OBLIVION
La storia
di Javier & Eloy
Capitolo 2
«Hey! Dov’eri finito?! Pensavo fossi stato
inghiottito dalla folla… ma è successo qualcosa?» tutto, era appena successo
tutto. Ma, l’unica cosa che riuscì a fare Eloy, fu quella di voltarsi verso l’angolo
dietro di lui e vomitare anche l’anima.
«Oh porca vacca!» Bruno si alzò di scatto andando da
lui.
«Vieni, usciamo, hai bisogno di prendere aria.» lo
trascinò di peso fuori dal locale, facendolo sedere sopra uno scalino, poco
distante dall’entrata del locale.
«Hai decisamente bevuto troppo…» “magari fosse così”,
pensò Eloy.
«Sì, dev’essere così, ti dispiacerebbe accompagnarmi
a casa? Oppure chiamarmi un taxi…?» Bruno lo aiutò ad alzarsi, avviandosi, insieme
a lui, verso l’auto.
«Secondo te potrei mai lasciarti andare in giro da
solo, in queste condizioni?» Dio quanto avrebbe voluto rimanere solo, aveva
bisogno di mettere ordine nei suoi pensieri, aveva bisogno di capire cosa fosse
successo.
Javier invece, quando era rimasto solo, aveva
provato, per la prima volta nella sua vita, un senso di potenza e appagamento come
mai prima di allora. Si domandava se fosse quella, la sensazione che si provava
a mordere qualcuno, anche se quello morso era stato lui. Quel piccolo morso, lo
sguardo di sfida di quel ragazzo, la certezza che se solo avesse dato libero
sfogo ai suoi feromoni l’avrebbe catturato e mangiato in un solo boccone, gli
avevano dato una carica adrenalinica pazzesca. Un lupo, ecco come si sentiva,
un lupo che cacciava un cerbiatto.
Ma la luce del giorno gli schiarì le idee, lui non sapeva
se era pronto per una relazione, e ancora meno per una relazione che partiva in
salita come quella. Non si era mai interessato più di tanto a conoscere le
problematiche delle coppie Tao/Omicron, ma quel poco che aveva letto, bastava a
fargli passare la voglia di provarci. A questo si aggiungeva il fatto, non meno
importante, che suo fratello era innamorato perdutamente del professorino e,
anche se non aveva la minima speranza di poterci combinare qualcosa, non voleva
certo farsi odiare da Marcos soffiandoglielo da sotto il naso. Perciò, da quel
momento, s’impose di non pensarci più e riprendere la sua vita di sempre.
Eloy finalmente avrebbe potuto dormire fino a tardi,
non aveva neppure messo la sveglia, nessuno lo avrebbe disturbato, avrebbe
dormito fino a che ne avesse avuto voglia e avrebbe dedicato tutto il resto
della giornata a bighellonare per casa, tra il divano, il letto e le peggiori
schifezze da mangiare. Ma, alle nove di mattina, il telefono si mise a
squillare senza tregua e non poté ignorarlo.
«Sì…» dall’altra parte gli rispose una voce che gli
parve stranamente famigliare.
«Eloy Blanco?» “il professor Blanco è in ferie!”, si
chiese chi potesse essere, ma non gli venne in mente nulla.
«Sì, sono io, chi parla?» sentì in sottofondo un
brusio di voci, come se quella persona si trovasse in un luogo affollato.
«Sono la madre di Isabel, Isabel Mendez.» certo che
si ricordava. Era una delle sue alunne preferite, quando ancora insegnava alla
Academia Santa Barbara, erano rimasti in contatto, non si sentivano da un paio
di settimane.
«Salve signora Mendez! Come sta Isabel?» si
domandava perché lo stesse chiamando.
«Mi perdoni se la disturbo, ma sono disperata e non
so a chi altri rivolgermi. Avrei bisogno di chiederle un grande favore.» non
aveva la più pallida idea di quale favore volesse chiedergli.
«Mi dica…» sentiva dal tono della voce, che la
signora era molto agitata.
«Isabel è stata assalita dal un suo professore,
abbiamo sporto denuncia, ma lei non vuole andare a parlare con l’avvocato,
forse se l’accompagnasse… ha sempre avuto una fiducia immensa in lei…» ora era
completamente sveglio e molto, molto arrabbiato. Come era potuto accadere?! Non
potevano esserci insegnanti Alpha alla Santa Barbara!
«La ringrazio della fiducia, ma come è potuto accade-»
la madre di Isabel lo interruppe bruscamente.
«Ha mentito, ha mentito per poter insegnare dentro
quella scuola, e quando Isabel è entrata in calore erano soli...» stava già
preparandosi, mentre ascoltava quella storia raccapricciante. Certo che
l’avrebbe aiutata!
«Ci aiuterà?» sapeva benissimo dove abitavano. Chi
poteva avere fatto del male a quella ragazzina stupenda!
«Sarò a casa vostra tra una mezz’ora.» la madre di Isabel
sospirò rumorosamente.
«Grazie professore, la aspetterò davanti al portone.»
quello che doveva essere il suo primo giorno di vacanza si sarebbe trasformato
in una giornata che non avrebbe dimenticato facilmente.
«A che ora arriva?» lo aveva già chiesto a sua madre,
ora stava ripetendo la medesima domanda a suo padre, che si era seduto a fare
colazione in quel momento.
«Chi deve arrivare? Una tua “amichetta”?» Javier si
era materializzato alle sue spalle.
«Che miracolo! Tutta la famiglia riunita a fare
colazione!» sua madre, avrebbe voluto che succedesse più spesso.
«Javier! Ha, tu non lo sai! Oggi viene a trovarci
nostro cugino dall’Irlanda!» erano anni che non vedeva quel ramo della famiglia,
non aveva particolarmente voglia di ricevere visite, in quel momento.
«Che bello!» gli scompigliò i capelli mettendosi a
sedere. Si versò una generosa tazza di caffè.
«Vai in tribunale oggi?» non aveva cause pendenti
fino alla settimana successiva, sarebbe andato in studio più tardi, per lo meno,
era quello che aveva deciso di fare, questo prima di sapere che, di lì a poco, avrebbero
ricevuto visite.
«Devo sentire dei testimoni per la causa Mendez
contro Moreno, è un caso difficile. Isabel Mendez è minorenne e Ciro Moreno è
un uomo di quarant’anni, non mi è ancora chiaro cosa sia successo, Isabel è il
cliente più reticente che abbia mai avuto, se non si decide a raccontarmi cosa sia
realmente accaduto, non penso che riuscirò a portare la causa in tribunale…»
suo padre non lo aveva mai visto così in difficoltà.
«Lo sai chi è il difensore di Moreno?» non aveva
avuto ancora il tempo di verificarlo, era troppo preso a organizzare gli
interrogatori dei testimoni.
«No, ma non mi interessa più di tanto…» suo padre
storse il naso.
«Dovrebbe… Blanco è il più temibile in questo tipo
di cause…» Blanco, quel cognome in quel momento non gli ricordava certo il
vecchio avvocato.
«Vorrà dire che dovrò preparare la ragazza a
ricevere le peggiori accuse della sua vita, spero che abbia sufficiente
carattere per resistere…» finì di bere l’ultimo sorso del suo caffè, mentre già
si stava alzando.
«Vado a fare un po’ di telefonate dal mio studio,
alle 10 ho il primo testimone da ascoltare e, se sua madre riesce a
convincerla, nel pomeriggio mi incontrerò con Isabel.» la ferita sul labbro gli
dava fastidio, ma allo stesso modo, ogni volta che la sfiorava con la lingua,
gli faceva venire in mente ciò che aveva provato, e questo bastava a distrarlo
e a infastidirlo.
«Isabel, apri la porta, sono Eloy, per favore…
vorrei parlare con te…» era ormai al terzo tentativo e, se non avesse saputo
che, dietro la porta di quella stanza, c’era qualcuno, avrebbe scommesso che
fosse vuota, tanto era il silenzio. In quel silenzio assordante, la chiave che
girava nella toppa, fu un suono inaspettato. Eloy aprì la porta e entrò,
richiudendola dietro di sé. Isabel era seduta in un angolo della stanza, le
tende erano tirate, la poca luce che filtrava, non gli permetteva di vedere a
sufficienza, ma gli sembrava che la stanza non fosse nelle migliori condizioni.
«Hey… non è un po’ buio qua dentro?!» avrebbe voluto
abbracciarla forte, dirle che andava tutto bene, ma non era così, le avevano
rubato la cosa più preziosa che aveva… le avevano rubato la possibilità di
scegliere, le avevano tolto la libertà.
«Era il tuo sostituto, era bravo sai? Non quanto te,
ma era bravo… ed era simpatico, come te… forse è stato questo che mi ha fatto
confidare in lui… ma lui non era te… non dovevi andartene Blanco, maledizione!»
Eloy prese la sedia che si trovava appoggiata al muro e si avvicinò a lei,
quelle parole lo avevano ferito, anche se sapeva di non doversene fare una
colpa, la sua empatia glielo impediva, sentiva il suo dolore crescergli dentro,
come se avesse subito lui stesso la violenza.
«Isabel, non posso tornare indietro, e non posso
cancellare quello che ti hanno fatto, ma, insieme possiamo fargliela pagare, però
tu devi collaborare, devi andare a parlare con l’avvocato. Se lo farai, ti
prometto che sarò al tuo fianco, fino al processo.» Isabel si alzò e si portò
di fronte a lui. Era molto provata, sul suo viso, i segni delle notti insonni, erano
evidenti e, dal suo stesso portamento, si intuiva il peso che stava portando.
«Devi giurarmelo, giura che non mi lascerai sola e
io combatterò!» ecco, ora la riconosceva, quella piccola guerriera che aveva
“allevato” con tanta cura per tre anni.
«Ti ho mai delusa? A parte quando sono andato via
dalla Santa Barbara?» inaspettatamente Isabel gli gettò le braccia al collo.
«Mi manchi così tanto!» anche a lui mancavano le sue
alunne, anche se, la scelta di andare a insegnare in una scuola per soli Alpha,
era stata una sfida che aveva vinto, gli mancavano le giornate tranquille
insieme alle sue ragazze.
«Hey… non fare cose inappropriate con il tuo ex professore.»
le disse, scostandola dolcemente.
«Non ti sarai trasformato in un Alpha anche tu?!»
scoppiarono a ridere.
«Ci mancherebbe solo questo! Mi basta starci in
mezzo tutti i giorni! Ora vai a farti una doccia e vestiti, ti aspetto in
cucina, ti preparo qualcosa da mangiare, facciamo quattro chiacchiere e poi
andiamo dal tuo avvocato, ok?» Isabel annuì e Eloy uscì dalla stanza andando in
cucina, per mettere in pratica ciò che le aveva detto.
La madre di Isabel era andata al lavoro, alle tre
del pomeriggio, sarebbe tornata a casa per accompagnare entrambi dall’avvocato.
Quando arrivò, si commosse, vedendo sua figlia di un umore completamente
diverso, maledicendosi per non avere pensato prima a Eloy, sapeva quanto era
legata al suo professore, anche se non si sentivano spesso, si erano mantenuti
in contatto e, quando aveva lasciato il Santa Barbara, sua figlia era rimasta
giorni e giorni a disperarsi. Anche l’avvocato Romero si era stupito che Isabel
si fosse finalmente convinta ad andare a parlare con lui.
Plaza Doctor Balmiz era sempre una bellissima visione,
la madre di Isabel li lasciò davanti al portone dello studio, e fu in quel
preciso momento che Eloy realizzò che, l’avvocato di Isabel era Romero.
«Isabel sai, questo è il padre di uno dei miei
alunni…» il portone si aprì.
«Non pensavo fosse sposato, l’avvocato Javier…» ciò
che temeva, era uscito dalla bocca di Isabel, lo stava per rivedere,
istintivamente toccò la tasca dei suoi pantaloni, i soppressori erano lì. La
segretaria li fece accomodare in un salottino, offrendo loro da bere.
«Blanco, tutto bene?» Eloy era teso come una corda
di violino, odiava trovarsi in situazioni che non aveva previsto, decisamente
era un maniaco dell’ordine.
«Lo chiedi a me? Tu, piuttosto, sei anche troppo calma…»
la segretaria si affacciò, comunicando loro che l’avvocato li stava aspettando.
Isabel entrò nell’ufficio con passo sicuro e il sorriso sulle labbra, avere al
suo fianco Eloy la rendeva più forte. Javier le andò incontro, sfoderando uno
dei suoi sorrisi Alpha irresistibili che si oscurò, appena vide dietro di lei
Eloy.
«Vedo che sei venuta in compagnia. Una compagnia
inattesa e decisamente inappropriata.» non offrì a Eloy neppure una stretta di
mano.
«Mi scusi?!» Eloy era già sul piede di guerra, era
incredibile quanto quell’uomo riuscisse a farlo infuriare appena apriva bocca,
e quanto, quella stessa bocca, lo avesse reso plastilina nelle sue mani!
«Prego, accomodatevi. Dicevo, Professor Blanco, che
non mi sembra il caso che, il figlio del mio antagonista in questa causa,
assista a questa chiacchierata, non sarebbe una cosa corretta nei confronti
della mia assistita.» quanto avrebbe voluto gridare in quel momento, ma non
voleva sembrare isterico, non davanti a “mister ghiaccio bollente”.
«Precisiamo un paio di cose, avvocato Romero. Prima
di tutto, i rapporti con mio padre non sono così assidui, visto che ci vediamo
all’incirca un paio di volte l’anno. Seconda cosa, la mia presenza è stata
richiesta espressamente dalla signorina Isabel, che non mi permetterei mai di
tradire, in nessun modo! Comunque, se lo ritiene necessario, sono pronto a
firmare un patto di non divulgazione.» Isabel intervenne, prima che Romero
potesse ribattere.
«Avvocato, se sono qui oggi è perché Blanco mi ha
convinto che questa fosse la cosa giusta da fare, la prego di considerare il
professore come uno di famiglia, ha la mia fiducia totale.» Javier alzò le mani
in segno di resa.
«D’accordo, ma, Isabel, un documento di non
divulgazione lo farò redigere ugualmente, a mia e sua tutela, è necessario.»
Eloy si appoggiò allo schienale, sentendosi un po’ vincitore.
«Ho letto le carte, i referti dell’ospedale e questa
mattina, ho finito di sentire i testimoni dell’accusa. Ora ho bisogno che si
concentri e che mi racconti tutto, nei minimi particolari, Isabel. Lo so che è
difficile, pensi a me come a un confessore, più dettagli mi darà, più io sarò
in grado di difenderla al meglio.» Isabel si stava muovendo a disagio sulla
sedia. Eloy le sorrise, annuendo.
«Insieme al Professor Blanco, abbiamo scritto tutto
in questo foglio, di più non ricordo. Trovo che sia più semplice per me, che
raccontarle tutto a parole.» Romero strinse gli occhi, prese il foglio e lo
lesse con tutta calma.
«Testimonianza precisa. Non potevo chiedere di
meglio.» appoggiò il foglio sulla scrivania e, lentamente, si alzò, dando loro
le spalle. Per qualche secondo, si perse guardando la piazza.
«Signorina Mendez…» si voltò, guardandola dritta
negli occhi. «Quanti anni ha?» Isabel alzò un sopracciglio.
«Ne compio 17 il mese prossimo.» giocherellando con
una matita tra le mani, Javier si mise a camminare su e giù per la stanza.
«E… desumo che, questo non fosse il primo calore che
affrontava...» Isabel era confusa, ma rispose.
«Credo fosse il terzo, perché?» Javier, non aveva
nessuna intenzione di rispondere, a nessuna delle sue domande. Con la coda
dell’occhio, continuava, incessantemente, a osservare Eloy, era più forte di
lui, quel ragazzo era una calamita.
«Per quale motivo non aveva con sé i suoi
soppressori?» Isabel, ora, era un po’ spaventata, non capiva il perché di tutte
queste domande e soprattutto il tono con il quale gliele faceva.
«Avevo cambiato la borsa, è forse un delitto?»
Javier non si scompose. Notò immediatamente che Eloy, aveva cambiato
espressione e lo guardava con attenzione.
«E lei, consapevole di poter entrare in calore,
senza avere soppressori con sé, è rimasta chiusa, da sola, con un uomo, in una
stanza? Com’era vestita quel giorno?» Isabel, si sentì improvvisamente messa
sotto accusa, il suo cuore, iniziò a battere più velocemente.
«A-avevo una camicia bianca e la gonna…» Javier,
aggirò la scrivania, appoggiandosi proprio di fronte a Isabel. Il suo sguardo
era penetrante, l’espressione con cui guardava Isabel, incuteva timore. Eloy
era evidentemente nervoso e pronto a scattare, nella mente di Javier, si
materializzò l’immagine di loro due che lottavano in un corpo a corpo, finendo
per fare tutt’altro.
«Aveva i tacchi alti? Si era truccata e profumata,
era innamorata del bel professor Moreno? È un bell’uomo, single…» Eloy, che
fino a quel momento si era trattenuto, appena vide la prima lacrima spuntare
dagli occhi di Isabel, non ce la fece più. Si alzò e la prese per mano,
trascinandola verso la porta.
«COME SI PERMETTE! È lei la vittima! Che razza di
avvocato è lei?!» Javier non mosse un passo, la sua espressione rimase glaciale.
Mai, nella sua vita, gli era capitato di conoscere un Omega così combattivo e
pieno di orgoglio. Si stupì, nel pensare che, sarebbe stato bellissimo, averlo
alla sua mercé.
«Se siete sconvolti da quello che è appena accaduto,
meglio che lasciamo perdere la causa. Quando, al mio posto, ci sarà suo padre,
Professor Blanco, queste domande le sembreranno quelle di una scolaretta.
Scaverà nella vita di Isabel come un cane da tartufo, troverà ogni ragazzo con
il quale ha avuto anche un piccolo, singolo, bacio. Scoprirà che tipo di
soppressori prende, produrrà ogni singola foto che ritrae Isabel in posizioni,
o in luoghi, non consoni. Se non regge queste mie piccole, insignificanti,
domande provocatorie, abbiamo perso in partenza.» Eloy si bloccò con la mano
sulla maniglia della porta, che figura di merda che aveva appena fatto. Aveva
ragione Javier, sapeva il fatto suo. Si girò, il suo sguardo vagò sul corpo di
quel bellissimo esemplare di maschio Alpha, era imponente e, anche se in quel
momento non sprigionava feromoni, avrebbe fatto girare la testa a chiunque.
«Isabel, è necessario, pensi di potercela fare?»
Isabel ritornò sui suoi passi, asciugandosi le lacrime con la manica della camicia.
Javier le porse un pacchetto di fazzoletti, e le diede da bere un bicchiere
d’acqua.
«Non pensi, Isabel, che mi piaccia metterla sotto
torchio in questo modo, ma, se voglio spedire Moreno in galera, e togliergli
fino all’ultimo soldo che ha in banca, non mi posso permettere che lei ceda
davanti alla giuria. Lei, li dovrà convincere, che è la sua, la verità
assoluta, e lo deve fare, a prescindere da ciò che riuscirà o meno a trovare
l’avvocato Blanco. Perciò, glielo chiedo un’ultima volta: c’è qualcosa che mi
ha tenuto nascosto?» Isabel si coprì il viso con le mani e sospirò.
«Il professor Moreno e io, eravamo usciti a cena, la
settimana precedente… ma, non era successo nulla, assolutamente nulla! Uscivo a
cena anche con Blanco, tuttora, ogni tanto, lo facciamo.» sapeva che gli stava
tenendo nascosto qualcosa d’importante, il suo sesto senso glielo stava dicendo
dalla prima volta che le aveva parlato. Ma questo! Strinse con il pollice e
l’indice l’attaccatura del naso, chiudendo gli occhi.
«Professor Blanco, sarebbe disposto a testimoniare
su questo?» era scontato che l’avrebbe fatto.
«Può contare su di me, senza dubbio.» due colpi
discreti alla porta, distolsero il gruppetto dalla conversazione, la segretaria
entrò.
«È arrivata la signora Mendez, chiede se ne avete
ancora per molto.» Javier alzò la mano, indicandole che avevano bisogno di
cinque minuti.
«Per questa volta abbiamo finito, come compito, per
il prossimo incontro, voglio che mi porti due cose; la prima, è una relazione
dettagliatissima della serata che ha trascorso con il Signor Moreno, e la
seconda, una lista di fidanzatini, o presunti tali. Ci vediamo in studio, tra
una settimana, alla stessa ora, d’accordo? Prometto che farò di tutto per
inchiodarlo.» Isabel gli sorrise.
«Ti accompagniamo noi a casa, Blanco?» Javier, aveva
sentito quella frase di sfuggita; il suo istinto, gli stava suggerendo di
buttarsi a capofitto in quella inattesa apertura, la sua ragione, gli stata
gridando di starne lontano.
«Posso accompagnarla io, Professor Blanco? Ho finito,
sto andando a casa anch’io.» Eloy, avrebbe voluto dire di no, centomila volte
no.
«La ringrazio, Avvocato, se non è troppo disturbo.» Javier,
lo avrebbe avuto tutto per sé; una felicità inaspettata lo fece sentire come un
ragazzino al primo appuntamento, ma cercò di non darglielo a vedere, mantenendo
la sua aria gelida.
«Nessun disturbo.» dopo avere salutato Isabel e sua
madre, scesi per strada, si divisero.
Eloy seguì Javier, camminando, silenziosamente, al
suo fianco.
«Grazie.» Javier si fermò, voltandosi verso di lui.
«Di che cosa mi stai ringraziando, professorino?»
“mmmmh, ora ricomincia!”, s’impose di non reagire alle sue provocazioni.
«Grazie per difendere Isabel, e scusa, se ho
dubitato delle tue capacità, prima.» ripresero a camminare, lentamente.
«Mi fa ancora malissimo…» Eloy lo guardò, corrugando
le sopracciglia.
«Il labbro inferiore dico, mi fa ancora malissimo…»
Eloy arrossì, lo aveva colto alla sprovvista.
«Scusa ancora… ma poi perché? Non devo chiederti
scusa! Mi hai assalito tu, te la sei cercata!» Javier si mise a ridere, aveva
una di quelle risate cristalline che riempivano l’aria, alle quali era
impossibile resistere.
«Hai ragione, hai ragione! Credimi, non so per quale
motivo abbia agito in quel modo, ti chiedo scusa. Che cosa ne pensi, di
ricominciare da capo? Salve, mi chiamo Javier Romero, ho 32 anni, sono un
famoso avvocato, ho due fratelli, uno lo conosci bene, Marcus e l’altro, si
chiama Francisco, di due anni minore di me, si è trasferito anni fa negli Stati
Uniti. Ah, sono un Alpha Omicron.» Eloy scosse la testa, ma decise di stare al
gioco.
«Piacere di conoscerla avvocato Romero, io mi chiamo
Eloy Blanco, sono professore di matematica, un ottimo professore, ho una
sorellastra molto più piccola di me, ho 29 anni e sono un Omega Tao.» erano
arrivati alla macchina di Javier.
«Bella auto!» aveva preso la sua auto “da lavoro”, se
avesse visto la sua Lamborghini, cosa avrebbe detto?
«Niente di che, tu che auto hai?» Eloy sorrise,
pensando alla sua bagnarola, a confronto con la Mercedes di Javier.
«Ho un’auto che ha 15 anni, una Renault elettrica,
non so neppure come stia ancora tutta insieme!» non capiva per quale motivo,
era figlio di Blanco, avrebbe potuto permettersi le stesse sue auto.
«Comprane una nuova!» Eloy alzò le spalle.
«Non ho abbastanza soldi da parte, e non ho certo
intenzione di chiederli a mio padre, me la cavo benissimo da solo.» Javier mise
in moto.
«Sicuro che sei un Omega?» non poteva immaginare,
Javier, quanto quella frase lo stesse inorgogliendo.
«Certo! Vuoi provare?» le parole, erano uscite dalla
sua bocca senza che il suo cervello fosse collegato.
«Professorino, stai attento quando parli, potrei
prenderti sul serio.» lo sguardo penetrante che gli rivolse, lo fece agitare.
Pochi minuti, ed erano sotto casa di Eloy.
«Bene, grazie del passaggio.» stava per scendere
dall’auto, quando, Javier bloccò le portiere.
«Beh?! Perché non mi fai scendere?» non emetteva
feromoni, non lo voleva attaccare, almeno sperava.
«Quando ci rivediamo?» Eloy si girò verso di lui.
«Perché vuoi rivedermi?» sembrava impacciato, era
adorabile.
«Devo prepararti per la testimonianza giusto?» “non
te la caverai in questo modo, avvocato.”, pensò Eloy.
«Chiamerò la tua segretaria e mi farò dare un
appuntamento, soddisfatto?» Javier sospirò.
«Ahh, professorino, voglio rivederti perché mi interessi.»
voleva di più, non gli bastava.
«Ti interesso come testimone?» “adesso ti sistemo io,
professorino!”, si sporse verso di lui, mettendo la sua bocca vicina al suo
orecchio.
«Sono interessato a te come uomo, mi piaci
professorino, hai risvegliato la mia curiosità.» una serie di brividi
percorsero l’intero corpo di Eloy, arrivando dritti al suo bassoventre, la voce
di Javier, quando scendeva di un paio di toni, era a dir poco sensuale.
«Non sono sicuro che sia una buona idea…» continuava
ad avvicinarsi pericolosamente a lui, inconsciamente, iniziò ad emettere
feromoni, questo bastava a fermare qualsiasi Alpha che gli si avvicinava, ma
non funzionava con lui, lui era un Omicron, su di lui avevano tutt’altro
effetto, cercò di smettere, ma le pupille di Javier si stavano già dilatando.
«Come non è una buona idea, mettersi ad emettere
questo profumo di torta di mele alla cannella, esci di qui, prima che inizi a
mangiarti tutto…» si allontanò da lui, Javier sbloccò le portiere compiendo uno
sforzo notevole.
«Ti chiamo per metterci d’accordo, buona notte,
professorino.» raggiunse il suo appartamento, con un sorriso da ebete sulle
labbra, quell’uomo era la quintessenza della sensualità, ma con la poca
esperienza che aveva lui, poteva veramente piacergli? Uscire con lui non era
una buona idea, ne era conscio, ma era stanco di razionalizzare tutto e, Dio
quanto gli piaceva!
Erano da poco passate le dieci, era immerso nella
visione di un vecchio film, di quelli che sicuramente lo avrebbero fatto
piangere come un’aquila, quando ricevette un messaggio che lo fece sussultare.
·
Che cosa starà facendo il mio professorino, mi sono
chiesto? – se aveva il suo numero di telefono, significava che era tornato
appositamente in studio per prenderlo?
Ø “Mio”? Non sapevo di essere “tuo”. – “non può essere un omega, non si sta
per nulla comportando come un omega!” e questo lo stava facendo impazzire,
scatenando in lui pensieri, che non sapeva nemmeno di saper formulare.
·
Se ti dico che sono convinto che lo sarai? – se solo
si fosse immaginato come si stava sentendo in quel momento, era così combattuto
tra il buttarsi tra le sue braccia e scappare via, lontano anni luce da lui!
Ø Penso che tu sia il maschio Alpha più presuntuoso che io abbia mai
conosciuto. Cosa ti fa credere che cadrò ai tuoi piedi così facilmente? –
neppure lui lo sapeva, ma nessuno, fino a quel momento, lo aveva preso in una
forma così totalizzante. Non era solo il suo profumo, era il suo modo di
essere, quel ragazzo era così fiero di sé stesso e allo stesso tempo così
fragile.
·
Buona notte Prof., sognami! - “ma, ma, ma…” che uomo
impossibile, pensò Eloy.
Ø Difficilmente sogno, buonanotte a te. Giovedì sono libero. – “ah, molto
bene”, pensò Javier.
·
Allora passo a prenderti alle otto, abbigliamento sportivo.
– e lui che sperava in una bella cena in un ristorante costoso!
Ø Perché? Dove hai intenzione di portarmi? – aveva una mezza idea di dove
portarlo.
·
In paradiso, ti porto in paradiso prof., preparati…
- se avesse potuto vedere la sua faccia in quel momento, si sarebbe reso conto
che era già suo.
Il giorno dopo era mercoledì, aveva promesso a Bruno
di accompagnarlo a fare delle compere e, anche se non ne aveva nessuna voglia,
decise di andarci, ne avrebbe approfittato per chiarire la loro situazione. Si
trovarono in un caffè, il Bardin Bakery. Quando Eloy arrivò, Bruno aveva già
preso posto in un tavolino appartato, in fondo alla sala.
«Scusa il ritardo, non riuscivo a trovare
parcheggio…» Bruno gli fece cenno di sedersi accanto a lui, sul piccolo divano.
«Non preoccuparti, sono qui da meno di cinque
minuti, ti ordino un caffè?» Eloy sapeva che non era vero, era in ritardo di
più di mezz’ora, e Bruno, era sempre in anticipo.
«Sì, ti prego.» Bruno chiamò il cameriere e ordinò
il caffè per Eloy. Parlarono del più e del meno per qualche minuto. Bruno lo
stava fissando da un po’, quando, improvvisamente, allungò la mano posandola
nel lato delle sue labbra.
«Scusa, avevi una briciola al lato del labbro, non
ho resistito. Avrei preferito toglierla con la mia lingua, ma…» Eloy approfittò
di quella frase.
«A proposito di questo, credo che sarebbe meglio se
mantenessimo il nostro rapporto di amicizia. Non credo che tra noi possa
funzionare.» Bruno era un uomo di mondo, questo cambio repentino, per lui,
poteva avere una sola lettura.
«Come si chiama?» Eloy arrossì, pensava di essere
riuscito a dargli una risposta che lo sviasse dal pensare questo, ma
evidentemente, lo aveva sottostimato.
«Romero…» lo sguardo scandalizzato di Bruno, gli
fece capire che stava fraintendendo.
«Che hai capito!? Javier Romero, il fratello del mio
alunno!» Bruno sospirò sollevato.
«Per un attimo, ho pensato che fossi impazzito! Ok,
ok. Se non sbaglio è un Omicron… non ho proprio speranze, quindi…» Eloy era
sinceramente dispiaciuto, lui stesso, solo pochi giorni prima, pensava che tra
di loro avrebbe potuto nascere qualcosa.
«Sì, lo è…» Bruno attirò verso di sé la sua mano, baciando
la punta delle sue dita.
«Un bel sogno, è stato un bel sogno poter pensare
che io e te un giorno potessimo stare insieme, ma voglio che tu sappia, che in
me troverai sempre un porto sicuro a cui tornare. Ho imparato a volerti bene
prima come amico, che come uomo. Non ho la minima intenzione di rinunciare alla
nostra amicizia. Lasciami solo un po’ di tempo però, prima di confidarmi quanto
sia bello stare con lui, almeno questo me lo devi…» “perché non mi sono
innamorato di lui!?”, aveva una voglia pazza di abbracciarlo in quel momento,
ma pensò che, forse, quella fosse l’unica cosa che doveva evitare per non farlo
stare ancora più male.
«Allora, ci buttiamo a fare un sacco di compere?»
gli disse Eloy con le lacrime agli occhi.
«Assolutamente sì!» dopo avere pagato il conto, si
mischiarono nella folla pomeridiana. Fu un pomeriggio decisamente strano, aveva
appena imboccato una strada, senza sapere dove portasse, ed era la cosa più
azzardata che avesse mai fatto in tutta la sua vita. Pregava, che tutto questo,
davvero ne valesse la pena.
Si era tolto questo peso dal cuore, ora poteva
andare avanti. Il “paradiso” che gli aveva promesso Javier, era sempre più
vicino; ancora poche ore e avrebbe scoperto cosa aveva in serbo per lui. Si
ricordò che gli aveva raccomandato di vestirsi in maniera comoda e, anche se
avrebbe preferito mettersi dei vestiti che esaltassero le sue qualità, gli
diede retta. Indossò un paio di jeans non aderenti e una maglia blu notte con
lo scollo a v, non amava mettersi le scarpe da ginnastica, ma erano l’unica
opzione, con quell’abbigliamento. Alle otto in punto, Javier suonò il suo
campanello.
«Arrivo in cinque minuti.» Javier odiava i ritardi,
e aveva prenotato, perciò gli rispose seccamente:
«Due minuti, hai solo due minuti.» e Eloy odiava chi
gli faceva fretta, ma cercò di non darlo a vedere quando, trafelato, lo
raggiunse davanti al portone.
«Andiamo?» notò immediatamente che Javier era più
teso della volta precedente, forse, era già pentito di essersi preso un impegno
con lui? Saliti in macchina s’immisero nel traffico, dirigendosi nella prima
periferia della città.
«Posso sapere, ora, dove mi stai portando?» il suo
silenzio lo stava innervosendo, la voglia di fuggire da lui ritornò, prepotente,
a farsi viva.
«Ancora pochi minuti di pazienza e lo saprai.»
incrociò istintivamente le braccia sul petto, non disse più una parola.
Parcheggiarono in un grande spiazzo, di fronte a una fazenda.
«Siamo arrivati.» scese dall’auto e si guardò
intorno, non c’erano cartelli ad indicare cosa fosse quel posto. Non era di
sicuro un ristorante, sarebbe stato segnalato. E neppure un Hotel, per fortuna.
«Perdonami, ma non capisco, che posto è questo?»
Javier gli tese la mano.
«Un posto, che ci rivelerà un sacco di cose l’uno
dell’altro. Questa, è la migliore Escape Room mai creata.» neppure se si fosse spremuto
le meningi per tutto il giorno, avrebbe mai potuto immaginare che lo portasse
in un posto del genere! Era questa la sua idea di “paradiso”?
«O mio Dio! Sono una completa frana nei giochi!» gli
catturò l’altra mano e iniziò a trascinarlo, camminando all’indietro.
«La prossima volta sceglierai tu, prometto! L’unica
cosa che ti lascerò fare questa sera, è scegliere il tema della stanza.» un
uomo si materializzò all’entrata, ormai era tardi per scappare.
«Avvocato Romero! Che piacere! Venite prego, dovete
passare prima dal mio ufficio e scegliere i dettagli.» il tema che più gli si
addiceva sarebbe stato quello scientifico, ma, non voleva essere scontato, non
a quel punto. Perciò, puntò sullo storico e scelse l’antico Egitto. La storia
era abbastanza semplice, si basava sul racconto di Howard Carter sul
ritrovamento della tomba di Tutankamon. Loro avrebbero dovuto trovare dove si
nascondevano i resti del faraone, nell’immensa stanza che avevano a
disposizione e, sotto la mummia, avrebbero trovato la chiave, che avrebbe loro
aperto la porta per uscire dalla stanza. Avevano sessanta minuti a loro
disposizione. Il proprietario li fece accompagnare da un assistente all’interno
della stanza e li chiuse dentro. Una voce fuori campo, diede loro il primo
indizio.
«Benvenuti nell’antico Egitto signori, sapete già
quale sia la vostra missione! Il primo indizio, lo troverete nella scatola di
legno contenuta nell’auto del faraone, buon lavoro. Ricordate, potrete contare
sul mio aiuto, ma soltanto per tre volte.» incredibilmente, quella cosa lo
stava entusiasmando molto di più di quello che avrebbe creduto, Eloy si avvolse
le maniche.
«Andiamo a cercare un paio di ruote, avvocato!»
Javier sorrise, la tensione che aveva, era dovuta al fatto di non sapere come
avrebbe reagito a quell’inusuale appuntamento, ma, a quanto pareva, la reazione
era più che positiva.
«Di sicuro non avevano delle auto, perciò dovremmo
cercare una specie di carro…» Javier lo osservava divertito, mentre si spostava
da una parte all’altra, cercando di scrutare in ogni anfratto.
«Ecco! Trovato, e la scatola dovrebbe essere questa.
Ma non vedo nessuna serratura…» Javier si avvicinò, facendosi passare la
scatola. Eloy scese dal carro e si portò al suo fianco, le mani di Javier si
muovevano sulla scatola, saggiandone ogni lato. Con la punta delle dita
sfiorava il legno, Eloy s’incantò a quella scena, pensando a quanto delle mani
così grandi, potessero essere così lievi, immaginarle su di lui gli provocò una
scarica di adrenalina che l’attraversò da capo a piedi.
«Credo che, effettuando una lieve pressione in
questo punto e contemporaneamente ruotando la scatola, dovre…» un “click”
accompagnò l’ultima parola, la scatola si aprì, rivelandone il contenuto.
«Ma… come hai fatto?!» ne aveva una molto simile, a
casa. Gliel’aveva regalata suo padre, di ritorno da un viaggio a Cuba, l’aveva
studiata per una settimana poi, casualmente, era riuscito ad aprirla.
«Una chiave, mmmh, ma non è certo quella che apre la
porta principale, dobbiamo cercare qualcosa che si possa aprire con questa
piccola chiave, qualche idea prof?» Eloy si guardò intorno, una quantità
smisurata di oggetti era sparsa sul pavimento o accatastata contro le pareti.
«Forse è la chiave di un cassetto…» si divisero la
stanza iniziando a passare al setaccio ogni mobile.
«Eloy, vieni, forse ho trovato.» era la prima volta
che lo chiamava per nome, e il suo nome, pronunciato da lui, lo mandava in
estasi.
«Dammi la chiave.» la chiave apriva proprio quel
piccolo cassetto. Al suo interno, trovarono un grande flacone, pieno di un
liquido azzurrino, che ricordava quello che usavano le nonne per pulire i
vetri. Si portarono nuovamente al centro dello stanzone, un po’ perplessi. In
quell’istante, la luce si spense, lasciandoli in un buio totale. Eloy si
strinse a lui.
«Non mi dirai che hai paura del buio! Accidenti,
avrei dovuto chiedere di spegnere la luce da subito!» Eloy gli sferrò un pugno
sul bicipite, gli sembrò di averlo scagliato su un muro di cemento. Javier, per
tutta risposta, lo strinse a sé.
«Mi piace sentirti così vicino, ora che facciamo?» Eloy
finse di non cogliere il doppio senso, guardò il flacone, il liquido al buio
era diventato luminoso. Si divincolò e lo mise davanti alla faccia di Javier.
«Dobbiamo spruzzarlo… ma come?» Javier prese in mano
il flacone, era di plastica morbida. Con una chiave che aveva in tasca, produsse
un piccolo foro nel tappo.
«Così…» il getto fuoriuscì dalla punta, andando a
bagnare ciò che era di fronte a loro. Si mossero lentamente, cercando di non
sprecarne neppure una goccia e, finalmente, qualcosa che avevano bagnato,
s’illuminò. Era un piccolo vaso. Eloy saltò al collo di Javier, la luce si
accese.
«E così sei un entusiasta prof…» Eloy effettivamente
si sentiva felice, come da ragazzino quando sua madre lo portava alle giostre.
Forse fu questo il motivo che non lo fece sentire in imbarazzo in quella
situazione. Sorrise a Javier ed appoggiò la sua testa sul suo petto.
«Mi fai sentire bene…» “e tu mi stai facendo perdere
il controllo, se continui a comportarti in questo modo così seducente!”,
respirò, riempendosi i polmoni della sua fragranza, lo scostò da lui,
rabbrividendo. Prese il vaso, concentrandosi sulle iscrizioni. Eloy si accorse
del repentino cambio di umore di Javier, domandandosi cosa avesse fatto di male
per metterlo improvvisamente di cattivo umore. Continuarono le ricerche con i
vari indizi e, cinque minuti prima della fine del gioco, riuscirono a trovare
la tomba del faraone e ad uscire dalla stanza. Uscirono dalla fazenda che erano
quasi le dieci, s’incamminarono verso l’auto, in silenzio.
«Grazie, è stato bellissimo… almeno per me.» Javier
si bloccò, girandosi verso di lui.
«Anche per me è stato piacevole, perché pensi che
non lo sia stato?» il tono di voce di Javier era cambiato, Eloy non sopportava
le persone che fingevano che nulla fosse accaduto, quando era evidente che non fosse
così.
«Beh, fino a che non è tornata la luce eri “mister
simpatia&entusiasmo”, appena è tornata la luce sei diventato “mister
ghiacciostammilontanocheèmeglio”, o mi sbaglio?”» “allora è davvero
inconsapevole di sé!”, il suo sguardo lo penetrò, inesorabile.
«Tu, davvero non hai capito cosa mi sia successo la
dentro?» Eloy a quel punto era davvero spazientito, come poteva capire se lui
non si spiegava!
«No! Che cavolo c’è da capire!?» Javier gli si era
avvicinato, pericolosamente, e aveva iniziato ad emettere feromoni. Con un
braccio lo catturò, attirandolo a sé.
«Non mordere…» con l’altra mano, infilata nei suoi
capelli, dietro la nuca, l’attirò a sé. Le labbra di Javier sfiorarono le sue,
la sua lingua ne disegnò i contorni, cercando un varco. La bocca di Eloy si
schiuse come un fiore per accoglierlo. Altroché morderlo! Lo spinse contro un
grande albero, a fianco del vialetto illuminato, senza lasciare le sue labbra.
Si staccò a malincuore da lui.
«Ora hai capito perché o devo ripetere?» Eloy
sprigionava così tanti feromoni che, se per caso un alpha fosse passato di lì,
sarebbe morto.
«Mi fai perdere il controllo, e non voglio assalirti
senza che anche tu sia d’accordo. Non voglio rovinare tutto, tu mi piaci, più di
quanto io stesso volessi ammettere, ma quando ti sono così vicino, non riesco a
non pensare a quanto vorrei strapparti tutti i vestiti di dosso e possederti
fino a farti urlare il mio nome. Non mi sono mai sentito così, non mi piace
sentirmi così!» Eloy faticava ad ascoltarlo, era tutto ovattato.
Improvvisamente, sentì qualcos’altro, si era bagnato così tanto che, il liquido
aveva intriso i suoi pantaloni, e l’aveva solo baciato!
«Neppure a me piace sentirmi così, ma, il mio corpo
non mi risponde quando sono con te, ho bisogno di passare da casa, dovrei…»
ringraziò l’oscurità che li avvolgeva, per non avergli fatto vedere quanto
fosse diventato rosso!
Javier si passò una mano sul viso.
«Penso che per oggi basti così, forse se ci
prendiamo a piccole dosi, riusciremo a conoscerci meglio prima di saltarci
addosso…» Eloy si trovò d’accordo con lui, se ci avesse riprovato, glieli
avrebbe strappati lui i vestiti da dosso!
Si sedette in auto in una strana posizione, sperando
che Javier non gli domandasse il motivo.
«Professore, martedì prossimo, ci posso contare?
Vorrei portarti a cena fuori.» Eloy, pur di uscire indenne da quell’auto,
avrebbe risposto di sì a qualsiasi tipo d’invito.
«Sì, ma il posto lo scelgo io. Buonanotte avvocato.»
la portiera era già aperta, Eloy, inaspettatamente, si lanciò su Javier, rubandogli
un bacio, per poi scappare via verso il portone.
Prima di ripartire, la mano di Javier si posò sul
sedile, era abituato ai beta, quell’odore di umori del sesso che stava sentendo,
non poteva sfuggire al suo olfatto, e pensare anche solo un istante al suo
cazzo avvolto da quel lubrificante naturale, lo fece eccitare a tal punto, che
non vedeva l’ora di essere a casa per dare sfogo a tutte quelle fantasie che
avrebbe reso reali, sperava, il prima possibile.
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Ommammamia che sono questi due!!!
RispondiEliminaIl meglio deve ancora venire...
EliminaSempre più interessante! Prosa scorrevole, nelle descrizioni e anche i dialoghi. La caratterizzazione dell’omega è davvero super, l’alpha invece X adesso è sulle sue... nn vedo l’ora di vederli in tribunale con il di lui padre...
RispondiEliminaNon hai idea di cosa possa accadere in quel momento, ma io sì, decisamente sì.
EliminaMolto interessante....non vedo l'ora di leggere il prossimo capitolo
RispondiEliminaci sto già lavorando, e mi piace sempre di più!
EliminaAiutoooio è bellissimo...Ele Levriero
RispondiEliminaMi è piaciuta tanto scriverlo
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