domenica 15 settembre 2019


THE SAME PASSION Capitolo VI – the Trap



Si svegliò prestissimo Efrem, l’emozione di rivederlo, ancora non lo abbandonava un secondo. Aveva atteso così tanto, e così pazientemente, che ogni attimo che passava accanto a lui, era come quando, da piccolo, gli compravano lo zucchero filato, lui era il suo zucchero filato. Il sonno di quella notte, era stato pieno di incubi, sicuramente dovuti al fatto che, prima di dormire, aveva ricordato a lungo, quei due anni infernali. Glieli avrebbe raccontati, a tempo debito, nei minimi particolari. Gli avrebbe raccontato delle notti insonni, passate a ubriacarsi e a rompere ogni oggetto che glielo ricordava. Di quando, dopo che lo aveva cercato ovunque, i poliziotti bussarono alla sua porta, notificandogli il divieto di avvicinamento al Signor Riccardo Lampis, e a tutte le persone che lo conoscevano, oltre, al divieto di frequentare i luoghi che solitamente il Signor Lampis frequentava, e di come, la sera stessa, suo padre lo avesse trovato quasi in coma etilico. Gli avrebbe raccontato anche dei mesi in cui, dopo quell’episodio, fu costretto a restare in una clinica privata per disintossicarsi, e di tutte le sedute psicologiche, a cui l’avevano costretto a sottoporsi. Lo psicologo gliel’aveva detto, “il sentimento che lei prova nei confronti di Riccardo, non è amore, è una dipendenza, come l’alcool o la cocaina che assumeva”, ma lui non c’era cascato, sapeva cosa provava per Riky. Fu in quel preciso momento, che decise cosa avrebbe fatto uscito da lì, avrebbe atteso pazientemente. Riprese il lavoro e ad uscire con gli amici, fece credere al mondo che era andato avanti. Ma, quando restava solo, ogni sua risorsa era dedicata a Riky. Aveva ingaggiato un investigatore privato, che lo seguiva, giorno e notte. Sapeva tutto di lui, tutto. Poi, finalmente, il divieto di avvicinamento fu revocato. Quando la revoca venne notificata a Riky, Efrem passò le settimane successive nel terrore che si opponesse, ma non successe. Lasciò passare ancora qualche mese e poi, mise in atto il suo piano. Affittò un appartamento, non molto lontano dallo studio con il quale Riky collaborava, si licenziò dallo studio di suo padre, adducendo come motivazione la sua “necessità di farsi strada da solo” e iniziò a lavorare come free lance. Pagava profumatamente uno dei ragazzi che lavoravano in quello studio, per sapere vita morte e miracoli del suo Riky. Quando gli confidò, che stava concorrendo per ottenere la commessa di un grosso progetto, e che per lo stesso progetto cercavano anche un interior designer, seppe che il suo momento era arrivato. Fortunatamente, conosceva uno dei committenti, aveva già lavorato per lui, in passato, bastò una cena e il lavoro era suo. Sapeva tutto, di quel progetto, molto prima che Riky lo prendesse in mano. Quello che Riky non sapeva, era che, di lì a poco, sarebbero emerse delle difficoltà, dovute al terreno sul quale l’edificio sarebbe stato costruito, l’unica opzione per loro, sarebbe stata quella di effettuare un sopralluogo nella lontana Dominica. Efrem lo aveva capito subito, conosceva quell’isola e il luogo dove volevano costruire, sapeva che gli scavi avrebbero potuto riservare sorprese. Due giorni prima di iniziare a lavorare insieme a lui, aveva ricevuto una telefonata del committente, il geologo lo aveva chiamato, avevano a che fare con una grossa formazione granitica, lui sapeva come raggirare l’ostacolo, ma lo avrebbe tenuto per sé, andare insieme a Riky in quel paradiso terrestre, era un’opportunità che non si sarebbe lasciato sfuggire, soprattutto ora che, come si chiamava… ah, sì Shogo, si era messo tra loro.
Arrivò allo studio con largo anticipo, ma con sua sorpresa, Riky era già al lavoro.
- Mattiniero! – indossava una maglietta bianca abbastanza aderente e un paio di Levis. Lo seguì con lo sguardo, mentre andava verso la macchina del caffè. “che culo stupendo.” Era in forma il suo Riky, forse un po’ troppo magro, ma quel culetto pieno e sodo, era ancora il suo punto di forza.
- Vuoi un caffè anche tu? – Riky si era accorto del suo sguardo, ma non aveva intenzione di farglielo capire, perciò, continuò ad armeggiare con la macchina del caffè.
- Lo prendo volentieri, ti ringrazio. – non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. Nei suoi sogni, sarebbe andato da lui, gli avrebbe slacciato i pantaloni e.. “quel culo deve essere scoperto e palpato”.
- Sei ancora nel mondo dei sogni? – Riky era di fronte a lui, con il caffè in mano, glielo stava porgendo.
- Ho dormito poco questa notte, pardon. – “questa maglietta è così aderente che ti si vedono i capezzoli…”, li ricordava bene i sui capezzoli rosa, quando glieli stuzzicava diventavano di un colore scuro, la punta leggermente convessa faceva venire voglia di succhiarglieli forte.
- Sei riuscito a finire i disegni? – stava quasi per mettersi a ridere, era così evidente l’effetto che aveva su di lui! Doveva solo provarci, ad avvicinarsi, non vedeva l’ora di potergli ridare almeno la metà delle sberle che aveva ricevuto.
- Ovviamente sì. Dormire poco, almeno, dà la possibilità di lavorare di più. – prese il suo tubo e ne estrasse il disegno disponendolo sul tecnigrafo, ancora qualche minuto e avere i pantaloni non aderenti, non sarebbe bastato a nascondere l’effetto che aveva su di lui.
- Che ne pensi Riky? – Riky si avvicinò per osservare ogni particolare, sarebbe diventato un atrio maestoso, anche se lo odiava come persona, allo stesso modo, la sua ammirazione come professionista, era rimasta immutata.
- Credo che questo, sia uno dei tuoi progetti più belli. – Efrem era dietro di lui, si avvicinò, fino quasi a sfiorarlo.
- È il primo vero complimento che mi fai da quando ci siamo rivisti, potrei illudermi… - sentiva il suo respiro vicinissimo, il cuore di Riky iniziò a danzare.
- “Quando un lavoro è ben fatto, è necessario che venga riconosciuto”, non dice sempre così, tuo padre? – gli occhi di Efrem erano ridotti a due fessure, il suo respiro era diventato più affrettato, sentiva il profumo di Riky, penetrare ogni fibra del suo essere.
- Non mi ricordavo che il tuo odore fosse così buono. – Riky si girò di scatto, senza considerare che, si sarebbe trovato faccia a faccia con lui, a pochi centimetri dalla sua bocca.
- Il mio odore non è più affar tuo. – Efrem, impercettibilmente, si avvicinò alle sue labbra, senza sfiorarle.
- Lo so, e resterà, per sempre, il più grande rimpianto della mia vita. – restarono così, interminabili secondi. Efrem, così come si era avvicinato, si allontanò da lui, lasciandogli la sensazione di essere stato baciato selvaggiamente, pur non avendolo neppure sfiorato. Efrem si portò velocemente alla scrivania, iniziando a lavorare. Riky rimase immobile per qualche minuto, le sue gambe non gli rispondevano. Il suono del suo telefono, lo richiamò alla realtà.
- Hey! – Shogo. Era un sollievo, poter sentire la sua voce, in quel momento. Si spostò nell’angolo della stanza più distante da Efrem.
- Dormito bene? – Shogo non aveva resistito, aveva troppa voglia di sentire la sua voce.
- Come un ghiro! Tutto quel movimento, mi ha dato il colpo di grazia. – Riky rise, pensando al doppio senso che poteva avere quella frase innocente, per fortuna, Efrem non l’aveva sentita, depravato com’era, non poteva che pensare male.
- Io, invece, ho fatto parecchia fatica ad addormentarmi. Ogni volta che provavo a chiudere gli occhi, ti immaginavo disteso accanto a me… - Shogo, sapeva cosa gli aveva promesso, ma, dopo la serata che avevano passato insieme, non era più tanto certo di riuscire a trattenersi.
- E se fossi stato lì, sdraiato, accanto a te? – adorava metterlo in difficoltà. Era chiaro che, nessuno dei due, avrebbe resistito ancora per molto. Il bacio che si erano scambiati, la notte precedente, era stato troppo coinvolgente. Mentre gli stava dicendo quella frase, inconsapevolmente, iniziò a tormentarsi il labbro inferiore mordicchiandolo, anche se Efrem non poteva sentire, ciò che si stavano dicendo, e non sapeva chi ci fosse all’altro lato del telefono, capì, da quell’atteggiamento inconfondibile, di che tipo di telefonata si trattasse.
- Sicuramente, non avresti dormito come un ghiro, e non saresti rimasto per molto tempo sdraiato, accanto a me. – la voce di Shogo, era diventata più profonda, come la prima volta, Riky la ricordava bene, mentre gli parlava all’orecchio.
- E mi dica, Signor Doyle, in quali posizioni mi ha immaginato, nella sua notte insonne? – “vediamo fino a che punto riesci a rimanere un gentleman”. In quell’istante Riky aveva preso la sua decisione, gli avrebbe dato una possibilità.
- Sta scherzando col fuoco, Signor Lampis. Se davvero vuole, gliele posso mostrare tutte, ma dal vivo. – come un adolescente, mentre gli rispondeva, si stava eccitando, a tal punto, da iniziare ad accarezzarsi,
- Per mettermi nelle posizioni che desidera, Signor Doyle, dovrà fare in modo che, il sottoscritto, perda la testa. Pensa di riuscire in questo intento? – era tanto tempo che Riky non flirtava in quel modo, era così bello poter rimettersi in gioco, ed era così eccitante intuire che Shogo stava per esplodere. Era così impegnato in quella conversazione, che non si accorse che Efrem si era avvicinato.
- Domani sera, ti vengo a prendere, alle nove. – “perentorio”, era eccitato al solo pensiero, la decisione che aveva colto in quella frase lo aveva fatto sentire così desiderato.
- Ok, come desidera, signor Doyle. – ancora prima di vederlo, sentì la sua presenza alle sue spalle, si girò, con ancora il telefono in mano.
- Metti giù quel cazzo di telefono, dobbiamo lavorare. – Shogo, sentì quella voce penetrante, capì, immediatamente, che si trattava di Efrem.
- Dì a quella testa di cazzo, che se non la smette, la prossima volta lo gonfio a suon di sberle! E tu, chiamami, se dovesse fare lo stupido, ok? – “wow”, Riky decise di smorzare i toni.
- Tranquillo, abbaia, ma non morde. Ci vediamo domani sera, alle nove, sotto casa mia. – Riky chiuse la chiamata mettendosi subito al lavoro. Evitò gli sguardi di Efrem ma, dal tono della sua voce, aveva capito, perfettamente, quanto fosse arrabbiato. Si parlarono a monosillabi, ma, tra loro, non erano mai servite tante parole, erano sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda, quando lavoravano.
- Efrem, sono quasi le dieci, i miei occhi mi stanno supplicando di fare una pausa, per oggi direi che io mollo. – iniziò a strofinarsi gli occhi con vigore.
- Immagino che te ne andrai diritto a casa. – Efrem, parlava senza alzare gli occhi dal tecnigrafo.
- Hai indovinato, mi butto sotto la doccia e vado a dormire. – Efrem lo guardò severamente.
- Devi mangiare, per prima cosa. Sei dimagrito, parecchio. – la tentazione di ribattere, era davvero impossibile da frenare.
- A Shogo piaccio così, che ci vuoi fare. – gli lanciò quella frase, mentre aveva quasi guadagnato l’uscita. Se solo si fosse voltato a guardare l’espressione sul viso di Efrem! Vedere che, invece di essere stato colpito, da ciò che aveva detto, era soddisfatto e sorrideva, lo avrebbe potuto mettere in guardia, avrebbe potuto sospettare che stesse tramando qualcosa, ma non si voltò.
Shogo, dopo avere chiuso la chiamata con Riky, iniziò a tormentarsi, questi cambi repentini di Riky, lo facevano sentire, come se fosse su un’altalena. Non era abituato a dover correre dietro a qualcuno, e neppure ad essere così indeciso sul da farsi. Lo stava facendo impazzire. Mandò un messaggio a Martina
· Ciao, Marti, hai tempo di prendere un caffè insieme? – non voleva parlarle per messaggio, e neanche per telefono, aveva bisogno di guardarla negli occhi.
· Quando? Oggi? – Martina non si aspettava che la contattasse, gli era sembrato, dall’ultima chiacchierata che aveva fatto con Riky, che andasse tutto bene.
· Appena puoi. – era quasi mezzogiorno, con quel caldo non avrebbe mangiato nulla, che fosse inferiore a -10 gradi.
· Se ti va, tra dieci minuti sono in pausa, potremmo vederci al bar “Chicco Verde”, lo conosci? – era un bar-gelateria, vicino al centro.
· Ok, ci vediamo lì. – Shogo s’infilò qualcosa, preso a caso dal suo guardaroba e scese a prendere la moto. Quando arrivò al bar, Martina era già seduta, stava sorseggiando un frappè.
- Ciao. – si salutarono con un bacio.
- Siediti, vuoi un frappè? Qua li fanno buonissimi. – Shogo scosse la testa, ordinò un caffè shakerato. Martina, gli diede il tempo di sistemarsi e attese che fosse pronto a parlare, doveva necessariamente avere bisogno di lei, per chiederle di incontrarla così repentinamente.
- Marti, andrò dritto al punto. Riky è ancora innamorato di Efrem? – Martina quasi sputò il sorso di frappè che aveva in bocca.
- Cosa?! – non era preparata ad una domanda del genere.
- Hai capito benissimo. – “ok, hai tutta la mia attenzione”, il solo pensiero che Riky, potesse rimettersi con Efrem, le faceva rivoltare lo stomaco.
- Io non penso che Riky possa rimettersi con quello che è stato il suo aguzzino. – Shogo scosse la testa, sconsolato.
- Non è questa la domanda che ti ho fatto. Ti ho chiesto se, secondo te, è ancora innamorato di lui. – Martina restò in silenzio per qualche minuto.
- No, non penso che si possa definire innamorato. Io credo, fermamente, che in lui prevalga l’odio. Però, penso anche, che tra di loro siano rimasti degli “irrisolti” pericolosi. – Shogo, la guardò perplesso.
- Spiegati meglio. – Martina bevve un sorso d’acqua, doveva scegliere bene le parole, non voleva che Shogo fraintendesse.
- Quello che è mancato nella loro storia, è stato il finale. Riky è letteralmente scappato da lui, non ci sono stati chiarimenti. Le cose non dette, a volte, non ti permettono di andare avanti. – era ciò che pensava anche Shogo.
- Io sono innamorato di lui, per la prima volta nella mia vita, ho paura di rovinare tutto. Voglio che capisca che faccio sul serio, io lo voglio nella mia vita, Martina. – Martina gli prese la mano.
- Allora buttati, non dargli tregua. Lui ha bisogno di sentire che tu lo vuoi, che ci tieni a lui. Se gli lasci spazio per pensare, per dubitare, darai la possibilità a Efrem di rientrare nella sua vita. – Shogo sorrise, non avrebbe lasciato che quell’imbecille ci riprovasse con Riky.
- Grazie Martina, sei davvero una persona speciale. – si salutarono poco dopo, Martina doveva tornare in ufficio e Shogo aveva un servizio fotografico.
Finito il servizio fotografico, tornò a casa, erano ormai le dieci, quando s’infilò dentro la porta. Era stanchissimo, ma, prima di andare a dormire, mandò un messaggio a Riky.
· Buonanotte, mi manchi. - vide che il messaggio era stato ricevuto. Era a letto da un paio di minuti, quando arrivò la risposta.
· Trovi che io sia troppo magro? - Shogo rise.
· Trovo che tu sei perfetto. - Gli rispose aggiungendo un cuore.
· E cosa ti piace di più, del mio corpo perfetto? - Shogo si mise seduto, la risposta doveva essere precisa.
· Dovrei farti una lista, hai tempo? - faccine che ridevano.
· Ovviamente sì! - gli vennero in mente le parole di Martina.
· Parto dall’alto. I tuoi capelli, lunghi, come piacciono a me, e un po’ ribelli. Le tue labbra, con le quali non puoi capire quante cose potrei fare. Il tuo lungo collo bianco. I tuoi capezzoli mi fanno, letteralmente, partire di testa e ultimo, ma non ultimo, il tuo meraviglioso culo. E a te, cosa piace del mio corpo statuario? - Riky attese un attimo prima di rispondere.
· Tutto, buonanotte. - Uno spasmo lo raggiunse all’inguine.
· A domani. - “Dio, fa che non cambi idea, ti prego.”
Efrem smise di lavorare quando gli occhi gli si chiudevano, le ultime parole di Riky, gli rimbombavano nella testa, come se gliele stesse ripetendo ancora e ancora. Era evidente che stavano insieme, come era evidente che, quella frase, gliel’avesse detta per vendicarsi. Non doveva mollare, non ora che l’aveva ritrovato. Ancora poco, doveva resistere ancora per pochissimo tempo, poi, l’avrebbe avuto tutto per sé, non avrebbe potuto sfuggire alle sue spiegazioni, avrebbe avuto tutto il tempo che gli serviva, per fargli dimenticare quell’idiota. Tolse dalla tasca posteriore dei suoi pantaloni un anello. Lo rigirò tra le mani, più volte, l’iscrizione incisa l’avevano decisa insieme, “I promise to love you”, gliel’avrebbe fatto indossare di nuovo, quell’anello, gliel’avrebbe fatta ripetere, quella promessa.
Il giorno dopo aveva indossato di nuovo la sua maschera, Riky, non avrebbe minimamente sospettato, quanto si sentisse frustrato. Era già al lavoro da almeno un’ora, quando comparve.
- Buongiorno, vieni pure quando ti fa più comodo. – Riky, si sistemò alla scrivania, senza ribattere.
- Il tuo caffè è sulla scrivania, se è troppo freddo te lo rifaccio. – Riky bevve un sorso di caffè.
- No, grazie, va benissimo così. Hai letto la mail che ti ho inviato ieri sera? Penso che, cambiare quell’architrave, sia indispensabile, hai appesantito la struttura, voglio che manteniamo uno standard alto anche in sicurezza, i movimenti tellurici nella zona sono frequenti. – Efrem si mise a controllare i suoi calcoli.
- I tuoi calcoli sono parziali, fino a che non avremo il rapporto del geologo, non puoi sapere se sono esatti. – Riky lo sapeva bene, quei calcoli, dovevano essere arrivati ormai da tempo.
- Ne sono cosciente, li ricontrolleremo tutti, quando avremo quei risultati, hai per caso sentito il committente? – sapeva che Efrem lo conosceva bene.
- Ho un appuntamento telefonico con lui, domani mattina, dovrebbe essere sera da loro.
- Beh, digli che si sbrighino, rischiamo di buttare il nostro tempo. – Efrem si mantenne a distanza da lui tutto il giorno, rimase tranquillo e affabile. Alle sette di sera, Riky, si preparò per uscire.
- Vai già a casa? – troppo tardi, si rese conto, di avere fatto la domanda sbagliata, immaginava già la risposta.
- Esco con il mio ragazzo, stasera. Devo farmi bello. – ma questa volta, Efrem, era pronto.
- Tu sei già bello. Non penso sia possibile, che tu, possa diventare più bello di così. – le sue guance si colorarono di rosso.
- Grazie, lo pensa anche lui. – Efrem fece un mezzo sorriso.
- Vedi di venire presto, domani mattina. – uscì dalla porta senza fiato, era difficile credere che, quell’uomo, fosse lo stesso che gli aveva fatto tanto male, ma lo era e tra poche ore sarebbe stato con Shogo, un uomo che lo adorava come una dea, allora, perché si sentiva così perso?
Cercò, in tutti i modi, di scacciare dai suoi pensieri Efrem, e ci riuscì benissimo, aveva deciso di preparare la cena, non aveva voglia di uscire, questa volta voleva giocare in casa. Alle nove era tutto pronto, aveva preparato una cena giapponese, anche se, il sushi, l’aveva comprato, tutto il resto, lo aveva fatto lui. Pochi secondi dopo le nove, Shogo, suonò il suo campanello.
- Sali. – lo attese appoggiato allo stipite della porta. Quando uscì dall’ascensore, lo accolse con un sorriso smagliante.
- Non sei ancora pronto? – aveva un paio di pantaloncini di jeans strappati e una canottiera.
- Stasera non si esce, ho preparato io la cena, ti spiace? – “per conto mio possiamo già passare al dolce”, Shogo si avvicinò e lo prese per la vita, stringendolo a sé.
- Mi piace essere viziato, voglio il bacio di benvenuto. – lo baciò, facendogli sentire quanto gli era mancato.
- Magari, sarebbe meglio se entrassimo… - gli disse scostandolo.
- Ok. – si girò, facendogli strada, Shogo, notò che i jeans, erano strappati anche dietro, lasciavano intravedere il suo meraviglioso culetto.
- Ti ho preparato una cena giapponese, spero di non sfigurare. Sicuramente sarai abituato a mangiare molto meglio. – Shogo sorrise.
- Non sai quanto ti sbagli, ho iniziato a mangiare giapponese un paio di anni fa, mia madre, non ha mai cucinato per noi. – Riky lo guardò perplesso, pensando a quante volte, in cucina, si era divertito, da piccolo, con sua madre.
- Beh, meglio così. – mangiarono, parlando per un paio d’ore. Il vino era fresco e il clima, quella sera, stava dando una tregua, rivoli di vento entravano dalle finestre.
- Sono pienissimo! E anche un po’ ubriaco, non penso che riuscirei a tornare a casa, in questo stato. – lo sguardo che rivolse a Riky, era pieno di desiderio. Riky si sentì improvvisamente “nudo”, si girò per appoggiare i piatti sul piano della cucina.
- Non vedo per quale motivo dovresti tornartene a casa. – disse Riky, con un filo di voce.
- Se resto qui, ti prenderai cura di me? – “santo cielo, vuoi farmi morire?” pensò Riky. Si girò verso di lui, appoggiandosi al piano della cucina.
- Veramente, pensavo che dovessi essere tu, a prenderti cura di me. – Shogo si alzò dalla sedia, avvicinandosi come un felino. Appoggiò le braccia tese a fianco delle sue braccia. I loro visi erano vicinissimi.
- Come vuoi che lo faccia? Da dove devo iniziare? – gli sfiorò le labbra – forse da qui? – si spostò sul suo collo – certo, le tue labbra mi fanno impazzire, ma il tuo collo non è da meno. – gli diede un piccolo morso, Riky s’inarcò facendo aderire il corpo al suo.
- Portami in camera, ti prego. – Shogo non se lo fece ripetere due volte, lo sollevò di peso e lo depose sul letto. Si tolse la maglietta e i pantaloni.
- Non ti azzardare a spogliarti! A te ci penso io… - Riky, che aveva iniziato a sollevare la canottiera, si bloccò. Shogo salì sul letto, mettendosi a cavalcioni su di lui. Infilò, lentamente, entrambe le mani, sotto la sua canottiera sollevandola sopra la sua testa, senza toglierla. Iniziò ad accarezzargli il torace e a stuzzicargli i capezzoli.
- Posso levarla? – si abbassò su di lui, bloccandogli le mani sopra la testa.
- No, ancora no. – la sua bocca prese il posto delle mani. Gli succhiò i capezzoli, e continuò a leccarli con la punta della lingua, alternando piccoli morsi. Scese dal letto e gli sfilò i pantaloncini.
- Hai intenzione di continuare così ancora per molto? – era percorso da brividi, lungo tutto il corpo. Shogo si riposizionò su di lui, iniziando a strusciare l’uccello sul suo. Lo stava guardando in un modo così sensuale, che Riky stava già sragionando. Si stese su di lui e gli infilò la lingua in bocca, continuando a strusciarsi. Gli tolse la canottiera. Con la lingua percorse il suo torace, spostandosi in basso.
- È ora di scoprire quanto sei eccitato. – gli sfilò i boxer, il suo membro balzò fuori, duro e bagnato.
- Shogo, hai deciso di uccidermi? – per tutta risposta, glielo prese in bocca, facendolo sussultare. “Oddio! È il re dei pompini o cosa?” glielo stava prendendo tutto in bocca, sentiva la sua gola chiudersi sul suo glande. Quando gli infilò un solo dito dentro, non fece in tempo ad avvertirlo, il suo seme invase la sua bocca.
- Io, scusa, non… - Shogo si sollevò sulle ginocchia, pulendosi lascivamente con il pollice, un po’ di liquido che era finito sulla sua faccia.
- Ti sembro dispiaciuto? – senza tanti complimenti, gli sollevò le gambe sopra la testa, portando il suo sedere vicino alla sua bocca.
- Non ti azzardare, ahhhhh – iniziò a prepararlo con la lingua, alternando le sue dita. Mentre lo penetrava con le dita, osservava le sue reazioni.
- Non trattenerti, voglio vederti impazzire… - si accorse che era di nuovo eccitato.
- Ti prego Shogo! – lo aveva dilatato a sufficienza, lo voleva, stava davvero perdendo la ragione.
- Non ho capito, cosa vuoi che faccia? – era certo che sarebbe venuto di nuovo, appena gliel’avesse messo dentro. Riky allargò le braccia e lo guardò in estasi.
- Scopami, ti voglio dentro di me. – Shogo stava per alzarsi, ma Riky lo strinse tra le sue gambe.
- Io… vorrei che non lo usassi, io, non voglio forzarti ma… - “mio, sei solo mio” non gli rispose nemmeno, si spinse dentro di lui. Si fermò, appoggiandosi su di lui per baciarlo.
- Perché senza? – gli rantolò in un orecchio.
- Perché non voglio nessun’altro che te. – iniziò a muoversi dentro di lui lentamente, voleva che quel momento durasse per sempre. Poi, si lasciò trasportare, aumentando il ritmo. Più lo guardava contorcersi e gemere sotto le sue spinte, e più si eccitava.
- Shogoooo sto per venire, di nuovoooo – Shogo non avrebbe resistito ancora a lungo, appena si accorse che stava godendo, uscì da lui, mettendosi al suo fianco, gli venne sul viso.
- Tu non puoi capire, come vorrei avere una tua foto, in queste condizioni. – Riky gli diede una sculacciata.
- Porco. – crollò sul suo ventre, esausto. Fecero la doccia insieme. La mattina dopo, quando Shogo aprì gli occhi, la testa di Riky era ancora appoggiata sul suo torace, non poteva esserci nulla di più bello, della sensazione di beatitudine, che provò in quel momento. Il suono del telefono di Riky, interruppe quell’incanto.
· Non ci sono per nessuno. – rispose Riky, senza aprire gli occhi.
· Sono Efrem, ho appena avuto i risultati del geologo. Abbiamo un grosso problema. – Riky si mise a sedere di scatto, abbandonando le braccia di Shogo.
· Hai tutta la mia attenzione. – Efrem faticò a mantenere la calma, da come gli aveva risposto, poteva immaginare che, al suo fianco, ci fosse Shogo.
· Il terreno, ha scritto il geologo, è una enorme formazione granitica, alterata e fratturata. Dobbiamo andare a fare un sopralluogo. Ho già prenotato il volo per stasera, alle 18, da Linate. – “ora come lo dico a Shogo?”, si passò la mano sul viso.
· Ok, preparo la valigia. – Shogo lo stava osservando, preoccupato.
· Ti passo a prendere alle 16. Vedi di essere pronto. – “come sua maestà ordina!”, chiuse la conversazione e crollò sul letto.
- Che sta succedendo? – un campanello d’allarme si stava accendendo nel suo subconscio. Riky si girò su un fianco, poggiando la testa sulla mano.
- Devo partire per Dominica… insieme a Efrem, ci sono dei problemi con il sottosuolo che richiedono la nostra presenza. – lo sguardo che gli rivolse Shogo, gli fece immediatamente capire che la cosa non gli andava giù.
- Non voglio che tu vada via con lui. – Riky alzò un sopracciglio.
- È lavoro. Io DEVO, andare con lui. – Shogo si alzò, iniziando a vestirsi,
- Hai ragione, e poi chi sono io per chiederti questo? – Riky si alzò in piedi raggiungendolo.
- Hai ragione! Chi sei tu per me, me lo stavo chiedendo anch’io! – Shogo lo baciò.
- Quando avrai una risposta, chiamami. – pieno di rabbia, lasciò la sua casa. Riky si sedette sul letto, ancora una volta, Efrem, era riuscito a rovinargli la vita, ancora una volta.



Copyright © 2019 Dama rossa 

Tutti i diritti riservati

6 commenti:

  1. Ahia! Le cose si mettono male. Ma dico io, ‘sto sveglione di Ricky come fa a nn essere a disagio? Io mi sarei portata il nuovo ragazzo/fidanzato e inoltre di andare via con uno che aveva un ordine restrittivo di avvicinamento nn se ne parla... ma come ragiona? Mi sembra un bambino nn un adulto!!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. pensa al fatto che sono stati insieme opiù di sette anni, hanno convissuto, condiviso lavoro e sogni. si amavano. e sotto la cenere... Riky sta cercando di vincere senza più fuggire, non è da tutti

      Elimina
  2. Riccardo non essere ingenuo non fidarti di quel pazzo di uno stalker e fai venire Shogo con te

    RispondiElimina
  3. Shogo mi sembra un tantino arrabbiato, non penso che andrà con lui. Quello che Shogo non riesce ad accettare è il pericolo in cui si va a mettere, ma se davvero ne vuole uscire è necessario mettere davvero la parola fine.

    RispondiElimina
  4. Ho paura per Riky....non è che gli farà qualcosa portandolo così lontano?...grazie Ele Levriero

    RispondiElimina