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domenica 9 giugno 2019


THE SAME PASSION
Capitolo III – Restart
Alzarsi da quel letto non era stato affatto semplice per Riky, essere “fuori allenamento” e avere a che fare con Shogo, non erano due cose che andavano molto d’accordo. Ma non voleva risvegliarsi insieme a lui e guardarlo negli occhi, avrebbe capito quanto gli era piaciuto e temeva che avrebbe voluto rifarlo ancora, però, ciò che temeva di più, era che gli avesse chiesto di rivedersi. Intendiamoci, non che gli sarebbe dispiaciuto, anzi, era proprio quello il problema! Pensare di iniziare nuovamente una relazione era, per lui, un argomento ancora taboo. Iniziarla con una persona che, sia caratterialmente, che fisicamente, gli ricordava Efrem, sarebbe stato come infilare la testa dentro un cappio. Fortunatamente, Shogo, dormiva ancora profondamente. Ci mise almeno mezz’ora, per scrivere quella breve frase sul post-it, trattenne il fiato, mentre lo posava delicatamente sul cuscino al suo fianco. Per non fare il minimo rumore, chiamò il taxi dal parcheggio sotto casa. Mentre il taxi percorreva il tragitto che lo avrebbe riportato a casa, visionò i messaggi che aveva ricevuto. Stefania e Michele gli avevano inviato la buonanotte con un selfie, che li ritraeva sbronzi su una panchina. Michele teneva tra le mani una grossa ciambella che Stefi penetrava, al centro, con un dito, nella didascalia della foto avevano scritto: “Goditela!”, sorrise scuotendo la testa. Martina, invece, gli aveva inviato un selfie di Ettore che dormiva, il quadro sullo sfondo si trovava nella camera di Martina. L’avrebbe chiamata più tardi, doveva chiederle di “gestire” Shogo, per un po’ di tempo, giusto il necessario perché le acque si calmassero. Arrivato a casa, s’infilò velocemente sotto la doccia, dopo un caffè, si mise subito al lavoro, doveva darci dentro quel fine settimana, presentare quel progetto era di vitale importanza per le sue finanze, lo studio che glielo aveva commissionato, non ammetteva ritardi, venerdì mattina, alle nove, doveva essere pronta la presentazione a computer, poi, se glielo avessero accettato, avrebbe dovuto lavorare insieme a un l’interior design che avevano selezionato precedentemente. Altri sei mesi di lavoro assicurati e poi chissà, se fosse diventata una collaborazione fissa, la sua vita poteva diventare un po’ meno complicata. Erano due anni, che non aveva un contratto continuativo con uno studio, da quando lui e Efrem avevano rotto. Era stato inevitabile licenziarsi, il lavoro gliel’aveva trovato lui, nello studio di suo padre, quello studio che, un giorno, avevano sognato di condurre insieme. Sapeva, che se fosse rimasto lì, avere messo la parola fine al loro rapporto non avrebbe avuto un senso compiuto, Efrem, prima o poi, lo avrebbe incastrato di nuovo in quella relazione malata, e lui, non avrebbe avuto la forza di respingerlo. Perciò era fuggito, aveva cambiato casa il giorno in cui lo aveva lasciato, aveva cambiato il numero di telefono, chiuso tutti i suoi account, era ripartito da zero, iniziando a lavorare a chiamata, e solo per studi che sapeva non essere legati a quello di Efrem, il grande “Diamante architettura & design”. Oh, Efrem aveva provato più e più volte a mettere sotto torchio i suoi amici, specialmente Martina, ma tutti avevano “fatto muro”, e anche i suoi tentativi di farli seguire, erano falliti miseramente. Finalmente, dopo due anni, si sentiva al sicuro, probabilmente non lo avrebbe più incontrato. Lavorava già da un paio d’ore, quando il suo telefono suonò.
-       Ti avrei chiamata nel pomeriggio, pensavo avessi bisogno di un po’ di riposo. – le rispose senza darle neppure il tempo di fiatare.
-       Tu non hai idea… ti telefono ora, perché mi ha detto che andava a casa per prendere un cambio, poi ritornava da me! È perfino troppo perfetto per essere vero. Ha detto, che mi aveva notato altre volte, mentre era di passaggio per fare delle verifiche, quella trattoria è solo uno dei locali che gestisce, ne ha altri quattro. Ed è single! Non voglio illudermi ma, accidenti, sarà dura non farlo… - Riky sorrideva, sperava tanto che, almeno per lei, fosse arrivato “quello giusto”.
-       Tira il freno donna, goditela, ma poi verificheremo se tutto ciò che ti ha detto corrisponde a verità. – Martina sapeva che lo avrebbe fatto, anche se lei non avesse voluto, la promessa di proteggersi l’un l’altro, era un caposaldo della loro amicizia.
-       E Shogo, “Asami”, ha fatto onore al suo nickname? – un lungo sospiro fece capire a Martina che qualcosa era andato storto.
-       Se parli dal punto di vista sessuale, con tutta provabilità, è stato, da uno a dieci, un nove pieno. Proprio per questo motivo, ho deciso di non vederlo più. Non voglio avere una relazione puramente fisica, ancora meno mi sento pronto per una relazione sentimentale, tantomeno, con un altro ricco sfondato, ne ho avuto abbastanza. Per questo motivo, per un po’, lo dovrai gestire tu. Gli dirò che ho molto lavoro e che non posso dedicare tempo alle scan, almeno per le prossime tre settimane. – Martina non aveva voglia di imporsi, sapeva benissimo che prenderlo di petto avrebbe sortito l’effetto contrario.
-       Ok. Ma pensaci bene, a me non sembra così male, non tutti i “ricconi” sono come Efrem. Comunque, se preferisci così, uno per tutti e tutti per uno. – Riky ringraziò la sua buona stella, Martina aveva mollato il colpo facilmente.
-       Appena Ettore ti lascia respirare risentiamoci, tranne mercoledì, sono impegnato. – Martina sentì il campanello suonare.
-       Ok, ti lascio. Sembra che Ettore sia già di ritorno. – chiuse la chiamata e si collegò alla chat. Fortunatamente, in quel momento, Shogo non era on-line.
·         Buongiorno, volevo informarti che, per almeno tre settimane, non potrò aiutarti, sono molto impegnato con il lavoro, quello che mi dà da vivere, per intenderci, se hai bisogno, puoi rivolgerti a Martina, anche per pubblicare i capitoli nuovi. Ci sentiamo più avanti. – aggiunse un emoji sorridente e inviò il messaggio, scollegandosi dalla chat.
Shogo, quella mattina, cercò di liberarsi del lavoro in sospeso. Si chiuse nella stanza che aveva adibito a camera oscura, aveva moltissime di foto da sviluppare, oltre ai book da correggere in digitale, uscì dalla stanza che era pomeriggio inoltrato. Prese in mano lo smatphone, Riky gli aveva inviato un messaggio, sorrise sornione, appena lo lesse, quel sorriso si spense, lasciando il posto a un’espressione corrucciata. Non capiva se quella che provava fosse rabbia o delusione, nessuno, fino a quel momento, lo aveva scaricato in quel modo. Si sedette sul divano, chiuse gli occhi, cercando di ricordare ogni momento passato con Riky. Si convinse di non avere fatto nulla per urtarlo, ed era assolutamente certo di non averlo deluso a letto. Per quale motivo lo stava allontanando? Oltretutto, era un bel po’ che un ragazzo non lo faceva eccitare in quel modo, era certo, che se fosse riuscito di nuovo a portarlo a letto, Riky lo avrebbe rincorso, era sempre andata così, lui non era diverso dagli altri. Decise, che il metodo migliore per capirci qualcosa, sarebbe stato cercare di fare sbottonare Martina, si mise subito al lavoro per finire la scan. Il giorno successivo, l’avrebbe mandata a Martina. Come si era prefissato, nel pomeriggio della domenica, dopo essersi sorbito un pranzo noiosissimo con sua madre, inviò la scan a Martina. Notò che Riky non si era più collegato, l’ultimo accesso, risaliva a quando gli aveva inviato il messaggio.
·         Wow wow wow! Ottimo lavoro Shogo! – avrebbe voluto domandarle tante cose, ma non voleva sembrarle invadente, perciò, cercò di portare il discorso dove voleva con tutta calma.
·         Hey, grazie! Tutto bene il resto della serata Martina? – Martina era preparata, era quasi certa che, le domande su Riky, sarebbero piovute da un momento all’altro, ma, per qualche motivo oscuro, Shogo le piaceva, perciò, decise di lasciarlo parlare e vedere dove andava a parare.
·         Ottimamente, grazie. – la frase era troncata, normalmente, alla fine, ci sarebbe stato un “e a voi?”, era certo, che quella mancanza fosse voluta.
·         È stata una serata favolosa, dovremmo ripeterla al più presto, peccato che, per le prossime settimane, Riky sia così occupato… - “eccolo lì!” Martina si prese qualche istante per riflettere sulla risposta.
·         Sarebbe davvero bellissimo ripeterla. – “a te la palla”, pensò Martina. In quel momento, Shogo, capì che, se avesse continuato a provare a raggirarla, non avrebbe ottenuto nulla.
·         Posso essere sincero? – Martina sorrise.
·         Amo le persone sincere e limpide. – forse, aveva trovato la strada giusta, pensò Shogo.
·         Mi piace Riky, mi piace davvero, ma ho la netta sensazione che non abbia la minima intenzione di darmi una possibilità, mi sbaglio? – Martina si prese tutto il suo tempo, prima di rispondere.
·         A costo di sembrarti un padre preoccupato, che intenzioni hai con Riky? – quella frase, anche se, inizialmente, lo fece sorridere, gli rimbombò in testa come un tuono, improvvisamente, si rese conto che non gli era mai successo di “correre” dietro a qualcuno, non ne aveva mai avuto bisogno, perché voleva a tutti i costi che non finisse così?
·         Non ne ho la minima idea, però, mi piacerebbe scoprirlo, se lui mi desse una possibilità. – Martina doveva proteggere prima di tutto Riky, conosceva le sue fragilità, sapeva benissimo che non era pronto a reggere un’altra delusione.
·         Ok, quando ti sarai chiarito le idee, possiamo riparlarne, fino a quel momento, ti consiglio di stargli lontano. – avrebbe voluto chiederle i motivi che la spingevano ad essere così protettiva, ma era sufficientemente intelligente per capire che non lo avrebbe tradito, nemmeno sotto tortura. Anche se non le aveva rivelato nulla, dentro quel silenzio, doveva nascondersi una storia per nulla piacevole.
·         Scusa, se ti ho messo in mezzo. Andrò avanti con la scan. Ci risentiamo tra qualche giorno. – Shogo, provò, per la prima volta nella sua vita, un senso di inquietudine che non riuscì a spiegarsi.
·         Ok. – Martina era delusa, il suo istinto doveva averla tradita, Shogo era interessato solo a riempire il suo carnet?
Chiamò suo padre, si mise d’accordo per andare a giocare a tennis, al club, il giorno dopo. Cercò di levarsi dalla mente Riky, ma, appena appoggiò la testa sul cuscino, il profumo che Riky aveva lasciato, gli inondò i sensi, fece fatica ad addormentarsi. La mattina successiva, andò in agenzia, per consegnare il suo lavoro. Pranzò con uno dei titolari, poi andò allo sporting club. Suo padre era al bar, come al solito, circondato da belle donne che sbavavano su di lui e sui suoi soldi.
-       Finn, prendi una bottiglia d’acqua anche per il tuo povero figlio e smettila di importunare le signore. – il barman, solerte, allungò una bottiglia d’acqua a Finn, che si congedò dalle signore e raggiunse suo figlio.
-       Credo che oggi potrei anche batterti, dall’aspetto che hai, non credo che tu abbia dormito…per più di un paio d’ore? Spero ne sia valsa la pena. - Shogo rise e annuì.
-       Credimi, ne è valsa la pena, purtroppo, non so se si ripeterà. – suo padre si fermò guardandolo con curiosità, conosceva suo figlio, sapeva che non era un tipo da relazioni durature.
-       Sai, a volte, più facile è la preda, più difficile diventa la cattura. – Shogo lo guardò perplesso, suo padre gli mise la mano sulla spalla, guidandolo verso i campi da tennis.
-       Andiamo a giocare, il tennis aiuta la concentrazione, mi sembra che tu ne abbia bisogno per chiarirti le idee. – Finn non parlava molto, era un uomo d’azione, gli affari erano la sua passione, ma, l’espressione che aveva notato negli occhi di suo figlio, l’aveva riconosciuta, l’aveva vista un paio di volte su sé stesso, guardandosi allo specchio. Giocarono un paio di partite, quel giorno, effettivamente, Finn si sentì un leone, distruggere suo figlio a tennis, non era cosa da poco, farlo due volte di seguito, non sarebbe capitato mai più. Shogo, persa la seconda partita, scagliò violentemente la sua preziosa racchetta a terra che, solo per miracolo, non si spaccò in due. Andarono negli spogliatoi, Shogo rimase sotto la doccia un tempo interminabile, ma, quando ne uscì, il suo umore, invece di migliorare, era peggiorato.
-       Domenica prossima, tua madre ti vuole a cena da noi. Non dirmi di no, altrimenti la mia vita diventerà un inferno. – Shogo si infilò la maglia sedendosi accanto a suo padre, per mettersi le scarpe.
-       Dille che ci sarò. – si salutarono nel parcheggio, Shogo non aveva la minima intenzione di ritornare a casa. Quello di cui aveva veramente bisogno era, bere, rimorchiare un bel ragazzo e portarselo a casa. Il tennis, non era riuscito a togliergli quell’inquietudine che provava da quando aveva parlato con Martina, forse, una bella scopata poteva essere la soluzione. Si diresse nel suo bar preferito, era un bar frequentato da molti modelli con cui aveva lavorato, il suo “pollaio” personale.
-       Uno Scotch, liscio, Francesco. – si era seduto al bancone, era il punto da dove avrebbe ottenuto la miglior panoramica sulla fauna che popolava il bar quella sera e Francesco, lo avrebbe sicuramente aiutato a scegliere.
-       Il tuo Scotch. Cerchi qualcuno in particolare? – no, non cercava qualcuno in particolare, bastava che gli piacesse, almeno a sufficienza, per poterlo scopare duro.
-       Carne fresca? – Francesco si appoggiò al bancone, indicandogli un tavolo, pieno di ragazzi.
-       Sono i nuovi acquisti dell’agenzia “Nouveau Soleil”, quello seduto al centro, tra i due biondini, mi sembra il più interessante, se non trovi nessuno, io stasera sono libero. – gli fece l’occhiolino, erano anni, che provava a farsi portare a letto da Shogo, ma c’era sempre qualche bel ragazzo di mezzo, e fino a quel momento, non c’era ancora riuscito.
-       Manda da bere al tavolo, e fai in modo che il moretto sappia chi sono. – Francesco sussurrò “peccato”, e si diresse mestamente al tavolo, dove si trovavano i ragazzi con una bottiglia di champagne in ghiaccio. Il ragazzo dai capelli scuri alzò la coppa verso di lui, Shogo, con il suo sorriso migliore, ricambiò. Pochi minuti dopo, il ragazzo lo raggiunse al bancone.
-       Ciao, tu sei davvero Doyle? Ho visto le tue foto su G.Q., le ho adorate! Io mi chiamo Mimmo. – “Mimmo, stasera farò un bel primo piano al tuo splendido culetto” pensò Shogo, mentre gli stringeva la mano.
-       Sono davvero io. Mi fa piacere che tu conosca il mio lavoro. – parlarono ancora per un paio di minuti, Shogo era prossimo alla noia più profonda, gli mise una mano su una coscia avvicinandosi al suo viso.
-       Sono stanco di stare qua dentro, ti va di venire a casa mia? – Mimmo buttò giù d’un fiato il bicchiere che aveva in mano, chiese un minuto a Shogo, andò a congedarsi dai suoi amici e lo seguì alla macchina. Mimmo continuò a parlare, senza sosta, per tutto il tragitto, non smise neppure un minuto.
-       Se vuoi fare una doccia, il bagno è di fronte a te, quella porta scorrevole. – Shogo andò, a sua volta, nell’altro bagno, finalmente, le sue orecchie potevano riposare. Quando uscì dal bagno, lo trovò già disteso sul letto, completamente nudo. Prima che ricominciasse a parlare, gli piombò addosso. Era indubbiamente bello, aveva la carnagione scura, i suoi capezzoli erano larghi e il suo corpo asciutto e muscoloso, così diverso da Riky, il pensiero gli attraversò la mente, piantandosi direttamente nel suo stomaco. Si stese sul letto, prono, e spinse la testa di Mimmo verso il suo pene. Mimmo iniziò a succhiarglielo, ma, più si dava da fare, meno il suo uccello reagiva. Provò ancora per un po’, senza ottenere alcun risultato. Stanco di darsi da fare, si mise in ginocchio sul letto.
-       Cos’è, non ti piaccio? – Mimmo era indispettito, la sua voce era stridula e fastidiosa.
-       No, scusa, ho avuto una giornata infernale, credo di essere allo stremo delle mie forze. – Mimmo si rivestì in fretta e chiamò un taxi. Shogo prese un biglietto da visita dell’agenzia per cui lavorava e glielo porse.
-       Chiamali, dagli il mio nome nelle referenze. – Mimmo tornò immediatamente di ottimo umore.
-       Ma… questa è la “Best Model Tomorrow”! – lo accompagnò alla porta, lieto che si togliesse dai piedi. Andò in cucina, aveva bisogno di caffeina. Non gli era mai successo, mai. Se solo al posto di Mimmo ci fosse stato Riky. Chiuse gli occhi. il solo pensiero di stringerlo tra le braccia, e si ritrovò con una potente erezione tra le mani. Iniziò a toccarsi, fantasticando su Riky… prendere i suoi capelli tra le mani assecondando i movimenti della sua testa, mentre le sue labbra, morbide e carnose, gli avvolgevano completamente l’uccello, sentire la sua bocca calda prenderlo fino in gola, e la sua lingua… non riuscì a finire il pensiero, un fiotto caldo gli invase il torace. Andò in bagno per pulirsi, ancora ansimante, si appoggiò, sorreggendosi con le mani e le braccia tese, sul lavabo. Alzò gli occhi, guardandosi allo specchio. “Hudson, abbiamo un problema.”, Riky gli era entrato nel sangue, non capiva perché, ma era così. Doveva parlare con lui, voleva vederlo, conoscerlo, non solo dentro al suo letto, questo significava che fosse pronto per qualcosa di diverso? Era davvero pronto per affrontare una relazione? Poteva essere che lui si fosse… innamorato di Riky?
Riky finalmente era riuscito a procedere con il progetto, gli mancavano solo due disegni, poi avrebbe potuto preparate la presentazione a computer. Erano ormai le dieci, i suoi occhi si rifiutavano di andare oltre, decise di fare una doccia veloce, se fosse riuscito a rimettersi in sesto per poter lavorare almeno un'altra ora, sarebbe stato il massimo, ma quando ne uscì, si rese conto che non era servita a nulla. Si arrese, prese lo smartphone e lo mise sotto carica sul comodino. Si rigirò nel letto per un’ora, era così stanco, da non riuscire ad addormentarsi. Quando, finalmente, verso mezzanotte, stava per scivolare tra le braccia di Morfeo, il suono acuto di un messaggio gli fece spalancare gli occhi. – “MALEDIZIONE!”. Si girò verso il comodino e prese in mano l’apparecchio con rabbia, era Shogo.
·         Perdonami, lo so che sei molto occupato, ma… potresti trovare mezz’ora per parlare con me? – “MALEDIZIONE!”, aveva sperato con tutto il cuore che avesse accettato il fatto che, quella notte, non si sarebbe ripetuta. Evidentemente, non era stato abbastanza chiaro. Oltre a questo, il solo pensiero di guardarlo negli occhi, dopo una notte di passione, come quella che avevano condiviso, lo turbava, e non poco.
·         Stavo per dormire. Non ho tempo, te lo avevo già detto. – “se pensi che basti essere sgradevole per farmi desistere, non sai con chi hai a che fare” Shogo era preparato, immaginava che si sarebbe indispettito.
·         Parliamo, ora, o domani sera, il tempo di un caffè, non lo prendi il caffè mentre lavori? Possiamo parlare mentre lavori, se preferisci… - “il “no” non è incluso nel suo vocabolario, evidentemente”, la gif con “il gatto con gli stivali”, versione occhi acquosi, comparì sullo schermo, strappandogli un sorriso.
·         Domani sera ho un impegno. – Shogo era determinano a non lasciargli scampo.
·         A che ora? – Riky scosse la testa.
·         Alle nove devo trovarmi in un posto. – “vedremo se domani sera avrai la forza per andarci…” Shogo doveva solo trovare il suo indirizzo e intercettarlo prima che uscisse di casa, avrebbe chiamato Marina, era sicuro che sarebbe riuscito a convincerla, anche se, sarebbe stato costretto ad ammettere che provava qualcosa di più che attrazione, nei suoi confronti.
·         Ok, appena ti liberi, se puoi, chiamami, d’accordo? – “come no!”, era riuscito a farlo desistere, pensava peggio. Rimise lo smartphone sul comodino e si impegnò a riaddormentarsi, il viso di Shogo riecheggiava nei suoi ricordi, fu ancora più difficile prendere sonno.
Passò tutta la giornata a completare i disegni, le mani gli facevano un male infernale, ma prima di sera erano finiti e perfetti. Gli restava un giorno intero, per preparare la presentazione, venerdì avrebbe fatto un figurone. Il suo umore era alle stelle, alle venti e trenta era pronto per uscire. Prese le chiavi e aprì la porta, di fronte a sé, apparve Shogo.
-       Sorpresa. – “oddio, come cavolo ha fatto!”, lo fissò dritto negli occhi, il suo cuore iniziò a scalpitare.
-       Sto uscendo, vedi? – “sicuro?”. Shogo, senza dire una parola, iniziò ad avvicinarsi. Riky per istinto arretrò, ritrovandosi nell’atrio di casa sua, fu un attimo, ritrovarsi attaccato al muro, con Shogo appoggiato a lui. Shogo, lentamente, avvicinò le sue labbra, ma Riky voltò la faccia dall’altra parte. Per tutta risposta, Shogo, si gettò nell’incavo del collo, iniziando a baciarlo e succhiarlo avidamente. Tornò a cercare le sue labbra e le trovò, calde, morbide, esattamente come le ricordava. Il dolore all’inguine che ne seguì, fu sorprendente.
-       Che cazzo! – Shogo era piegato su sé stesso, cercando di ritrovare il respiro.
-       COSA PENSI DI OTTENERE DA ME, COMPORTANDOTI COME SE IO FOSSI UN OGGETTO! TI HO DETTO CHE HO UN IMPEGNO! STRONZO! – Riky era piegato su di lui, gli urlava in un orecchio.
-       Sei solo un ricco ragazzo viziato, abituato ad ottenere tutto quello che vuoi con un solo schioccare di dita, vero? Mi spiace, non mi interessano i tipi come te. – Shogo non riusciva a parlare, il dolore lo devastava ancora, si sforzò a fare uscire la voce.
-       Non posso negare di essere sempre stato quel tipo di persona, ma… se sono qui, è perché tu mi piaci, mi piaci davvero, anche se, d’ora in poi, non credo che potrò usare più il mio uccello, grazie a te. – lo aveva aggredito, gli aveva detto che non lo voleva e la sua risposta era stata: “mi piaci davvero”. Questa volta era Riky a sentirsi confuso. Andò in cucina e gli portò un bicchiere d’acqua.
-       Prendi, bevi. – Shogo sorseggiò l’acqua.
-       Voglio conoscerti, lo voglio davvero. – “sicuro, adesso ti sistemo io, figlio di papà”, sarebbe stato interessante, osservare la sua reazione.
-       Bene, vuoi conoscermi? Vieni con me, abbiamo sempre bisogno di due mani in più. – Shogo lo seguì come un cagnolino, ovunque lo avesse portato, la cosa importante era che gli aveva lasciato un fianco scoperto, e lui, da buon giocatore, ne avrebbe fatto buon uso.
-       Quella è la tua auto? Un Suv Maserati, non mi dire!? Meglio che prendiamo la mia, nel posto dove andremo, rischiamo di ritrovarla smontata nel parcheggio, al nostro ritorno. – Shogo salì sulla Citroën C3 scassatissima di Riky, sempre più curioso sulla loro destinazione.
-       Tira giù il finestrino, l’aria condizionata non funziona più da un pezzo, in quest’auto. – ci vollero venti minuti, parcheggiarono davanti a un centro notturno per senzatetto, “La casa del sorriso”.
-       Eccoci arrivati, spero che tu non tenga molto alla roba che porti addosso, spesso è da buttare, dopo che hai lavorato qui per una notte intera. – a questo punto, pensava Riky, avrebbe dovuto chiamare un taxi e andarsene, invece, senza dire una parola, uscì dall’auto e si incamminarono verso l’entrata.
-       Come posso rendermi utile? – Riky stava pensando quanto poteva essere cattivo.
-       Sai fare il cameriere? – Shogo alzò un sopracciglio.
-       Credo di potermela cavare. – entrarono in un enorme stanzone. Era pieno di tavoli ancora vuoti, ma Riky sapeva, che di lì a poco, si sarebbe riempito di gente e di odori sgradevoli.
-       RICCARDO! – una donna enorme raggiunse Riccardo strapazzandolo in un abbraccio.
-       SISSI! Da quanto tempo… stai così bene da riuscire a riprendere le redini di questo posto? – Riky si era appoggiato a un tavolo, e li osservava.
-       So vendere a caro prezzo la mia pellaccia, e il tuo amico? – Riky glielo presentò.
-       GIOVANNA! VIENI QUA CHE STASERA HAI UN BEL RAGAZZO CHE TI DA UNA MANO! – una ragazzina, che sembrava uscita dal mondo delle favole, spuntò dalla cucina e li raggiunse.
-       Lo lascio nelle tue mani, spiegagli come funziona, che io e Riky iniziamo a scaldare la roba. – Giovanna ebbe appena il tempo per istruire Shogo, che la mensa iniziò a riempirsi, la puzza, in pochi minuti, invase il locale. Unita agli odori della cucina era davvero insopportabile per un neofita. Ogni tanto, Riky alzava lo sguardo, Shogo stava resistendo a ogni tipo di sollecitazione, ubriachi che vomitavano, persone che non vedevano acqua da settimane, anziani che urlavano, nulla lo scalfiva, almeno apparentemente. Verso mezzanotte, dopo avere pulito tutto, erano pronti ad andarsene. L’aria fresca e profumata, fuori della mensa, fu un toccasana per entrambi. Riky si mise a sedere su un muretto, vicino la macchina, e si accese una sigaretta.
-       Mi hai stupito. Non credevo che saresti neppure entrato, invece… - era riuscito ad attirare la sua attenzione, forse, non era così male come aveva pensato. – anche tu mi piaci Shogo, non ho mai fatto sesso occasionale, tu sei stato il primo, dovevo provare una cosa a me stesso… - Shogo, sentiva che quel momento era in qualche modo “magico”, cercava le parole giuste per evitare che Riky si chiudesse di nuovo in sé stesso.
-       E… ci sei riuscito? – Riky lo guardò con una strana espressione sul volto.
-       Sinceramente? Non lo so… - rise istericamente, si alzarono e lentamente salirono in macchina.
-       Possiamo iniziare a frequentarci, ma decido io quando. Non mi saltare addosso, non fino a quando io ti darò il permesso. – Shogo sorrise, non si era mai sentito tanto felice in vita sua. Si misero d’accordo che si sarebbero visti quello stesso sabato, cinema e cena.
Il giorno dopo, Riky completò il lavoro, chattò per un’oretta con Shogo e andò a dormire presto, era necessario che si sentisse al top, per dare il meglio durante la presentazione. Dopo essersi svegliato, scelse il suo spezzato blu notte, i capelli li aveva legati dietro, con un elastico tenuto un po’ largo, si rimirò nello specchio, trovandosi irresistibile. Si fece un selfie e lo inviò a Shogo, nella didascalia della foto di getto scrisse: “questo pezzo di maschio, un giorno potrebbe essere tuo…”, seguito da una serie di emoji che piangevano dalle risate. Shogo gli rispose con una gif lasciva, che raffigurava un ragazzo nel momento dell’orgasmo, nella didascalia aveva scritto: “io, che penso a quel momento…”, ma non aveva messo emoji che ridevano. Riky arrossì. Poi aggiunse, “in bocca al lupo, falli secchi!”. Riky arrivò allo studio con largo anticipo, poco dopo arrivarono i titolari dello studio e i committenti del lavoro. Alla fine della presentazione ricevette persino gli applausi del committente. Mentre parlavano informalmente dei dettagli del lavoro, che ormai aveva capito di essersi assicurato, una segretaria entrò.
-       Dottor Vari, il Dottor Bardi è arrivato. – Quella frase perforò le orecchie di Riky come un siluro, “Riky, calmati. Non è l’unico a portare quel cognome.” Ma in cuor suo, sapeva bene che, le provabilità che esistesse un altro Bardi, che di mestiere faceva l’interior design, erano davvero minime. Efrem entrò nella stanza.
-       Dottor Lampis, le presento il Dottor Bardi, lavorerete insieme al progetto. – lo sguardo di Efrem lo attraversò, quello speciale sguardo, che era riservato solo a lui, e che aveva sperato di non rivedere mai più.
-       Ho già avuto l’onore di lavorare con il Dottor Lampis, è una vera gioia ritrovarlo… finalmente… - fu come se una slavina gli rovinasse addosso, tutto quello che aveva cercato di dimenticare stava passando davanti ai suoi occhi, come se la sola vista di quell’uomo glielo stesse proiettando. Mentre, come un automa, allungava la sua mano verso di lui, la stanza iniziò a girare sopra e sotto la sua testa, poi, il buio…


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5 commenti:

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  2. storia molto molto bella,mi piace Shogo❤ e adoro il caratterino che ha dimostrato Riccardo 😍💘 non vedo l'ora che posti il 4° capitolo

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  3. Hanno ragione quando dicono "rosso maledetto". Finita anche la quarta parte. Mi piace tantissimo. Devi pubblicarlo. Sai tenere l'attenzione e i dialoghi sono dinamici, così come i pensieri che li accompagnano e li sottolineano. Brava!

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  4. Bello bello bello,Shogo mi fa impazzire ma Riky mi fa morire come gli tiene testa!!!!!

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