di mano, facendole una smorfia di finto disappunto e s’infilò la giacca.
«Approfittatrice.» Jo fece altrettanto e lo seguì. Vicino a casa di Sara c’era un centro commerciale piuttosto fornito. Jo si diede da fare e in poco tempo avevano già riempito un carrello fino all’orlo. Arrivati al reparto ortofrutta Jo si mise a scegliere le verdure con attenzione. Stefano, vedendolo chino sull’espositore della frutta, non resistette e gli strizzò una natica, appoggiandosi poi sulla sua schiena per abbracciarlo da terga. Non si accorsero che un gruppo di ragazzi li stava osservando. Il più giovane del gruppo passando fece un commento di troppo: “Guarda quello, che checca schifosa!”. Stefano non ci pensò nemmeno mezzo secondo.
«Hey, scusa, cos’hai detto?» Jo stava guardando la scena sconvolto, lui non aveva mai osato reagire a quegli insulti, ormai era così abituato che aveva imparato a far finta di nulla. Il ragazzo si avvicinò a Stefano.
«Ho detto che il tuo amichetto è una checca schifosa.» Stefano sorrise, ma continuava ad avvicinarsi al ragazzo con determinazione.
«Chiedigli scusa, o tra due secondi chiederai scusa a Dio per averti dato la possibilità di esistere, merda umana.» “oh cazzo!”, non l’aveva mai visto così fuori di sé! Jo si avvicinò a Stefano tirandolo per la camicia. Ma il suo sguardo era tutto rivolto a quel tipo, e non prometteva nulla di buono.
«Hey amico.» uno degli altri ragazzi si era avvicinato. «mi dispiace, a volte lui sa essere davvero sgradevole, vi chiediamo scusa.» Jo intervenne, temendo che la lite degenerasse.
«Ok, ok, smettiamola, ognuno per la sua strada ragazzi.» finirono di fare la spesa, Stefano si era ammutolito, era davvero molto arrabbiato. Salirono in macchina nel silenzio più totale, Jo appoggiò la mano sulla sua.
«Stefano, non c’era bisogno che mi difendessi.» lui gli catturò la mano vigorosamente.
«Sempre, sempre lo farò! Nessuno può permettersi di giudicarci! Nessuno può umiliare l’uomo che amo!» Jo, in quel preciso istante, comprese che lui era tutto ciò di cui aveva bisogno. Ma ancora le parole, quelle che avrebbe voluto dirgli, non riuscivano a uscire dalla sua bocca, lo baciò, con tutto l’amore che stava provando, sperando che in quel bacio riuscisse a trasmettergli le parole che non riusciva a dirgli.
Antonio, il suo ex, da un paio di settimane viveva in casa di amici. Per l’ennesima volta era stato sbattuto in strada. I suoi “amici” gli avevano detto chiaramente che non poteva rimanere lì per sempre, e stava cercando di trovare il modo di andarsene. Che, nel suo personale modo di intendere la vita, significava trovare qualcun altro che si prendesse carico dei suoi bisogni, tutti i suoi bisogni. Il modo migliore di trovare un’altra “gallina dalle uova d’oro”, era quello di cercarla nel suo “pollaio”, il suo bar preferito. Erano mesi che non ci andava più, non ne aveva avuto bisogno. Fino a che era rimasto insieme con Matteo, le sue diversioni le aveva trovate insieme agli amici del suo ragazzo, e a volte anche insieme alle sue amiche.
«Chi si rivede!» Rico, il barman, lo riconobbe immediatamente.
«Hey, Rico! Dammi una birra media.» Rico lo servì, pretendendo il pagamento prima di consegnargliela, conosceva bene i suoi “ti pago la prossima volta”.
«Bello pieno stasera, ci sono nuovi arrivi?» Rico gli porse qualche stuzzichino.
«Quelli laggiù, ma sono troppo giovani. Qualche studente, dall’altro lato, niente che faccia al caso tuo. Sai, qualche settimana fa è venuto Jo, in compagnia del suo ragazzo…» “con il suo ragazzo.”, quella frase, non capì perché, lo urtò spingendolo ad approfondire l’argomento.
«Ha trovato qualcun altro che lo spenna?» a Rico stava simpatico Jo, gli era sempre dispiaciuto che si facesse trattare in quel modo da Antonio, e sinceramente, non era contento di ritrovarselo di nuovo tra i piedi.
«No, credo che abbia trovato davvero un bravo ragazzo, meglio che lo lasci stare, Antonio.» quelle parole, invece di fare desistere Antonio, lo avevano proprio eccitato, si chiese se non fosse il caso di farlo di nuovo cadere nella sua rete, per poi ripetere lo schema precedente e trovare qualcun altro che i soldi li avesse per davvero.
«Per stanotte mi sa che avrò il mio da fare.» un ragazzo lo stava guardando in maniera inequivocabile. Antonio si alzò andando verso di lui, anche per quella notte non avrebbe dormito in macchina.
Ritornare a casa aveva lasciato nel cuore di Jo una sensazione di malinconia, che era cresciuta appena aveva visto l’auto di Stefano allontanarsi. Combatteva costantemente con la paura che lui potesse cambiare, che tutto potesse finire da un momento all’altro, paure che si acuivano quando rimaneva solo. Non fece in tempo a uscire dalla doccia che il suo telefono squillò.
«Dimmi, hai dimenticato qualcosa?» Stefano sospirò, era proprio di Jo pensare che ci dovesse essere un motivo per qui lo chiamasse.
«Mi manchi, non penso riuscirò a dormire stanotte, il mio letto è davvero enorme.» “ma cosa mi hai fatto!”, pensò Jo, bastava che gli dicesse poche semplici parole e il suo cuore si placava.
«Ti manco io o il mio corpo?» Stefano non si stancava mai di sperare che, un giorno, Jo riuscisse a esprimere davvero ciò che sentiva, ma riusciva a leggere, nella sua pungente ironia, tutto ciò che realmente sentiva per lui.
«Mi mancano entrambi, ma di più il tuo cuore.» Jo sentiva che la vita finalmente gli stava facendo un regalo, il regalo più grande.
«Va a dormire, sono vecchio, non riuscirei a reggere il tuo ritmo anche questa notte.» Stefano si arrese, del resto anche lui aveva bisogno di riposare.
«Buona notte amore mio.» Jo sussultò, era la prima volta che si rivolgeva a lui chiamandolo “amore” fuori dal letto.
«Sognami.» non riuscì a dire altro, era estasiato. Si sentiva un quindicenne. Pochi minuti dopo il telefono squillò di nuovo, Jo si precipitò.
«Ti ho detto di metterti a dormire!» il rumore di qualcuno che esalava fumo dalla bocca lo lasciò spiazzato.
«Ciao, pasticcino.» Jo sbiancò e si sedette, era inequivocabilmente la voce di Antonio.
«Cosa vuoi?» il moro si aspettava la sua reazione, ma aveva parecchie frecce al suo arco ancora.
«Ancora arrabbiato? Volevo solo sentire come stava il mio pasticcino.» Antonio era disteso a fianco di un ragazzo, di cui neppure si ricordava il nome, e aveva preso in prestito il suo telefono per chiamarlo, visto che nel suo, come al solito, il credito era terminato da un pezzo.
«Sto benissimo, grazie. E non voglio che mi chiami in quel modo, non ne hai il diritto. E ora se mi vuoi scusare stavo per andare a dormire!» il suo cuore pompava rabbia e dolore.
«Da solo o con il tuo nuovo ragazzo?» la tentazione di prendersi una rivincita era troppo forte per Jo.
«Ovviamente con il mio ragazzo. Ora ti saluto, e per cortesia, dimenticati il mio numero. Anzi dimenticati che io esista, come ho fatto io.» chiuse la telefonata, buttandosi sul letto e iniziando a tremare come una foglia.
Antonio non era certo il tipo che si sarebbe fatto fermare da quelle parole, infatti, dopo avere chiuso la chiamata, mentre approfittava della doccia dell’amante di turno, si mise a pensare a come fare per insinuarsi di nuovo nella vita di Jo. La prima mossa, doveva essere, necessariamente, andare a controllare chi fosse quel coglione con cui si era messo, e poi avrebbe escogitato un piano per riprendersi il suo pasticcino.
La notte fu piena di incubi, la mattina successiva, Jo si sentiva più stanco di quando era andato a dormire. Per fortuna, al lavoro Silvia lo distrasse con le sue mille domande sul viaggio e, rivivendo i particolari, cancellò dalla mente quello che era accaduto la notte precedente. Vedere di nuovo Stefano nella sua mensa, lo fece sentire come se fosse avvolto nella coperta preferita. Si trovarono nel retro, per scambiarsi qualche bacio, dandosi appuntamento per la sera stessa a casa di Jo.
Fuori, nel parcheggio, appoggiato a una colonna, Antonio lo stava spiando. Non gli era piaciuto il suo atteggiamento, non sopportava che quella “puttana” avesse tirato su la testa. Perciò, aveva deciso di capire chi era quel coglione, che si era preso a mano chi aveva sempre considerato di sua proprietà. Non che provasse qualcosa per Jo, ma gli dava fastidio non potere manipolarlo a suo piacimento. Seguì con lo sguardo Stefano e si annotò il numero di targa della sua macchina, con quello sarebbe riuscito facilmente a sapere tutto ciò che gli serviva. Pochi minuti dopo era al telefono con un funzionario della motorizzazione, scoparsi qualsiasi cosa che respirasse, a volte, poteva essere un vantaggio.
«Sono io.» dall’altra parte la risposta tardava ad arrivare.
«Cos’è, il gatto ti ha morso la lingua Valerio?» Valerio era in una riunione importante in quel momento, era sbiancato appena aveva sentito la voce di Antonio.
«Buongiorno, sono molto occupato, possiamo sentirci in un altro momento?» Antonio sorrise maliziosamente.
«Non c’è problema, parlerò con la tua signora, ho molte cose interessanti da raccontarle e… da mostrarle.» Valerio si scusò con i suoi colleghi e uscì dalla sala dove si teneva la riunione.
«Non ti azzardare cane bastardo! Cosa vuoi? Soldi? Non te ne ho già dati abbastanza?!» cercava di non urlare, ma ormai era quasi sull’orlo di una crisi isterica.
«Calma, calma, non voglio soldi. Ho bisogno di un favore, e ne ho bisogno per ieri.» Valerio non poteva proprio permettersi di non accontentarlo, sapeva che aveva delle foto compromettenti che lo ritraevano mentre lo scopava.
«Ok, dimmi, ma fa in fretta che devo ritornare in riunione.» Antonio gli dettò il numero di targa.
«Ho bisogno di sapere tutto sul proprietario di quest’auto, e quando dico tutto significa tutto, chiaro?» Valerio aveva acceso il suo P.C. e si stava collegando alla sua linea privata.
«Ok, il nome del proprietario è Stefano Innocenti, nato a Prato il 12 febbraio 1992, vive a Firenze in Via Montebello 34, aspetta, ho anche un recapito telefonico… 333849xxxx, e con questo abbiamo finito, chiaro!» era stanco di avere costantemente la paura che quell’uomo potesse creargli dei casini.
«Certo, non ti cercherò più Valerio… fino a che non avrò ancora bisogno di te…» chiuse la telefonata senza dargli il tempo di ribattere, tanto ormai aveva quello che gli serviva. Gli sarebbe bastato mettere la pulce nell’orecchio di quel poppante, nel giro di una settimana Jo sarebbe stato di nuovo un burattino nelle sue mani. Quella sera, dopo avere scroccato l’ennesima cena al “fortunato” di turno, ed esserselo ripassato per bene, si mise comodo e iniziò a mettere in atto il suo piano. Tolse la visibilità al numero e mandò un messaggio a Stefano.
SCONOSCIUTO - “Sicuro di conoscere bene il signor Giovanni Corsi?”, si mise ad attendere la risposta.
Quando ricevette quel messaggio Stefano era a casa sua, aveva appena chiuso una telefonata con Jo e stava rilassandosi guardando un film, prese il telefono e lesse il messaggio. Il cuore gli si fermò.
STEFANO - “Chi cazzo sei?!” il fatto che gli scrivesse in anonimo non gli piaceva per nulla.
SCONOSCIUTO - “Diciamo un amico…” la cosa gli stava piacendo sempre meno.
STEFANO - “Non m’interessa quello che ha da dirmi qualcuno che non si fa riconoscere, perciò ora ti blocco.”, “tosto il moccioso”, pensò Antonio.
SCONOSCIUTO - “Vediamo se indovini: qual è il punto del corpo di Jo che se viene toccato lo fa impazzire?”, il messaggio, arrivò un attimo prima che Stefano attivasse il blocco, la sua mano si fermò. Chi poteva conoscere così bene Jo da sapere una cosa così intima, che sinceramente nemmeno lui aveva scoperto ancora? Antonio continuò a scrivere.
SCONOSCIUTO - “Facciamo così, io te lo dico, tu fai la prova e se è vero ti racconterò di Jo, perché saprai che ti sto dicendo la verità…”, la tentazione era troppo forte, voleva capire dove voleva andare a parare questo tipo.
STEFANO - “Sono proprio curioso, dimmi.” Antonio esultò, era riuscito a farlo abboccare.
SCONOSCIUTO - “Leccagli l’ombelico, senza toccarlo, solo quello.”, Antonio aveva mandato i messaggi dal cellulare del tipo con cui stava, se anche l’avesse rintracciato, non avrebbe potuto collegare il nome del proprietario al suo. Si sarebbero visti la sera successiva e Stefano non sapeva che fare. Aveva pensato di fargli vedere i messaggi, ma ormai il tarlo si era insinuato in lui, oltretutto pensava, "che cosa c’è di male nel provare una cosa del genere". Arrivò a casa di Jo verso le nove di sera.
«Hey, che guapo sei stasera!» Jo gli si gettò al collo.
«Che bella accoglienza.» i loro baci erano sempre così sensuali che, normalmente, li portavano direttamente nella stanza da letto. Così fu anche quella volta. Jo si spogliò e si sdraiò sul letto, mentre Stefano stava togliendosi ancora i boxer. Stefano non stava pensando, fino a quell’istante, a quello che avrebbe voluto fare, ma vedere Jo disteso gli fece venire prepotente la voglia di provare. Si sdraiò su di lui e andò direttamente con la lingua al suo ombelico. La reazione di Jo fu immediata e spropositata. Il suo membro diventò turgido e iniziò a far fuoruscire pre-seme. Stefano continuò a leccarlo.
«Fermo Stefa nnnoooo…» Stefano stupito si fermò.
«È il mio punto debole, mi eccita da morire, se continui così io non resisterò ancora per molto.» La persona che lo aveva contattato lo conosceva davvero bene il suo Jo, “suo”, era davvero suo? Si portò con il suo membro turgido all’altezza della sua faccia.
«Succhialo.» Jo rimase un attimo stupito, non l’aveva mai visto così carnale. Iniziò a leccargli la punta, Stefano lo guardava lascivamente.
«Tutto… in bocca.» Jo lo accolse tutto in bocca iniziando a succhiarlo vigorosamente. Stefano lo prese per i capelli dandogli il ritmo. Improvvisamente Stefano si tolse girandolo di schiena e, prendendolo per il bacino, lo costrinse ad alzare il sedere, gli allargò le natiche e iniziò a leccargli l’orifizio anale.
«Cosa staahhhhhh» non ce la faceva più Stefano, lo penetrò con forza.
«Stefanooooo, ahhhhh, nnnnn» Stefano lo stava riempiendo completamente, quasi con violenza.
«Mi stai uccidendo!» Stefano sentendo quelle parole si sveglio come da uno stato di trance. Fece sdraiare Jo e ricominciò a penetrarlo.
«Meglio?» Jo si girò verso di lui per cercare la sua bocca, che trovò immediatamente pronta per lui.
«Ora va meglio.» Stefano gli sollevò una gamba e aumentò il ritmo.
«Mi fai perdere la lucidità Jo.» Jo girò la testa per baciarlo di nuovo, ma Stefano gli diede una stoccata potente e venne di colpo, e dopo poco anche Stefano lo seguì. Era rabbia quella che aveva appena riversato nel sesso con Jo, lo aveva capito bene e il sapore era amaro. Doveva finire al più presto quella storia con lo sconosciuto, e dimenticare di avere ricevuto quei messaggi. Però, la sera successiva, si ritrovò a sperare di ricevere un altro messaggio, per poter continuare quella conversazione malata. Puntualmente il messaggio arrivò.
SCONOSCIUTO - “Allora, Stefano, com’è stata l’esperienza ombelico?”, Stefano non era stupido, sapeva che quella persona aveva uno scopo, doveva solo capire quale fosse.
STEFANO - “Questo prova che lo sai per esperienza, o che conosci qualcuno che lo sa. Quindi?” Antonio doveva giocare bene le sue carte.
SCONOSCIUTO - “Prima di conoscerti, mio caro, Jo non era l’angioletto che ti vuole far credere. Era l’anima delle feste e in molti se lo sono ripassato.”, Se il punto debole di Jo era l’ombelico il suo era la gelosia, iniziò a respirare affannosamente, il pensiero di Jo nelle braccia di altri uomini lo faceva incazzare, troppo.
STEFANO - “Ciò che Jo ha fatto prima di conoscermi non mi riguarda. Se un giorno me lo vorrà raccontare lo ascolterò, ma fino ad allora, non m’interessa.” Non sarebbe caduto nella sua rete, aveva fiducia in Jo e nei loro sentimenti, non sarebbe stato un “signor nessuno” a farlo dubitare.
SCONOSCIUTO - “Infatti non ti voglio parlare del suo passato, ma del suo presente…” il sangue di Stefano si congelò.
STEFANO - “Non c’è nulla del suo presente di cui io non sia a conoscenza!”, ora doveva instillare il dubbio finale.
SCONOSCIUTO - “Perciò, se ti dico che si è sentito con un suo ex, non ne rimarrai stupito, perché il tuo Jo non ti nasconde nulla.”, Stefano crollò sulla sedia. No, non era possibile che gli avesse tenuto nascosto questo.
STEFANO - “E sentiamo, quando sarebbe successo?” pezzi del suo cuore stavano frantumandosi, ma continuava a tenersi stretto all’amore che provava per Jo.
SCONOSCIUTO - “Tre giorni fa, controlla il suo cellulare. Ci sentiamo tra due giorni, alla stessa ora.”, Stefano ormai doveva sapere. La notte successiva, appena Jo si addormentò, prese il suo cellulare e scorse le telefonate che aveva fatto e ricevuto, e la trovò, “ANONIMO”. Erano stati al telefono per tre minuti e quarantasette secondi. Tornò a stendersi a fianco di Jo, lo guardò dormire fino al mattino successivo, ora il tarlo aveva scavato un profondo solco dentro il suo cuore. Attese con ansia fino alla sera successiva, ormai il suo malessere traspariva sia dai suoi gesti che dai suoi occhi. Anche Jo se n’era accorto, e appena lo vide arrivare in mensa, gli fece segno di raggiungerlo sul retro.
«Hey, c’è qualcosa che non va?» gli si era avvicinato e lo teneva per il colletto scherzosamente. Stefano cercò di sorridere, ma i suoi occhi erano velati di tristezza.
«No, nulla, solo un po’ di stanchezza.» Jo gli stuzzicò le labbra con la lingua.
«Ti sei stancato di me?» Stefano gli accarezzò il viso.
«E tu? Tu non ti sei ancora stancato di me?» Jo appoggiò il viso sul suo torace.
«Non mi stancherò mai di te, moccioso.» “non puoi capire quanto vorrei crederti, amore mio”, pensò Stefano.
«Meglio rientrare Jo, devo tornare al lavoro presto oggi.» Jo si staccò da lui malvolentieri, non era convinto che gli avesse detto tutta la verità, gli stava nascondendo qualcosa. Questa volta Stefano avrebbe voluto che la sera non arrivasse mai, non voleva più sentire nulla da quella persona, voleva solo che quel dolore che provava nel petto potesse scomparire.
SCONOSCIUTO - “Allora, hai controllato?”, prese un profondo respiro e rispose.
STEFANO - “Ha ricevuto una chiamata da un numero anonimo, non significa nulla.”, non significava nulla, se solo gliene avesse parlato davvero non avrebbe significato nulla, ma non l’aveva fatto.
SCONOSCIUTO - “Domani si vedranno, hanno appuntamento all’uscita della mensa, dove vi trovate per baciarvi. Jo non l’ha dimenticato, lui è il suo grande amore, se dovesse scegliere sceglierebbe sempre lui.” No, il suo Jo non era così. Il suo Jo non era così?
STEFANO - “Se fosse così me lo direbbe. Non voglio più sentire nulla uscire dalla tua sudicia bocca.” Bloccò il numero in quel momento e si ripromise di non andare a verificare ciò che gli aveva riferito, per nessun motivo al mondo. Ma il mattino dopo aveva cambiato idea, sarebbe andato e avrebbe detto tutto a Jo. Arrivò cinque minuti prima della chiusura e parcheggiò un po’ distante, incamminandosi a piedi. Jo uscì dal locale e qualcuno lo raggiunse, li vide sparire nel vicolo che dava sul retro. S’incamminò come un uomo che debba andare sul patibolo. Sentiva parlare, ma non riusciva a carpire nulla, da un punto cieco li vide. Quell’uomo stava baciando il suo Jo. Si girò e scappò via.
Jo aveva portato Antonio nel retro della mensa, per evitare che qualcuno potesse vederli insieme, se fosse arrivato qualcosa di sbagliato alle orecchie di Stefano… non voleva che qualcuno si facesse male, era lo stesso motivo per il quale ancora non ne aveva parlato con Stefano, aveva visto come aveva reagito quella volta al bar, come anche al centro commerciale e se avesse saputo di Antonio, l’avrebbe cercato e non voleva neppure pensare a quello che sarebbe potuto succedere, sicuramente quel bastardo sarebbe riuscito a ribaltare la situazione e avrebbe messo nei guai Stefano, sapeva cavarsela da solo, quello stronzo non sapeva quanto più forte si sentisse ora.
«Non sono stato chiaro? Quale delle parole NON.TI.FARE.PIU’.VEDERE non hai capito Antonio?» Antonio vide con la coda dell’occhio che Stefano era arrivato a poterli vedere, si avventò su Jo strappandogli un bacio.
«CHE CAZZO FAI!» Antonio rise, anche se gli aveva morso il labbro fino a farlo sanguinare, quello che doveva essere visto era stato visto.
«Quello che ti è sempre piaciuto fare, ti metto la lingua in bocca, o preferisci che ci metta qualcos'altro?» Jo prese la mano ad Antonio e la appoggiò in mezzo alle sue gambe.
«Senti qualcosa Antonio?» Antonio restò spiazzato.
«No vero? È quello che sento per te ora, niente.» Ma Antonio reagì, bloccandogli la bocca con la mano.
«Scommetti che tra poco non la penserai più così? Io posso fare di te ciò che voglio, mi appartieni Jo» Silvia, che stava uscendo in quel momento, li vide, inorridendo.
«SACCO DI MERDA, MOLLALO!» gli disse avvicinandosi di corsa, per nulla intimorita.
«Silvia, ti prego, non metterti in pericolo…» Ci mancava solo che rimanesse ferita pure lei, pensò Jo.
«E chi sarebbe il pericolo? Questo incrocio tra un uomo e un maiale? Ci scommetti che gli spacco quella faccia da culo?» Antonio rise.
«Scusa scusa? E tu nanetta da giardino vorresti rompermi la faccia? E come? Visto che neppure saltando ci arriveresti?» il calcio di Silvia scattò senza preavviso, scaricandosi sulle palle di Antonio, che si accasciò urlando. Silvia prese per mano Jo e si mise a correre. Appena furono abbastanza distanti si fermarono a riprendere un po’ di fiato.
«Mi spieghi che cosa ci faceva lì» Jo scosse il capo.
«È ritornato, e ovviamente ha pensato bene di venire ad infastidirmi.» Silvia aveva sempre avuto paura che prima o poi questo sarebbe accaduto.
«Stefano lo sa?» Jo scosse il capo di nuovo.
«No, non gliel’ho detto.» Silvia alzò un sopracciglio.
«Ma Jo! Come puoi nascondergli una cosa del genere?» Silvia sapeva che era una caratteristica tipica di Jo, cercare di cavarsela sempre da solo.
«Silvia, lo sai benissimo, so gestire la mia vita da solo, soprattutto questo tipo di problemi. Non glielo dirò ora.» Silvia voleva fargli capire che era sbagliato questo atteggiamento, perciò insistette.
«Ma Jo, visto quello che sta succedendo sbagli a non parlargliene, pensa se avesse visto quella scena e l’avesse fraintesa!» ma Jo sapeva quello che stava facendo, e la fiducia nel suo amore era salda.
«Stefano ha fiducia in me, in noi.» ma l’amore che provava Stefano non era ancora così saldo come credeva Jo, si era sempre mostrato forte per lui, era sempre stato la sua roccia, l’aveva fatto aprire, lo aveva aspettato, capito. Il problema era che, per fare questo, aveva messo a tacere i suoi dubbi e le sue paure che, dopo quello che aveva visto, si erano presentate a chiedergli il conto. Aveva preso l’auto guidando come un pazzo, la macchina l’aveva portato su quella spiaggia che aveva suggellato l’inizio della loro storia. Cadde in ginocchio, su quella stessa sabbia che, pochi mesi prima li aveva visti felici insieme. Non poteva essere che lui fosse stato solo un gioco, un intermezzo per Jo, in attesa che Antonio ritornasse. Il dolore e la rabbia gli fecero sgorgare le lacrime prima che le potesse fermare. Doveva tornare, aveva un appuntamento con Jo, il loro ultimo appuntamento.
Quando il biondo arrivò davanti a casa trovò Stefano seduto sul marciapiede.
«Che ci fai seduto qui fuori? Non ti ricordavi dove fosse la chiave?» Stefano si alzò in piedi e corse ad abbracciarlo.
«Jo pensavo che...tu non» temeva che non sarebbe neppure rientrato, che se ne sarebbe andato via con Antonio, ma era lì.
«Vieni andiamo dentro» appena richiuse la porta Stefano gli fu addosso.
«Hey, piano? Ma che hai?» Stefano non lo ascoltava più, lo spinse in camera e gli fece di tutto. Fu così passionale che Jo si dimenticò di quanto fosse stato strano sulla porta, e non si pose neppure tante domande, sul fatto che fosse così silenzioso mentre lo facevano. Quando finalmente Jo crollò addormentato, Stefano si rivestì con tutta calma, guardò il suo Jo addormentato, sembrava un angelo. Lo baciò lievemente sulla fronte, prese le sue cose e richiuse la porta alle sue spalle. Le lacrime iniziarono a scendere silenziose sulle sue guance.
Copyright © 2019 Simona Mazzoni
Tutti i diritti riservati
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.
Nessun commento:
Posta un commento