Another
Door
Sesto capitolo
Non ci volle molto perché
Loran si accorgesse di essere seguito, decise di allungare la strada che
normalmente percorreva, per averne la certezza e per darsi il tempo necessario
di decidere come agire. Poteva essere chiunque; da uno scagnozzo di Svetlana a
un amante geloso, anche se erano mesi che non frequentava nessuno, perciò
questa eventualità gli risultava pressoché improbabile. Decise di fermarsi in
un locale non tanto distante da casa sua, quel locale aveva un’uscita sul
retro, ne avrebbe approfittato per uscire e prendere alle spalle il suo
inseguitore. Parcheggiò in un punto che gli dava un’ampia visuale, notò che la
macchina che lo seguiva aveva spento i fari molto prima di fermarsi, doveva
essere un professionista, era prudente. Però Loran lo era di più, focalizzò il
punto dove aveva parcheggiato il suo inseguitore e entrò nel bar. Ordinò un
caffè e attese, dopo dieci minuti non era ancora entrato nessuno sconosciuto,
pagò il caffè e si diresse al bagno, ma invece di entrare nel bagno, uscì dal
retro, dirigendosi dalla parte opposta al parcheggio. Arrivò dietro al veicolo
che lo stava seguendo, nascosto verificò, per quanto potesse vedere, quante
persone ci fossero all’interno. Quando si convinse che c’era solo una persona
ed era al volante, prese la pistola e si avvicinò come un’ombra. Spalancò la
portiera puntandogli l’arma addosso.
«Mani sopra al volante,
una mossa e ti faccio saltare la testa. Chi cazzo sei?» il giovane ragazzo di
colore sgranò gli occhi.
«Io…sto solo facendo il
mio lavoro, solo facendo il mio lavoro.» con lo sguardo indicò a Loran la tasca
della sua giacca. Loran allungò la mano e tolse il documento che si trovava al
suo interno.
«Silver investigation.
John Several.» gli restituì il tesserino e rinfoderò la pistola.
«Signorsì, signore.» Loran
non si aspettava certo di avere un detective privato alle costole e,
soprattutto, non aveva la più pallida idea di chi gliel’avesse messo.
«John, abbiamo due
possibilità. O ti porto in centrale e mi dirai in qualche modo chi ti ha
ingaggiato oppure, me lo dici qui ora e io ti faccio andare a casa.» John si
grattò la testa rasata.
«Io…non conosco il suo
nome. Non l’ho neppure mai visto di persona. Mi ha saldato tutto in contanti,
la busta mi è stata consegnata da un corriere.» Loran gli fece cenno di
proseguire.
«Mi ha chiesto di seguirla
e di consegnargli il dettaglio dei suoi spostamenti di una settimana,
nient’altro.» John gli mostrò i suoi appunti, lo seguiva già da qualche giorno,
quel ragazzo era davvero bravo.
«Dove gli consegnerai la
relazione?» il ragazzo sorrise.
«Mi ha detto che me
l’avrebbe fatto sapere finito il lavoro, ma…mi aveva anche avvertito che
probabilmente non sarei riuscito a completarlo. E mi ha dato questa per te,
qualora mi avessi beccato.» gli consegnò una busta chiusa.
«Ti ha detto anche cosa
fare se ti avessi beccato?» John annuì.
«Sì. Il mio lavoro termina
qui. Non devo neppure consegnargli la relazione. Mi dispiace, non so altro.»
Loran prese la lettera e la infilò nella tasca.
«Hai un biglietto da
visita?» John glielo porse.
«Sei parecchio bravo per
essere così giovane, e piuttosto carino.» John gli sorrise, facendogli capire
che non si era sbagliato.
«Anche tu non sei affatto
male, per essere un bianco.» Loran resistette alla voglia di scaricarsi che
ormai era piuttosto forte, ma si tenne una porta aperta, quel ragazzo era
davvero il suo tipo.
«Ci sentiamo detective.»
il ragazzo gli sorrise e gli strinse l’occhio.
«Ci conto capitano.» giunto
a casa, Loran, con tutte le cautele del caso, aprì la busta e ne estrasse una
breve lettera.
“Capitano O'Reilly, se
stai leggendo questa lettera significa che hai beccato il mio detective, come
mi aspettavo. Mi chiamo Akashi, ovviamente questo non è il mio vero nome, e
sono un amico di Mark. Lo state mettendo in pericolo, non sai quanto, e questo
non lo posso davvero permettere. Anche se ho detto a Mark che non avrei
indagato oltre, ho continuato a farlo per conto mio. Ho scoperto parecchie
cose. Cose che vi possono servire per chiudere il caso, ma non possono essere
usate in tribunale, visto che le ho “rubate”. Ma se sarai furbo, riuscirai a
trovare le prove e potrai fermare questo traffico immondo. Ti chiedo un'unica
cosa, se queste informazioni ti serviranno, vorrei poter lasciare finalmente la
clandestinità, sono stanco di nascondermi. Attendo una tua chiamata dopo che
avrai guardato il mio fascicolo. Lo puoi trovare negli archivi dell’FBI sotto
il nome “HARPER FR case 2684”. Spero di sentirti presto e, fai attenzione, c’è
una talpa nel tuo gruppo.”
Il primo impulso che ebbe
Loran, fu quello di chiamare Jake e Mark per chiedere spiegazioni. Decise di
versarsi uno scotch, mentre rileggeva la lettera. Era molto tardi, appena si
fosse svegliato, il mattino dopo, avrebbe chiamato un suo amico dell’FBI, gli
doveva un grande favore, gli avrebbe dato l’occasione di sdebitarsi. Farsi un’idea
di chi fosse questo Akashi era la prima cosa che doveva fare, anche per capire
se davvero avrebbe potuto accontentarlo, per quanto potere avesse, dipendeva da
cosa aveva combinato.
Anche Jake aveva
continuato a indagare e, finalmente aveva trovato qualcosa. Si era ricordato
che Mark gli aveva detto che Akashi e Brian si conoscevano dai tempi
dell’università. Una violazione come quella che aveva fatto Akashi, ai tempi,
non poteva passare inosservata. Approfittando del fatto che Mark avrebbe fatto
tardi, e si sarebbero visti solo la sera successiva, decise di darsi da fare.
Fece una ricerca, partendo dai due anni precedenti l’iscrizione di Mark al
Queens college, su tutte le principali testate giornalistiche dell’epoca. Ma
non trovò nulla. Decise infine di fare un ultimo tentativo, passando in
rassegna il giornale dell’università. E fu lì che incontrò le sue prime risposte.
Un articolo firmato proprio da Brian.
“Questo mese dobbiamo
registrare un fatto gravissimo. L’FBI ha spiccato un mandato di cattura su H.L.
Questo ha creato non pochi disagi a tutti noi. Conoscendolo da tempo, crediamo
che le sue intenzioni non fossero di danneggiare nessuno in alcun modo, ma la
violazione di un sito federale rimane un grave delitto. L’intera università si
dissocia da quanto accaduto. Caldeggiamo ogni notizia che possa aiutare a
ritrovarlo, ci rivolgiamo soprattutto ai suoi compagni di facoltà e a quelli
che frequentavano il laboratorio di informatica, da lui gestito, la vostra
collaborazione con gli agenti federali deve essere incondizionata.”
Si collegò al sito
dell’università e iniziò a sfogliare gli annuari, con quelle iniziali trovò
sette persone. Cinque di loro frequentavano corsi che nulla avevano a che
vedere con l’informatica, così le scartò. Ne rimanevano due, ed entrambi
frequentavano matematica ed il laboratorio di informatica. A quel punto fu
semplice scoprire chi di loro aveva continuato gli studi e chi no. Aveva il
nome. Guardò la foto, non se lo sarebbe mai aspettato, ne avrebbe parlato il
giorno dopo con Mark.
Appena sveglio, Loran tirò
giù dal letto il suo collega dell’FBI, che fu ben lieto di potersi finalmente
sdebitare. La copia del fascicolo arrivò sulla mail privata di Loran a metà
mattina. Il reato era grave, ma il fatto che fosse successo così tanti anni
prima e che, apparentemente, non vi fossero state conseguenze, lo avrebbe
aiutato a convincere il giudice per fargli modificare la pena. Ora dipendeva
tutto da cosa aveva da scambiare. Continuò a rigirare la foto tra le mani,
chiedendosi se gli anni e la clandestinità lo avessero cambiato. Compose il
numero di telefono che gli aveva dato.
«Capitano, così presto?»
Loran rise.
«Veniamo al sodo, credo di
poter fare qualcosa per te, ma prima devo vedere cos’hai in mano. Dobbiamo
vederci.» sapeva che gliel’avrebbe chiesto, era preparato.
«259 della 136th street,
suona il campanello di Ava Brown. Lunedì mattina alle undici, se non sarai
solo, me ne accorgerò, se vieni per arrestarmi, non avrai nulla.» non aveva
nessuna intenzione di perdere quell’opportunità, né di giocargli dei brutti
scherzi.
Venerdì mattina Jake era
agitatissimo, la sera si sarebbe visto con Mark, anzi, con il Signor Robert
Sullivan. Era una cosa strana, in un certo qual modo lo eccitava. Avevano
deciso di trovarsi direttamente al motel scelto da Mark. Era un motel di quelli
in cui parcheggi direttamente davanti alla camera. Mark avrebbe fatto prendere
le chiavi da un'altra persona, che avrebbe fatto registrare la stanza a nome di
Robert Sullivan, gli avrebbe inviato un messaggio con il numero della camera.
Attento come mai, Jake andò all’appuntamento con il suo texano. Parcheggiò di
fronte alla camera 45, attese un po’ prima di scendere, voleva essere sicuro
che nessuno lo seguisse, e che non ci fosse qualcosa di strano. Quando si convinse
che tutto era a posto, scese dall’auto e bussò alla porta della camera.
«Vieni avanti Amber.» era
la voce del suo Mark, ma aveva un forte accento texano, quasi scoppiò a ridere.
Aprì la porta. Nulla l’avrebbe preparato a quanto vide davanti ai suoi occhi.
Il suo compagno era nudo, steso sopra il letto, con le gambe aperte. Jake si
appoggiò sulla porta.
«Cosa diavolo…?» Mark gli
sorrise lascivo, mentre una mano scivolava verso la sua apertura stuzzicandola.
«Ho pensato che, l’unico
modo di farti capire quanto tu sia importante per me sia questo, mi vuoi Jake?»
mancò poco che Jake facesse esplodere la cerniera dei pantaloni. Mai si sarebbe
aspettato questo da Mark, lui era l’attivo per eccellenza. Si vedeva da come si
muoveva, da come faceva l’amore. C’aveva pensato? Oh, sì, un milione di volte!
«S-sei sicuro?» Mark gli
buttò un tubetto di lubrificante alla ciliegia.
«Cazzo!» Jake chiuse la
porta e si spogliò alla velocità della luce, buttandosi su di lui.
«Dovrai essere gentile
Jake, non l’ho mai fatto, neppure con Brian.» quella confessione fece fermare
Jake.
«Mark, non sei obbligato.
Davvero, non è necessario che tu forzi la tua natura. Non devi dimostrarmi
nulla.» Mark lo attirò a sé.
«Non mi sto forzando. So
che lo desideri, lo sento. Ogni volta che facciamo l’amore cerchi sempre di
toccarmi, ma non hai il coraggio di andare fino in fondo. Non voglio che ci
siano barriere tra noi, tu sei mio come io sono tuo. Non pensavo che l’avrei
mai detto a nessuno ma, ti desidero, voglio sentire le stesse cose che senti tu,
e che anche tu possa sentirti come mi sento io.» Jake lo avrebbe penetrato in
quello stesso istante tanto era carico. Ma non sarebbe stato bello per lui, e
invece voleva che quella non fosse l’unica volta, perciò si prese tutto il
tempo del mondo per prepararlo. Lo accarezzò, gli stuzzicò i capezzoli sia con
le mani che con la lingua. Lentamente portò un dito sulla sua apertura, dopo
averlo leccato per bene, e lo penetrò, mentre con l’altra mano si occupava
della sua erezione. Mark sussultò quando sentì quella intrusione, era
fastidioso, ma nulla che non si potesse sopportare, e poi, Jake lo stava
stimolando ovunque, facendo sì che non ci pensasse più di tanto. Jake spremette
un po’ di lubrificante sulla sua apertura e inserì un altro dito. Ora Mark
sentiva che le dita di Jake stavano muovendosi al suo interno, poi accadde, le
dita sfiorarono la sua prostata e sentì un’esplosione di piacere avvolgere i
suoi lombi.
«O mio dio!» gridò, mentre
Jake, inseriva un terzo dito allargando il suo buchetto.
«Bello eh?» gli disse
soddisfatto, mentre gli mordeva il lobo dell’orecchio. Jake tolse le dita portandosi
in ginocchio in mezzo alle sue gambe.
«Andrò lentamente, se vuoi
che mi fermi dimmelo.» Mark fremeva, temeva il dolore, ma voleva riprovare
quella sensazione pazzesca, provata poco prima con le sue dita. Jake gli alzò
le gambe, e posizionò il suo membro durissimo davanti alla sua apertura, si
spinse delicatamente dentro di lui, sentendosi avvolgere dalla sua carne calda.
«Cazzo, sei strettissimo
amore.» il dolore paralizzò Mark. Ma Jake se ne accorse immediatamente.
«Respira, guardami e
respira, lentamente. Ecco, così.» appena sentì che la stretta si allentava, si
spinse dentro fino in fondo.
«Ecco, l’hai preso tutto
amore.» il dolore era sempre presente, ma ora sentiva un calore e un senso di
pienezza che non era per nulla spiacevole. Jake si stese su di lui e lo baciò
senza muoversi.
«Muoviti, non vorrai stare
così tutta la notte vero?» Jake sorrise, puntò le ginocchia e uscì per metà,
per poi rientrare più velocemente. Stava scopando il suo Mark, l’eccitazione
era al massimo, prese a muoversi con più decisione, trovando quasi subito il
punto giusto.
«Oddio! Godoooooo!» Mark
venne rilasciando caldi fiotti di sperma sul suo stesso ventre. Quella vista
fece perdere completamente la testa a Jake, che lo riempì con il suo sperma
profondamente.
«Oddio questo è il
paradisooooo!» urlò Jake mentre ancora stava godendo dentro di lui. Si
baciarono senza fiato, respirando l’uno l’aria dell’altro.
«Ora sei convinto?» Jake
lo guardò a lungo negli occhi, perdendosi in quel mare profondo.
«Non ti azzardare a
lasciarmi, questo è per sempre, lo capisci?» Mark lo abbracciò baciandolo su
tutta la faccia.
«Ricordami che quando
tutto questo sarà finito devo chiederti una cosa. Ma ora…» con una sola mossa
ribaltò la situazione mettendosi sopra di lui.
«Ora torniamo alle
origini, sono di nuovo duro e ora ti riempio io.» Jake si mise a ridere liberandosi
di lui, lo immobilizzò con una sola mossa e si mise a cavalcioni.
«Stasera comando io, anche
se a metterlo sei tu, chiaro.» mentre glielo stava dicendo, aveva già iniziato
a spingersi sul suo cazzo.
«Certo, fai pure.» disse
Mark, mentre gli allargava le natiche e, con un colpo di reni, lo penetrava fino
in fondo.
«Cazzo Mark!» urlò Jake
inarcandosi, sostenuto dalle sue mani.
«Quando scopo mi piace
avere io il comando, dovresti averlo già imparato no?» gli disse, mentre
pompava dentro con il solito ritmo infernale.
«Mark, Mark oddio
vengooooo» gli impedì di toccarsi, voleva che venisse per lui, e Jake lo fece.
«Sì così amore, solo col
tuo culo. Ti adorooooo» gli disse, mentre la stretta di Jake, lo stava portando
all’orgasmo più velocemente di quello che avrebbe voluto. Crollarono sul letto,
continuando a tenersi per mano, per non interrompere quel magico contatto.
«Mark… dobbiamo andare a
lavarci, abbiamo fatto un completo disastro qua sopra.» Mark guardò il suo
compagno, completamente impiastricciato di sperma, come lui, del resto.
«Mi sembra un ottima idea.»
la doccia era piccola, ma fecero in modo di riuscire ad entrarci comunque
insieme. Avevano ancora un paio d’ore da passare in quella stanza, ne
approfittarono per parlare di quello che sarebbe accaduto il giorno successivo.
«Domani Nox si incontrerà
con il ragazzino, la stanza è già stata riempita di telecamere, non vogliamo
che possa fargli qualcosa. Certo dovrà per lo meno toccarlo, ma sa di doversi
fermare e andarsene il prima possibile.» Jake parlava col il capo appoggiato
sul torace del suo amante, gli piaceva ascoltare i battiti regolari del suo
cuore.
«Lunedì, se non mi avrà
contattato lei, chiamerò Svetlana, le chiederò di incontrarci e lì, spero di
riuscire a farmi consegnare le chiavi di accesso, per poter accedere alla
lista.» Jake si agitò, aveva rimandato anche troppo, doveva dirgli cosa aveva
scoperto.
«Mark, mi hai detto che
dovevamo essere sinceri l’uno con l’altro, giusto?» Mark corrugò le
sopracciglia e lo costrinse ad alzare il viso verso di lui.
«Certo. Che c’è? Devi
dirmi qualcosa?» Jake si mise seduto.
«Non esiste un modo giusto
per dirtelo, perciò sarò diretto. Ho fatto delle indagini sul tuo hacker, so
chi si nasconde dietro il nome di Akashi.» lo guardava di sbieco, attendendo
con trepidazione una sua reazione.
«Era necessario?» Mark non
sembrava essersi arrabbiato, perciò continuò.
«Sì, non potevo evitarlo.
Lui sa tutto di questa indagine, dovevo sapere nelle mani di chi ti stavi
mettendo. Stai già correndo parecchi rischi.» Mark sospirò.
«Capisco, e ora che sai
chi è, lo denuncerai?» Jake, stupito, lo afferrò per un braccio.
«NO! Ma che stai dicendo! Non
lo farei mai! Ho trattato questa cosa al di fuori dell’indagine, il suo nome
non comparirà da nessuna parte, hai la mia parola!» Mark sorrise.
«Allora, chi è Akashi?»
gli chiese infine, tornando a sdraiarsi su di lui.
«Non lo indovineresti in
un milione di anni.» gli rispose mettendosi a ridere.
Loran, arrivato al 259
della 136th street, suonò il campanello di Ava Brown. Erano le undici spaccate,
era solo, aveva in mano un accordo, strappato con le unghie e con i denti al
giudice Jensen. La signora Brown gli venne ad aprire, era una donna di colore
di mezz’età, gli occhi di quella donna gli diedero la sensazione di averli già
visti.
«Salve Signora.» la
signora Brown gli sorrise amabilmente.
«Lei dev’essere il signor O'Reilly,
prego, entri, la stanno aspettando.» Loran entrò, un po’ interdetto dal fatto
che la signora Brown avesse usato il plurale. La seguì in quella che doveva
essere la sala da pranzo. Akashi, con il suo solito cappuccio calato fino agli
occhi, era seduto all’estremità del tavolo. Loran sentì qualcosa di freddo
appoggiarsi sulla sua nuca.
«Fai il bravo capitano,
deve solo perquisirti.» gli disse Akashi ridendo. Due mani esperte iniziarono
una minuziosa perquisizione, a tratti forse un po’ troppo minuziosa.
«È pulito.» la sensazione
di freddo svanì. Loran si girò, trovandosi davanti gli stessi occhi della signora
Brown.
«Ben trovato capitano, è
stato un vero piacere poterti “perquisire”.» era il ragazzo che si era
presentato come investigatore della Silver investigation.
«John, che sorpresa…» il
ticchettio delle unghie, sbattute a ritmo costante sul tavolo, richiamò la loro
attenzione.
«Fate pure con comodo…»
Loran sorrise, avvicinandosi al tavolo e mettendosi a fianco di Akashi.
«Dimmi quello che sai, Harper,
e togliti quel distorsore di voce dalla bocca, non serve più.» John si sedette
di fronte a Loran, era evidente il suo interesse nei suoi confronti e non
tentava neppure di nasconderlo. Harper fece scivolare il cappuccio dalla testa
e, una folta chioma biondo cenere fuoriuscì, inondandole le spalle. Appoggiò il
distorsore sul tavolo.
«Parlare con la mia voce
mi fa effetto, quasi non la riconosco dopo tutto questo tempo. Allora capitano,
sei riuscito a strappare un accordo ai federali?» Loran estrasse una busta
dalla giacca e l’appoggiò sul tavolo. John se ne appropriò, iniziando a
leggerne il contenuto.
«Posso portarvi un caffè?»
chiese la signora Brown entrando nella stanza. Mentre silenziosamente
sorseggiavano il caffè, John continuava a leggere e a prendere appunti. Loran
lo osservava incuriosito.
«Non è un investigatore…»
disse rivolto a Harper.
«John frequenta la New
York University School of Law, è all’ultimo anno.» Loran annuì.
«È il tuo ragazzo?» John
alzò per un attimo gli occhi dai fogli, per rivolgergli uno sguardo ironico.
«Oddio, assolutamente no!
Lui è il nipote di Ava, diciamo che mi dà una mano per “certe cose”.» Loran
sorrise alla volta di John, che era ritornato ad immergersi nella lettura.
«Allora Harper Lee, anni
40, mai laureata perché fuggita alla cattura, per ben sette volte! Perché
proprio ora vuoi uscire dalla clandestinità?» Harper lo guardò, il suo viso era
segnato dalla vita che aveva dovuto condurre, ma i suoi occhi erano lucenti.
«Alla mia età, diventa
sempre più difficile restare nell’ombra. Voglio una casa, voglio poter tornare
in un posto che possa chiamare mio. Voglio mettere a frutto la mia esperienza
in qualche modo, e lavorare alla luce del sole. La galera non è contemplata. E
neppure rimanere legata al governo e farmi usare per i loro sporchi giochi di
potere. E qui entri in gioco tu.» John appoggiò il documento sul tavolo.
«Allora pulce, cosa ne
pensi?» John le sorrise.
«L’unica cosa a cui è
legata la tua immunità, in questo accordo, sono le informazioni che riuscirai a
fornire per risolvere questo caso. Ma…dovrai continuare a collaborare se ce ne
fosse bisogno, altrimenti l’accordo salterebbe.» Harper si portò le mani al
viso. Lo aveva immaginato, ma sperava di poterne rimanere fuori.
«John, vai a prendere il
fascicolo.» John si alzò camminando lentamente, mentre andava nella stanza a
fianco. Loran si morse il labbro inferiore, quel culetto doveva essere
deliziosamente morbido.
«È single, ha ventiquattro
anni ed è tremendo. Non te lo consiglio.» esattamente la preda che adorava lui,
giovane e indomabile. Peccato che appena domati diventassero insopportabili.
Tornò con un fascicolo in mano, che mise direttamente nelle mani di Loran.
All’interno c’era l’inferno in terra. Harper non scherzava quando aveva detto
di avere trovato tutte le prove. Aveva filmati e foto, che ritraevano ragazzini,
e persino bambini abusati. Aveva codici e siti da cui si poteva entrare in
aste, il deep web per lei non aveva davvero segreti. Aveva le prove di tutta
l’architettura che Svetlana aveva messo in piedi nel suo paese di origine e che,
a quanto sembrava, stava organizzando anche qui.
«Sai dove tiene i
bambini?» Harper chiuse gli occhi e respirò profondamente.
«Sono riuscita a mappare
completamente i suoi traffici in Russia, ma qui, per ora, ho trovato solo i
codici di accesso al catalogo. Sono sulle tracce delle aste, ma mi sono fermata,
in attesa di avere in mano il tuo accordo.» doveva subito fare una riunione con
Jake e Mark.
«Firmiamo l’accordo, da
domani sarai libera di fare ciò che vuoi. Ma ti consiglio, fino a che il caso
non sarà chiuso, di restare nascosta. Non credo ci vorrà ancora molto. Useremo
John per tenerci in contatto.» non vedeva l’ora di usare John, in ogni modo
possibile.
«Concordo, non cambierà
nulla ricominciare a vivere tra qualche mese.» Harper iniziò a firmare i fogli
dell’accordo poi li passò a Loran, che fece altrettanto.
«Continua ad indagare,
dobbiamo scoprire dove tengono i bambini per poter agire.» Harper annuì.
«Questo è il mio biglietto
da visita e dietro c’è il numero del mio cellulare privato. Appena avete
qualcosa mettetevi in contatto solo con me. Il prima possibile farò vedere a
Mark e Jake il fascicolo e, inevitabilmente dovrò dire loro chi sei. Con tutta
probabilità organizzerò a breve un incontro.» si alzò.
«Ti accompagno alla
porta.» disse prontamente John, quel ragazzo era di una sfacciataggine unica,
gli faceva montare la voglia di togliergli da quella bocca carnosa quel
sorrisetto sarcastico.
«Questo è il mio numero,
chiamami quando vuoi.» Loran si guardò intorno, non c’era nessuno nelle
vicinanze. Lo costrinse addosso al muro.
«Quindi, se ti chiamassi
stasera…?» John, dopo un primo attimo di sorpresa, si riprese ritrovando la sua
spavalderia.
«Non avrò delle novità
stasera, perché dovresti chiamarmi capitano? Vuoi farmi vedere la tua pistola?»
Loran si avvicinò al suo viso come per baciarlo, tanto che, John gli porse le
labbra chiudendo gli occhi. Ma il bacio non arrivò.
«Io decido come e quando,
non mi piacciono quelli che si offrono così apertamente. Mi tolgono il piacere
della caccia.» gli piazzò una lunga lappata sul collo, facendolo rabbrividire.
Si staccò da lui, mettendo la mano sul pomello della porta.
«Ti saluto John.» scendere
le scale di fronte a casa fu un po' doloroso, il cazzo duro gli premeva sui
jeans stretti, per la prima volta non aveva pensato a Jake.
Nox venne microfonato, la
stanza era piena di telecamere, ma ugualmente, dentro il furgone, la tensione
era a livelli altissimi. Il timore di dover intervenire, per salvare il ragazzo
dalle sue grinfie, era alle stelle. Questo avrebbe mandato a puttane mesi e
mesi di duro lavoro, oltre a vanificare tutti i loro sforzi per fermare
quell’abominio. Loran gli aveva parlato molto chiaramente, una mossa falsa e lo
avrebbe fatto incarcerare dentro una delle sezioni peggiori. Nox sembrava sotto
controllo ma, con quel tipo di elementi deviati, non c’era da fidarsi. Lo
videro entrare nella stanza, il ragazzino era seduto sul letto, nei suoi occhi
non c’era terrore, solo tristezza.
«Alzati.» il ragazzino si
alzò e Nox si avvicinò.
«Quanti anni hai?» Nox si
scostò leggermente, rimanendogli di fronte.
«Ho quindici anni, quasi
sedici.» Nox gli si avvicinò di nuovo. Gli prese il mento tra le mani,
girandolo prima da un lato poi dall’altro.
«Hai la barba…» il
ragazzino non disse nulla, più che una vera barba, era peluria.
«Mi dispiace, sei troppo
sviluppato, non era ciò che avevo chiesto.» detto questo, uscì dalla porta e se
ne andò. Un taxi si fermò ad un suo cenno, scaricandolo un paio di isolati più
avanti, dove, pochi minuti dopo, il furgone lo raccolse.
«Bravo Nox. Continua così
e potrai passare il resto della tua vacanza a casa.» era visibilmente eccitato,
Jake venne preso dalla nausea.
«Ok, Jake, puoi chiamare
Mark e dirgli di contattare Svetlana prima di sera?» voleva essere con lui
quando la contattava.
«Lasciami qui, prendo la
metro.» doveva dirgli di Akashi, ma non poteva farlo in presenza di altri.
«Stasera vi chiamo, devo a
mettervi a conoscenza di una cosa.» Jake si chiese perché stesse usando il
plurale. Ma non c’era più tempo per chiedere nulla, la porta del furgone si era
aperta e lui doveva scendere.
Arrivò a casa, Mark lo
aspettava ansioso, voleva sapere com’era andata. Suonò alla sua porta poco dopo
il suo rientro.
«Hey, è andato tutto
liscio?» gli chiese dandogli un bacio a stampo sulla bocca.
«Senza nessun intoppo. Ora
tocca a te, devi chiamare Svetlana e dirgli che, il ragazzo che ti ha mandato
non incontrava i gusti del tuo cliente.» Mark annuì, mentre si dirigeva in
cucina.
«Ora?» Jake annuì.
«Prima lo facciamo e
meglio è. Anche perché Loran ha bisogno di dirci qualcosa, telefonerà più tardi.
Mi piacerebbe potergli confermare che tutto sta procedendo secondo i piani.» Mark
si sedette, cercò sulla rubrica del telefono il numero di Svetlana.
«Da!» Mark porse uno dei
suoi auricolari a Jake.
«Scusa se ti disturbo.»
dall’altra parte si udiva una musica rilassante.
«Niente disturbo, in
questo momento è molto rilassata, sono in mia spaa. Dimme signor Cook.» Mark
quasi si mise a ridere, gli sembrava di trovarsi in un poliziesco degli anni
quaranta.
«Abbiamo un problema, il
ragazzo che hai mandato non andava bene, il signor Nox non l’ha neppure
sfiorato, se n’è andato e mi ha chiamato. Era parecchio scontento.» Mark attese
per parecchi secondi, ma sentiva solo la rilassante musica olistica provenire
dall’altra parte.
«I cosa posso fare io se
lui ha gusti così difficile! Cosa crede che io ha, supermarket di fanciullo?»
se la faccenda non fosse stata così dannatamente seria, sarebbero scoppiati a
ridere entrambi.
«Mi ha detto che è
disposto a spendere qualsiasi cifra, per avere quello che ha chiesto.» Mark
stava parlando in modo spontaneo e rilassato, come se avesse sempre dovuto fare
quel genere di cose.
«Lui chiesto ragazzino di
meno di diciotto e io mandato! Io no può fare altro per lui.» questa chiusura
da parte della donna non se l’aspettava. Era come se fosse improvvisamente
diventata guardinga nei suoi confronti.
«D’accordo, mi rivolgerò
alla concorrenza. Mi hanno parlato di un sito internet, preferivo rivolgermi a
te, mi sentivo più al sicuro, ma evidentemente mi avevano informato male.
Grazie lo stesso Svetlana.» Mark sapeva di stare azzardando, ma era l’unica cosa
che gli era venuta in mente per sbloccare quella situazione.
«Tu uomo senza pazienza.
Dimmi nome di sitio.» Mark fu percorso da un brivido, a questo non aveva
pensato. Gli venne in soccorso Jake, che, alzando il dito indice, gli fece
capire che aveva bisogno di un attimo.
«Un attimo, vado a
prendere l’agenda e ti dico il nome, così a memoria non lo ricordo.» appoggiò
il telefono sul tavolo e attese con ansia che Jake ritornasse.
Jake era corso in bagno,
chiudendosi all’interno. Aveva velocemente scorso la rubrica, trovando il
numero di telefono della sua collega dell’anticrimine.
«Jake! Come stai è un
sacco…» non aveva certo tempo per i convenevoli.
«Francine, scusami se ti
interrompo, ma è una questione urgentissima. Ho bisogno del nome di uno di quei
siti per pedofili dove fanno le aste, anche uno chiuso, non importa!» Francine,
aveva già iniziato a digitare sulla tastiera, ancora prima che Jake smettesse
di parlare.
«Sei mesi fa ne abbiamo
bloccato uno, si chiamava “Pik it up”. Ti mando le coordinate. Chiamami appena
hai un attimo.» Jake collegò senza neppure salutarla, si ripromise di scusarsi
con lei appena avesse potuto. Corse in cucina, mettendo davanti agli occhi del
suo amante il telefono con il nome e le coordinate.
«Eccomi Svetlana, scusa
l’attesa. Il sito si chiama “Pik it up” e le coo…» Svetlana scoppiò in una
sonora risata.
«No so chi ti ha dato te
questo sitio, ma no consiglia di usare, polizia ha chiuso sei mesi indietro.»
Mark imprecò.
«Cook, non disperare, io
aiuta. Domani io manda codice e instruzione. Si tu dice a qualcuno quello che
io ti da, io strappa tue palle e fa mangiare te.» c’era riuscito, finalmente
avrebbero avuto l’accesso direttamente dalle sue sporche mani.
«Svetlana mi hai salvato,
figurati se lo direi a qualcuno!» chiuse la chiamata e abbracciò Jake.
«Manca poco, non vedo
l’ora che tutto questo finisca.» si baciarono perdendosi l’uno negli occhi
dell’altro. Ma sul più bello il telefono di Jake squillò. Jake guardò lo
schermo girandolo verso Mark, era Loran.
«Loran.» rispose Jake,
mentre Mark si stava dedicando al suo collo.
«In viva voce, immagino
che Mark sia lì con te.» Jake scostò Mark.
«Sì, un attimo.» mise
l’apparecchio in viva voce.
«Puoi parlare.» Loran
prese un lungo respiro.
«Nei giorni scorsi mi sono
accorto di essere seguito, ma ho scoperto che non si trattava di nessuno che io
conoscessi. La persona che mi aveva fatto seguire, Mark, tu la conosci con il
nome di Akashi. L’ho incontrata e abbiamo raggiunto un accordo, mi ha dato una
serie di tracce e prove, con cui possiamo inchiodare, non solo il traffico
americano, ma anche quello russo. Il suo vero nome è…Harper Lee.» se avessero
visto la faccia di Loran, nel momento in cui, mentre diceva il vero nome di Akashi,
sentiva le loro voci fargli da coro, avrebbero riso fino alle lacrime.
«Ma come…» Mark fece cenno
a Jake di spiegare.
«Non mi fidavo e ho
indagato. Ma tu hai fatto molto di più, mi sembra!» Loran sapeva che Jake non
stava mai fermo, non avrebbe dovuto stupirsi.
«Incontriamoci domani sera
all’appartamento. Venite separati, a questo punto dobbiamo rischiare il meno
possibile.»
Svetlana fu di parola, il
giorno dopo, inviò un messaggio a Mark con le coordinate e le password per
entrare nel sito nascosto. Verso sera entrambi si diressero all’appartamento,
Jake con l’auto e Mark con la metropolitana. L’ultimo ad arrivare fu Mark,
suonare quel campanello al 200 Brooklyn Ave, lo mise di malumore, non aveva
nessun bel ricordo di quel posto. Gli venne ad aprire Jake, che lo accolse
baciandolo profondamente.
«Ci sono stanze libere
qui?» gli chiese Mark a fior di labbra, strusciando il naso sul suo.
«#Markbollorecook, calma i
tuoi ormoni e seguimi, siamo in parecchi di là.» Mark si tolse il cappotto e
gli diede una sonora sculacciata.
«Così impari a provocarmi
#Jakeculosfacciato.» Mark entrò nella stanza, sul divano vide una donna e un
ragazzo di colore, pochi istanti dopo, Loran spuntò dalla cucina con una
caraffa di caffè appena fatto.
«Hai già fatto le
presentazioni?» chiese rivolto a Jake.
«No, a te l’onore.» Loran
appoggiò il vassoio sul tavolo.
«Mark, ho il piacere di
presentarti Harper Lee, alias Akashi.» Mark scosse il capo, mentre Harper gli
porgeva la mano.
«Dopo tanto tempo, non
posso accontentarmi di una semplice stretta di mano, alzati.» Harper gli
sorrise e si alzò. Fu un abbraccio pieno di cose non dette e di ricordi
condivisi.
«Lui è John, il mio
“braccio legale”.» Mark gli strinse la mano.
«Ho preparato un dossier
nuovo, con tutte le belle cose che ci ha fatto scoprire Harper, vi invito a
leggerlo sorseggiando il caffè. La serata sarà lunga, temo.» Loran si sedette,
Mark notò che quel bellissimo ragazzo di colore non gli staccava gli occhi da
dosso, anche se cercava di farlo in maniera discreta. Si scambiò un cenno
d’intesa con Jake, che gli sorrise. Chissà perché Loran non sembrava per nulla
interessato. Finirono di leggere il dossier un’oretta dopo, commentando alcuni
passaggi.
«Hai idea di come
procedere Loran?» gli chiese Jake.
«Visto che, Svetlana ci ha
fornito in prima persona la chiave per entrare nel sito, direi intanto di
aprire il vaso di Pandora tutti insieme qui e ora. Prenoteremo un ragazzino per
Nox. Intanto Harper e John stanno indagando per scoprire dove li tengono e come
si muovono. Potremo agire solo quando anche quest’ultimo tassello sarà andato
al suo posto. Crediamo che, anche nel suo paese, abbia seguito lo stesso
schema, i colleghi dell’Interpol ne sono convinti, siamo in stretto contatto
con loro. Se abbiamo ragione, riusciremo a bloccare il tutto simultaneamente.»
Harper si era seduta per terra, sistemando il computer, e altri aggeggi
infernali, sul tavolino basso. Jake la stava aiutando a sistemarli, solo in
quel momento, in cui era impegnato, Mark si accorse che Loran lo stava
divorando con gli occhi, ne fu più che compiaciuto, così finalmente avrebbe
lasciato in pace il suo Jake.
«Siamo pronti, credo che
questa sarà roba per stomaci forti.» il catalogo era da brivido, ragazzi e
persino bambini, mostrati come carne da macello. Nella stanza era calato un
silenzio irreale.
«Qui c’è una specie di
regolamento…» fece notare John. Harper aprì il documento, stava registrando
tutto, le prove fioccavano come se fosse una nevicata natalizia.
«Qui… in questo punto!»
Loran si andò a posizionare tra lui e Harper.
«Un asta?!» John si girò
verso di lui, trovandosi a pochi centimetri dalla sua faccia. L’elettricità che
ne scaturì, fu tale da far rizzare al ragazzo i peli delle braccia.
«Non capisci? Se riusciamo
ad entrare in una delle aste…» Jake non lo fece finire, terminando la frase per
lui.
«…possiamo individuare il
luogo dove li tengono!!» John sorrise a Jake.
«Guardate come si fa a
partecipare e quando faranno la prossima, li abbiamo in pugno!» continuarono a
lavorare alacremente, prenotarono un ragazzino, che avrà avuto non più di
quattordici anni, per il giorno dopo. L’appuntamento era nel solito hotel. Nox
avrebbe dovuto rimandare al mittente anche quello, comunque.
«L’asta è fissata giovedì
prossimo, per partecipare bisogna versare tre bitcoin, entro domani mattina
alle nove…» Loran si portò una mano alla bocca.
«Cazzo! Non ho una cifra
del genere a disposizione…oltretutto in bitcoin…» Loran iniziò a camminare
avanti e indietro come un leone in gabbia.
«Loran quanto riesci a
racimolare entro domani?» gli chiese Mark. Il capitano fece un rapido calcolo
mentale.
«Non più di diecimila
dollari…» Mark annuì.
«Io posso metterne altri
diecimila, gli altri…» Harper e Jake si guardarono, capendosi al volo.
«Io arrivo a cinquemila.»
disse Jake.
«Allora li abbiamo, gli
altri cinquemila li metto io.» si aggiunse Harper.
«Io compro i bitcoin, ho
un amico che me li può convertire in modo sicuro e immediato. Visto che soldi
non ne ho, almeno mi rendo utile.» disse John.
«Fatemi un bonifico, così
domani mattina John mi può dare le coordinate per comprarli, e Harper può fare
il deposito in tempo.» raccolti i soldi ormai la mezzanotte era passata da un
pezzo.
«Per ora abbiamo finito,
con te Jake ci vediamo domani sera per seguire Nox. Con te Mark ci sentiamo
domani mattina, così mi dici se l’operazione sta andando bene. Tu Harper
mandami un messaggio appena fatto il deposito.» si vestirono, avviandosi,
stanchi, all’uscita. Mentre Loran li accompagnava alla porta, John si sentì stringere
il polso trattenendolo.
«Trova una scusa e torna
qui, subito.» John si sentì mancare l’aria. Per un masochista come lui, sentire
quel tono perentorio, equivaleva a raggiungere il paradiso. Mark si avviò alla
macchina, seguito da Jake, che riprese la metro. Harper e John uscirono per
ultimi, fermarono un taxi.
«Merda! Ho dimenticato il
portafogli da Loran.» Harper mangiò subito la foglia.
«Ok baby, attento a non
scottarti, quello è uno tosto, anche per te.» John le fece una smorfia, e la
salutò, ritornando sui suoi passi.
Mentre percorreva la
strada a ritroso, il cuore gli batteva vigorosamente, dalla notte in cui
l’aveva conosciuto, in quel parcheggio buio, non aveva fatto che pensare a
farsi scopare da lui. Di solito non ci voleva così tanto a farli capitolare,
John sapeva di essere un bel ragazzo, i suoi occhi grigi, inusuali, erano dono
del nonno materno, la sua pelle era color del cioccolato al latte. Ci teneva al
suo aspetto, il suo pizzetto lo confermava, era tanto perfetto da sembrare
disegnato. Lo teneva “a filo” per far risaltare le sue splendide labbra carnose.
Si sentiva sicuro di sé, di come lo vedevano gli altri, sia per il suo aspetto
che per le sue capacità intellettive. Frequentava con profitto l’università,
aveva conosciuto Harper in rete, quando aveva messo in vendita un programma,
che si era dilettato a fare tutto da solo, per hobby, aveva attirato la sua
attenzione e, alla fine, erano diventati amici. Tanto che Harper aveva deciso
di fidarsi di lui, e lui l’aveva aiutata in tutti i modi, era come se l’avesse
adottata, anche se era decisamente più grande di lui, aveva colto quanta
solitudine ci fosse dentro quella donna, apparentemente così forte e risoluta.
La stessa solitudine, che aveva provato quando aveva deciso di non nascondere
più la sua omosessualità, era stato isolato da tutti al liceo, poi lentamente
le cose erano cambiate, ma non aveva dimenticato quella sensazione di
devastante vuoto. Forse era quello il motivo che lo spingeva a cercare sempre
uomini più grandi, il suo costante bisogno di sicurezza. Ma l’uomo dal quale
stava tornando non era uguale a quelli a cui era abituato, quello poteva
dominarlo con un solo sguardo, si accorse di tremare mentre premeva di nuovo il
campanello. Il portone si aprì e, entrato nell’ingresso principale, si rese
conto che la porta dell’appartamento era socchiusa. La luce soffusa, ben
diversa da quella che inondava l’appartamento quando l’aveva lasciato, faceva
intravedere la figura di Loran seduto sul divano.
«Regola numero uno. Non
innamorarti di me, io non voglio impegni fissi. Regola numero due. Mi piace il
sesso, non ho nessun limite nel praticare qualsiasi tipo di gioco, ma comando
io, sempre. Regola numero tre. Portati sempre i preservativi, perché senza non
ti scopo. Se ti vanno bene le mie regole, vieni avanti e succhiami l’uccello.»
per la prima volta nella sua vita, John rimase un attimo senza parole e, per
chi lo conosceva bene, questo era un evento universale. Per un secondo pensò
anche di dirgli “grazie, non è quello che cerco”, ma fece l’errore di
avvicinarsi. Loran era completamente nudo sul divano, si stava masturbando
lentamente con le gambe spalancate. Si spogliò senza aggiungere una sola
parola, ritrovandosi di fronte a lui completamente nudo. Loran si beò di quella
visione, quel corpo perfetto, corredato di un carattere sfrontato, gli aveva
fatto venire voglia di piegarlo.
«Vedo che sei piuttosto
eccitato.» gli disse, sfiorandogli la punta del pene con un piede.
«In ginocchio, fammi
vedere cosa sai fare con quelle belle labbra.» John si stava arrabbiando con sé
stesso, dov’erano finite le sue risposte sagaci? Dov’era finita la sua
proverbiale ironia? S’inginocchiò e prese tra le sue mani il grosso membro
pulsante di Loran. Lo succhiò con tutta la passione di cui era capace, ma Loran
non emetteva un suono. Tanto che dopo un po’ allentò il ritmo.
«Tutto…» Loran si spinse
dentro la sua bocca fino in fondo, lo vide lottare contro lo spasmo esofageo
che gli stava provocando, ma notò anche quanto il suo membro stesse bagnandosi
di umore pre coito. Soddisfatto, Loran lo scostò, abbassandosi su di lui, per
catturare quella bocca che l’aveva così ben servito. Loran si alzò continuando
a baciarlo. Poi gli sussurrò:
«Sul divano, voglio un
primo piano del tuo culo.» sarebbe stato scomodo, non era un divano grandissimo
quello, pensò John.
«Perché non andiamo in
camera, invece?» Loran sorrise di sbieco.
«Regola numero due.
Comando io, sempre.» e lo spinse sul divano, sollevandogli le anche per avere
completo accesso al suo culo. John non vide da dove, ma nelle mani di Loran si
materializzò un Plug e, prima che potesse dire qualcosa, quello stesso plug era
dentro al suo culo, vibrando alla massima potenza, urlò come non aveva mai
fatto.
«Ma che cazzo…ahhhhh
oddioooo» Loran gli bloccò l’eiaculazione, stringendo il suo cazzo alla base,
mentre contemporaneamente, estraeva il plug dal suo buchetto.
«Decido io anche questo
baby.» mentre giocava con lui, si era già infilato il preservativo, appena vide
che John aveva ripreso il controllo, gli separò le natiche e scivolò dentro di
lui.
«Lo sapevo, hai un culo favoloso,
senti come mi stringe!» gli disse, mentre lo scopava, alternando il ritmo per
non farlo godere.
«Ohhh ti prego, Loran, ti
prego!» Loran sorrise soddisfatto.
«Vuoi godere? Allora ti
faccio godere.» John tentò di alzarsi, ma un piede di Loran gli schiacciò il
viso sul cuscino, mentre con l’altro si era puntato per spingersi con forza
dentro di lui.
«Godi per me, puttanella.»
John venne copiosamente, sotto le spinte sempre più veloci di Loran, che fece
altrettanto riempiendo il preservativo dentro di lui. Tolse il piede dalla sua
faccia, accompagnando le sue ultime lente spinte, trattenendolo dal bacino.
Erano anni che non si sentiva così preso da qualcuno, e quel ragazzo non lo
aveva deluso affatto. Si sfilò da lui e gettò il preservativo nel cestino della
spazzatura.
«La doccia è la seconda
porta a destra. Se vuoi puoi dormire qui, ci sono due stanze. Non è il caso che
te ne torni a casa, visto che domani dovremo lavorare a stretto contatto.»
l’aveva voluto lui, John lo sapeva che era solo sesso, ma dopo quell’amplesso
incredibile, si sarebbe almeno aspettato un bacio, fece buon viso a cattivo
gioco, ma dovette ammettere con sé stesso, che avrebbe tanto voluto
risvegliarsi con lui.
Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale
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